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Pianificare una presentazione: come prende le decisioni il tuo pubblico?

Pianificare una presentazione

 Nella pianificazione di una presentazione l’ordine di priorità mette al primo posto il contenuto, le modalità di esposizione, le caratteristiche degli interlocutori, ma proprio tra queste ultime, viene spesso trascurato un importante dettaglio: il tempo necessario al pubblico per prendere una decisione.

Per quanto non sia una regola assoluta, spesso l’esposizione di una presentazione è finalizzata a condizionare il comportamento di chi ascolta, ma il pubblico – soprattutto se eterogeneo – ha bisogno di tempo per decidere quale comportamento adottare, quale novità introdurre, quale strada scegliere tra più opzioni⌚️

Le tecniche di Comunicazione, soprattutto quella ad alto impatto, lavorano sull’efficacia della trasmissione del messaggio contando su un’ottimizzazione delle risorse tempo – risposta dell’interlocutore, ma in un processo di comunicazione meno controllato – perché la Comunicazione ad Alto Impatto può applicarla sono chi ha le competenze per farlo – bisogna tener conto di alcune importanti variabili 🔍

Come prende le decisioni il tuo pubblico?

La durata di un processo decisionale da parte di un interlocutore successiva all’ascolto di una presentazione dipende da 4 fattori:

➡️  Istinto
Non è certo una novità apprendere che certe decisioni vengono prese d’istinto, molto spesso quando una persona opta per questa soluzione unisce due fattori: un numero piuttosto basso di dati oggettivi e le impressioni legate alle sue esperienze pregresse.
Come evitare, all’interno di un meeting ad esempio, che gli interlocutori prendano una decisioni in base al proprio istinto? Per esempio strutturando la presentazione in modo che contenga molti dati empirici, numerici, oggettivi, per far sì che chi ascolta non possa basarsi su supposizioni e fare associazioni con situazioni esterne, ma rifletta piuttosto su dati non opinabili e attendibili.

➡️  Ripetizione
Le modalità di apprendimento presentano delle componenti fortemente soggettive, per questo non tutti hanno bisogno dello stesso tempo. Ci sono infatti persone che hanno bisogno di ascoltare più volte, questo ovviamente non può significare che devi ripetere a pappagallo più volte i concetti di una presentazione. Come gestire allora questa eventualità già nella fase di pianificazione di una presentazione? Il segreto può essere nella varietà dei formati. Scegli di presentare i contenuti in modo diverso, rappresentandoli attraverso schemi, simulazioni, grafici. Insomma uno storytelling diversificato stimola molto l’apprendimento perché sollecita l’attenzione e consente di percorrere lo stesso concetto più di una volta e consentire dunque delle ripetizioni.

➡️  Tempo trascorso
Alcune persone nel processo di comprensione di un contenuto hanno semplicemente bisogno di più tempo di altri. In un contesto di apprendimento adulto, aziendale, non è facilissimo allinearsi con le loro esigenze, ma una strategia sicuramente efficace è quella di far riaffiorare lo stesso concetto – o i concetti fondamentali – all’interno di esempi o situazioni diverse.

➡️  Rivalutazione
Poi ci sono quelli che ascoltano, capiscono bene, decidono in fretta, ma altrettanto in fretta cambiano idea e tornano sulla loro decisione. L’elemento che sicuramente può contribuire al contenimento di questa tendenza può essere quello di presentare gli argomenti senza far trapelare opinioni personali al riguardo e spiegando con molta chiarezza le conseguenze della loro applicazione.

A prescindere dalla struttura che si intende adottare per la presentazione da esporre, sul campo decisionale degli interlocutori è chiaro che a prevalere sarà il libero arbitrio, ma la Comunicazione, come sempre, possiede tutte le caratteristiche per fare la differenza e presentare i contenuti nelle modalità più funzionali agli obiettivi desiderati, d’altro canto è il relatore che conduce, anche quando il pubblico in ascolto è più impegnativo del previsto.


Adesso come al solito vuoi saperne di più 🧐
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E non perderti quello che ho da dirti sulla Comunicazione d’Impatto!
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La collaborazione nell’era tecnologica: una preziosa skill per il cambiamento

Collaborazione nell’era tecnologica

Nel pieno dell’era tecnologica, la collaborazione spesso non riceve l’importanza che merita. 
Le persone sono abituate ad agire in piena autonomia potendo contare sull’ausilio di app e di tutorial per qualunque cosa.
 
L’intelligenza artificiale facilita la vita nelle piccole attività quotidiane, facendoci precipitare nello sconforto più totale se per qualche motivo – e di solito per poco più di qualche minuto – viene a mancare.
Nella vita privata e nelle organizzazione l’abilità richiesta nell’utilizzo di certi strumenti è così fondamentale da poter essere data addirittura per scontata.
L’abitudine di passare da uno strumento all’altro spesso genera una continuità tra le attività private e quelle di lavoro fino a qualche anno fa inimmaginabile, generando una serie infinita di possibilità: 
 
–  seguire un training dal proprio smartphone
– condividere le proprie conoscenze con colleghi e collaboratori da app di sharing aziendali
– misurare i proprio risultati di performance consultando  il proprio smartphone
– monitorare il tempo e l’energie dedicati a ogni singola attività.
 
L’elenco non si esaurisce qui, ma la domanda lecita emerge a gran velocità: dov’è l’apporto personale nelle attività sempre più facilitate dalle possibilità tecnologiche?
 
🔴  Qual è il valore aggiunto delle persone?
 
All’interno di questa abbondanza di fluidità spicca nel mare infinito di competenze la capacità di collaborare.

 

Il valore della collaborazione

 
Si potrebbe scrivere un trattato infinito sul valore della collaborazione, ma quello che mi interessa sottolineare è che il tocco magico dell’intervento umano si traduce nella capacità di generare significato, e quest’ultimo non può che essere il risultato di un passaggio e una condivisione strutturata e continuativa di conoscenze, dove ogni persona può trasferire il valore di quello che sa agli altri e apprendere a sua volta quello che sanno trasmettere. 
 
Il valore della collaborazione all’interno delle organizzazioni è cambiato così tanto nell’era tecnologica al punto da modificare la declinazione dei ruoli e delle responsabilità. Basti pensare al leader che non è più una figura autoritaria il cui valore va ricercato nella posizione gerarchica che occupa, quanto piuttosto nella sua capacità di facilitare il lavoro dei collaboratori trasferendo competenza, esperienza, attraverso soft skill specifiche quali l’empatia, la consapevolezza, la visione creativa.
 
Nella sua opera “La saggezza della follia”, James Surowiecki esalta la collaborazione come possibilità di raggiungere la vera conoscenza:
 
I gruppi possono essere intelligenti solo se esiste un equilibrio tra le informazioni condivise da tutti e quelle in possesso dei suoi singoli membri …”
Adesso vuoi saperne di più, come immaginavo!
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Nel legame tra mente e corpo occhio alla fuga di informazioni

Le informazioni tra mente e corpo

Il legame tra mente e corpo è sancito da un passaggio di informazioni, secondo un processo per cui la mente invia un input e il corpo mette in atto dei comportamenti.
Questo è il motivo per cui conoscere il linguaggio del corpo aiuta nella comprensione delle intenzioni della mente.
A ogni pensiero è legata un’azione che ha un suo luogo nello spazio e delle conseguenze su cose e persone.
 
Saper interpretare i movimenti del corpo, come abbiamo visto nel post sul Significato dei Gesti, ti facilita in 2 diverse tipologie di azione:
 
  1. comprendere il significato reale dei messaggi verbali di chi ti parla.
  2. comunicare in modo più efficace esercitando un maggior controllo sul tuo corpo e orientare la conversazione verso il tuo obiettivo.

La fuga di informazioni

Perché il rischio di una fuga di informazioni?

Perché quando comunichi qualcosa, insieme alle parole, vengono fuori i sentimenti, le emozioni e per quanto ci si possa impegnare nel controllare i propri movimenti, il corpo può ingannarci e lasciar trapelare lo stato emotivo che stiamo vivendo. 
 
La fuga di informazioni, come avrai capito, riguarda i sentimenti negativi, quelli legati al disagio, all’imbarazzo. Nella relazione con gli altri, negli scambi verbali, non si ha alcun motivo per nascondere sentimenti positivi.
 
L’occultamento di solito è rivolto alle emozioni scomode, quelle che possono deviare l’andamento della comunicazione verso direzioni non desiderate. 
Il rischio più alto nella fuga di informazioni è che vengano alla luce nette incongruenze tra ciò che si dice con le parole e ciò che il corpo comunica. 
 
L’emozione che più di tutte ha il potere di generare una fuga di informazioni è l’ansia.
La psicologia fa riferimento a due diverse tipologie di questo stato d’animo:
➡️  ansia caratteriale: fa parte del modo di essere, è un tratto della personalità, non è legata a una specifica situazione, ma tende piuttosto a farsi spazio in molte situazioni.
➡️  ansia situazionale: è legata a cause specifiche, situazioni che non si è in grado di gestire, a stimoli che hanno il potere di spostare lo stato d’animo dall’armonia al disagio.
 
Avere la capacità di cogliere gli elementi in azione in una fuga di informazioni è importante perché offre l’opportunità di supportare l’interlocutore nel recupero di uno stato d’animo positivo, di creare un nuovo momento di empatia all’interno del quale poterlo aiutare ad esprimere i suoi contenuti senza l’ostacolo dell’emotività.
Riconoscerlo su te stesso, invece, ti salva da un bel pasticcio, ti consente di recuperare le situazioni prima che le conseguenze rovinino i tuoi progetti, i tuoi affari.
 
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la simpatia è alla base del successo

La simpatia alla base del successo: si può allenare come soft skill?

La simpatia alla base del successo

La simpatia è alla base del successo? Sicuramente è una caratteristica molto influente nelle scelte che operiamo, il suo peso rafforza, talvolta supera di gran lunga, quello di elementi più razionali.

Il potere della simpatia, al di là delle emozioni che può suscitare di primo impatto, è quello di dare inizio a una serie di pensieri ed emozioni positive, creando un circolo virtuoso molto accattivante.

Da uno studio, condotto prendendo in esame un campione rappresentativo di organizzazioni, è emerso che la scelta di un’azienda da parte di un cliente dipende principalmente da 3 fattori:

➡️  la simpatia delle persone che ci lavorano
➡️  l’esperienza dimostrata nel settore
➡️  l’efficacia della risposta ai bisogni del cliente

Non si tratta di porre le competenze in secondo luogo rispetto agli aspetti relazionali, ma di cercare nell’esperienza di acquisto/ingaggio una combinazione vincente tra persone e servizio.

La simpatia è una soft skill?

La simpatia va dunque considerata al pari di importanti skill?

Urge una definizione ufficiale con etimologia:

[dal lat. sympathia, gr. συμπάϑεια, comp. di σύν «con» e πάϑος «affezione, sentimento»]. – 1. a. Sentimento di inclinazione e attrazione istintiva verso persone, cose e idee
Fonte: Enciclopedia Treccani

Senza ombra di dubbio è la regina della soft skill, dove per simpatia non si intende la capacità di far ridere o divertire, quanto l’abilità di far sentire l’interlocutore a proprio agio, nel posto giusto con le persone giuste.
Pensa ai vantaggi nelle relazioni con i tuoi clienti interni ed esterni!

La simpatia è all’origine del successo nella vita privata e professionale, è quel famoso quid in grado di rendere la prima impressione irripetibile.

Simpatia e successo

La simpatia non è ovviamente l’unica componente del successo, ma ne costituisce di sicuro uno dei pilastri, sembra infatti che sia alla base di una migliore vita affettiva, di legami più solidi e fin qui ci siamo, ma …udite udite: quella famosa indagine a campione dimostra anche che la simpatia ha un peso decisivo su l’assegnazione di incarichi prestigiosi, di promozioni.
Stai per farmi una domanda immagino:
si può sviluppare simpatia o è un talento naturale?
Diciamo che nell’ultimo caso sei sicuramente in vantaggio, ma lavorando sulle soft skill si può fare un lavoro interessante sulle dinamiche comportamentali nella vita privata e professionale.
Di che si tratta?
Ok scrivimi:
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Dai anche un’occhiata qui
segnali-di-apertura-chiusura

Apertura e chiusura: capire chi mente osservando i segnali del corpo

I segnali di apertura e chiusura nei movimenti del corpo

 
Di segnali il nostro corpo ne trasmette moltissimi, attraverso una serie di movimenti veloci e spesso inconsapevoli che l’interlocutore compie di continuo.

Nel tentativo di comprendere nel modo più dettagliato e completo possibile quello che ci viene detto, può essere di grande aiuto capire lo stato d’animo, l’atteggiamento di chi parla, a partire dall’osservazione di due principali tipologie di segnali individuati da James Borg:
➡️  serenità o disagio
➡️  apertura o chiusura
Il legame tra gli elementi citati non ha bisogno di ulteriori spiegazioni: quando una persona è a proprio agio, si sente serena e manifesta segnali di apertura, quando è attanagliata da ansia, paura, agitazione mette in atto segnali di chiusura.
 
Ti chiederai a cosa ti serva sapere cosa prova chi ti sta parlando.
Ti rispondo subito: a evitare problemi e risolvere immediatamente dubbi e resistenze se ce ne sono. Lo stato d’animo di chi comunica non è strettamente legato a un suo momento personale, ma spesso è fortemente connesso con il contenuto della sua comunicazione.
Se è poco convinto, se ha dubbi seri, se sta mentendo, tu lo devi sapere.
 
Perché?
 
Perché molto probabilmente a seguito di quella comunicazione ci sarà una tua azione, le sue parole apriranno una direzione che tu ti sentirai portato a seguire e se quella direzione è il risultato di un dubbio imboccherai tu la strada sbagliata e ne pagherai le conseguenze.
Imparare a distinguere i segnali di chiusura da quelli di apertura ti allerta da rischi di questo tipo e può salvarti da conseguenze di grave portata. 
 

Comprendere lo stato d’animo non significa che la tua vita diventa una missione d’aiuto verso i momenti bui del tuo interlocutore, ma che puoi intervenire in una conversazione con delle domande molto mirate e strutturate in una modalità costruttiva per scandagliare il contenuto e capire dov’è l’ostacolo.

Segnali di apertura e chiusura

Capire chi mente in questo caso è più facile che in altri perché il grande vantaggio dei segnali di apertura e chiusura è che sono facilmente interpretabili, basta saper dedicare la giusta attenzione e concentrazione all’osservazione dei comportamenti.

Zoom:

🔴  La caratteristica principale dei segnali di apertura è che indicano nell’atto comunicativo la totale assenza di ostacoli di carattere sia fisico che psicologico. Il corpo si esprime esponendosi al mondo, senza ritrosie né paure. Solitamente le gambe sono sciolte, le mani aperte, c’è un buon contatto oculare e nulla trasmette tensione nervosa.

🔴  Diversamente accade quando la persona che sta comunicando sta vivendo uno stato d’animo negativo, legato all’ansia, la paura, l’agitazione ed esprime segnali di chiusura. La chiusura si esprime avvicinando molto gli arti al corpo, contraendo la muscolatura e mantenendo un basso o scarso contatto oculare.

Ora facciamo un esercizio.
Prima di osservare questi segnali negli altri e iniziare la caccia ai mentitori che ne diresti di analizzare il tuo modo di comunicare attraverso i segnali del corpo?
Come comunichi quando ti senti in un certo modo?

Inizia da qui.
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il-significato-dei-gesti-nella-comunicazione-non-verbale

I gesti e il loro significato: decifrare la comunicazione non verbale

Un punto di partenza fondamentale per poter decifrare la Comunicazione Non Verbale è saper interpretare il significato che si nasconde dietro ai gesti.

Decifrare la Comunicazione Non Verbale

C’è un mondo ancora grandemente inesplorato di gesti e atteggiamenti nonostante da tempo immemore si conosca l’esistenza della Comunicazione Non Verbale. Non si tratta di riconoscere chi mente o meno, per quanto possa essere davvero di grande aiuto, ma piuttosto di capire cosa ci viene realmente comunicato, oppure addirittura cosa succede al nostro interlocutore interiormente mentre ci sta comunicando qualcosa.
Si sente bene nel dirti qualcosa?
Si sente in imbarazzo? E perché?
Forse quello che ci sta dicendo avrà delle conseguenze che lui conosce e tu no? Saperlo prima aiuta?
Saperlo prima molte volte ti salva dal pericolo di situazioni deleterie per te o per il tuo business.
Proprio così.
I gesti e il loro significato
Come decifrare dunque il significato di ogni singolo movimento?
Intanto sapendo che qualcuno ha pensato di facilitare per te le cose suddividendo i gesti in 5 categorie.

Ecco loro hanno individuato 5 caratteristiche in base alla funzione dei gesti:

➡️  illustratori: sono gesti di natura per lo più subconscia che hanno il compito di accompagnare un discorso per rafforzare e confermare i contenuti. Se stai parlando di un albero che è cresciuto, sai cosa fai di solito? Tendi il braccio verso l’alto.

➡️  simbolici: hanno un significato specifico e condiviso all’interno di una cultura. Questa tipologia di gesti sostituisce la parola. Se devi dire ok alzi il pollice e non dici altro.

➡️  indicatori dello stato emotivo: qui si radunano tutte le espressioni facciali, gli atteggiamenti posturali capaci di tradire le tue emozioni. Sono inconsapevoli.

➡️  di adattamento: anche in questo caso siamo nella sfera emotiva dove questa tipologia di gesti indica lo stato d’animo, il disagio di una persona che mente, l’imbarazzo nell’affrontare certi argomenti. Hai presente quando un interlocutore si mordicchia le labbra, toglie e mette gli occhiali?

➡️  regolatori: risiedono qui tutti quei gesti che servono per regolare un dialogo. Tra questi sicuramente c’è il gesto di annuire o il contatto oculare.

🔴 Saper decifrare il significato dei gesti rappresenta un vantaggio molto importante che è bene non sottovalutare se si vuole essere certi di essere all’interno di una Comunicazione Costruttiva per tutti gli interlocutori coinvolti.


Non aspettare di scoprire le sorprese quando è troppo tardi, datti da fare e impara a riconoscere gli obiettivi del tuo interlocutore per comunicare efficacemente i tuoi.

Non sai come fare vero?

Partiamo da qui, scrivimi ⬇️

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Cinesica e Linguaggio del Corpo: il gesto nella Comunicazione Non Verbale.

Linguaggio del Corpo e Comunicazione Non Verbale

La cinesica, lo studio del gesto, riveste un ruolo fondamentale nel campo del Linguaggio del Corpo, che a sua volta costituisce uno dei pilastri della Comunicazione Non Verbale.

Tutto quel mondo che non è fatto di parole governa, molto più delle stesse parole, il mondo della Comunicazione.
In questo regno ricco e variegato il gesto rappresenta l’elemento più significativo e determinante.

Per quanto da anni, decenni, e molto di più, si parli del potere della Comunicazione Non Verbale, ad oggi, alcune sue implicazioni sono ancora sottovalutate.


Il mondo della gestualità abbraccia una moltitudine di movimenti e segnali che il più delle volte esprimono significati inequivocabili … ma solo per chi sa riconoscerli .

🔴  Conoscere i meccanismi che regolano il linguaggio del corpo significa riuscire a interpretare la maggior parte dei segnali che un interlocutore è in grado di inviarci anche quando non pronuncia nemmeno una parola.Per non parlare poi di tutte quelle volte in cui le parole non corrispondono alle reali intenzioni, ai veri pensieri, di chi le pronuncia, deludendo inevitabilmente chi dall’altra parte quelle parole le ha ascoltate magari riponendo fiducia in ciò che esprimevano e nella persona.

Il grande vantaggio offerto dalla conoscenza del Linguaggio del Corpo è che quest’ultimo, nella maggior parte delle circostanze, agisce in modo spontaneo e inconsapevole, pertanto difficilmente può nascondere qualcosa di artefatto e ingannevole, ma al contrario diventa un termine di paragone attendibile rispetto a quanto viene detto.

Non sempre però il gesto accompagna la parola, c’è una gamma vastissima di informazioni ricavabili dalla sola osservazione di una persona prima che apra bocca.

Il ruolo del gesto nella Comunicazione Non Verbale: quando nasce la Cinesica

L’ampio ventaglio di movimenti che rientrano nella definizione di “gesto” è oggetto di studi e osservazioni da secoli, ma bisogna aspettare la metà del ‘900 per parlare di “cinesica” – ovvero la Comunicazione che avviene attraverso la mimica e la gestualità – dalla definizione dell’antropologo americano Ray Birdwhistell.

L’origine etimologica va individuata nella parola greca kinesis, il cui significato è, per l’appunto, movimento.

Agli studi di Birdwhistell si aggiunse il contributo di altri studiosi, come lo zoologo Desmond Morris, secondo il quale “il gesto è qualunque azione capace di inviare un segnale visivo a un osservatore […] e di comunicargli una qualsiasi informazione”.

Nel 1970 il modello della cinesica fu perfezionato da Paul Ekman e Wallace Friesen, della University of California, i quali hanno individuato specifici campi di applicazione della cinesica.

Eh no, non adesso.


Ora soffermati su quanto trattato in questo post.
Ripercorri le tue modalità comunicative, sempre perfezionabili in funzione degli obiettivi che desideri raggiungere. 
Ricorda: un errore banale si trasforma facilmente in obiettivo mancato.

Lavora sui tuoi punti di forza affinché la Comunicazione ti conduca dove speri.
Come si fa?Scrivimi!
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Comunicazione efficace: quali comportamenti evitare per raggiungere il tuo obiettivo

La Comunicazione Efficace è il risultato di una serie di comportamenti – anche di quelli da evitare – volti al raggiungimento di un obiettivo.

Approfondimenti in tema di Comunicazione Efficace ne abbiamo condivisi diversi, ma quanto sei consapevole dei comportamenti da evitare?
Se lo spazio in cui ti muovi è vasto diventa alta anche la possibilità di commettere errori: i rischi sono numerosi, le dinamiche più complesse, i soggetti coinvolti gestiscono dinamiche relazionali il cui grado di difficoltà può variare da molto semplice a molto complesso. Per facilitarti il compito e darti i giusti strumenti per raggiungere i tuoi obiettivi attraverso un corretto processo comunicativo è bene che ti indichi alcuni comportamenti da evitare per salvare la tua comunicazione del fallimento.

 

Fai tesoro di queste regole perché valgono sia in ambito privato – con i tuoi figli, con il partner – che nel mondo professionale.
No ai seguenti comportamenti:

➡️  Imposizioni. L’imperativo “devi” molto spesso allontana il tuo interlocutore dagli obiettivi che ti sei prefisso, ponendo lui nella condizione di subire un’imposizione e te stesso in una posizione scomoda di abuso del tuo potere, o del tuo ruolo.

➡️  Ammonimenti e minacce. Non funzionano quasi mai in contesti democratici! La libertà di azione e di reazione dell’interlocutore è fondamentale per l’efficacia dello scambio comunicativo. Anche questo genere di atteggiamento – come pure il primo – incentiva sentimenti di disagio e sottomissione.

➡️  Prediche e morali. Anche qui il rapporto tra mittente e destinatario si interrompe generando un senso di colpa e di impotenza che conduce l’interlocutore ad azioni che si sente costretto a compiere, agendo senza piena libertà né consapevolezza, spinto piuttosto da emozioni di disagio e frustrazione. Può funzionare una comunicazione così? Lascio a te la risposta.

➡️  Consigli e soluzioni a tutti i costi. Anche nella tua cerchia c’è il dispensatore assoluto di buoni consigli e soluzioni? Quello che deve sempre dirti come comportarti? Ecco, non essere come lui, allontanati il più possibile dal suo modello. Avere sempre la soluzione da propinare può sembrare utile, e forse in alcuni casi concretamente lo è, ma il problema è che pone l’interlocutore in una condizione di inadeguatezza e di limitazione alla propria libertà. Se un amico espone una questione o solleva un problema ad alta voce e non ti ha chiesto una soluzione, molto probabilmente ha solo voglia di parlare. Se cerca un conforto e trova una persona che sfoggia la sua abilità, non si sentirà affatto stimolato e anche il tuo obiettivo comunicativo, carico sicuramente delle migliori intenzioni, fallirà.

➡️  Persuadere in ogni caso. Le regole della comunicazione persuasiva esistono e funzionano, ma non è che tutti possono improvvisarsi esperti. Ci vuole la giusta preparazione che può essere solo il frutto di adeguati studi e percorsi di formazione. Quindi, a meno che tu non sia il massimo esperto riconosciuto in materia, non cercare a tutti i costi di portare dalla tua parte l’interlocutore.

➡️  Giudicare: è forse l’atteggiamento dalle conseguenze più pericolose. Può essere mortificante, demotivante, distruttivo e sicuramente mai efficace rispetto ai tuoi obiettivi di comunicazione.

Potrebbe non essere tutto, questo lo saprai a breve, ma sicuramente è sufficiente per fare una valutazione delle tua modalità comunicative in famiglia, nella vita sociale e professionale.

Inizia a lavorare sui tuoi comportamenti analizzando il loro legame con le loro dirette conseguenze.

Vuoi fare un lavoro serio, strutturato, personalizzato?

Sai già cosa devi fare!
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I 4 livelli della Comunicazione Interpersonale

Quando parliamo di livelli di comunicazione interpersonale ci riferiamo in particolare alla modalità comunicativa che scegliamo di adottare in contesti e circostanze differenti in vista degli obiettivi che si desidera raggiungere.

Quello che caratterizza ogni scambio comunicativo è che si tratta di Comunicazione Interpersonale, ovvero della trasmissione di un messaggio da un mittente a uno o più interlocutori.

Nel post della scorsa settimana abbiamo analizzato la costruzione di un Piano di Comunicazione, ma prima di addentrarci negli abissi più complessi, sai che alla base di tutto si parte sempre dalla Comunicazione Interpersonale.

 

Hai presente tutte quelle volte in cui qualcuno ti dice. “ma come ti è venuto in mente di dire quella cosa’”, oppure “hai perso l’occasione per dire questa cosa, era il momento giusto!”


Insomma il legame tra i contesti e ciò che si dice è fondamentale per l’obiettivo perché, mai come nel caso della Comunicazione il rischio del fuori luogo è pericoloso … ma molto diffuso ahimè. Il solo modo per riuscire a cavartela in ogni situazione è quello di conoscere i livelli della Comunicazione Interpersonale.
Quindi, onde evitare di diventare un collezionista di gaffe, di sembrare avulso dai contesti e dalle circostanze, o peggio trovarti nel delirio di un equivoco, è importante capire che la Comunicazione, parlo proprio di quella più ordinaria e spontanea, è articolata su più livelli, conoscerli è importante per dare il giusto contesto ai messaggi trasmessi e la giusta credibilità a chi si esprime.
➡️  Il primo livello che andremo a considerare è quello astratto teorico. Ti do il quadro a livello immaginativo: entra bendato in una stanza, ascolta ciò stanno dicendo, chiedi di uscire entro pochi minuti perché non hai la più pallida idea di cosa stanno dicendo. Questo è il livello astratto teorico, proprio degli ambienti specialistici, ricco di tecnicismi e comprensibile solo da chi ci sta già dentro, o ha, almeno, una conoscenza basilare sull’argomento. Diversamente da queste premesse questa modalità comunicativa non è umanamente fruibile.

➡️  Dall’astratto teorico passiamo alla situazione astratta, facendo un volo pindarico non banale. In questo caso ci troviamo infatti nella situazione più generica possibile, in cui il livello di comunicazione rende ogni individuo un possibile interlocutore su quello che sarà uno scambio su argomenti molto generali e di conoscenza comune. Hai presente quando sei in viaggio e non vedi l’ora di partire per tuffarti in un pisolino o immergerti nel tuo libro? Bello, vero? Poni fine all’idillio però perchè il tuo vicino di posto ha tanta voglia di parlare e di chiederti un’opinione su qualunque cosa. Dove stai andando, se hai notato che ormai si parte sempre più in ritardo, che il meteo è inaffidabile e i politici tutti uguali. Ecco, queste sono le coordinate spazio temporali della situazione astratta dove il messaggio trasmesso spesso è generico, non direttamente collegato all’esperienza in termini di accadimenti, ma molto legato al contesto in termini occasioni per generalizzare e per parlare per frasi fatte o luoghi comuni. Si tratta di una comunicazione per nulla specialistica, molto utilizzata nelle circostanze in cui sussiste una situazione di vicinanza ma allo stesso tempo di estraneità tra gli interlocutori.

➡️  Terzo livello: situazione concreta. Torniamo al tuo fantastico viaggio in treno e al vicino di posto che vuole parlare del meteo. Se ti collochi sul terzo livello la tua risposta sarà “proprio ieri leggevo un articolo in cui un giornalista dispensava consigli su come convivere con i repentini cambiamenti climatici.” La caratteristica di questo livello è una maggiore vicinanza all’esperienza e alla realtà portando all’attenzione dell’interlocutore riflessioni o elementi concreti per alimentare la conversazione intrapresa.

➡️  Chiudiamo in bellezza con il quarto livello: l’esperienza. Questo è il livello di maggior coinvolgimento  – emotivo, razionale, affettivo –  tra mittente e destinatari. Si verifica quando un interlocutore intraprende una conversazione che richiama l’attenzione dell’interlocutore chiamando in causa la sua stessa esperienza. In questa fase, essendo strettamente legata al vissuto, emergono elementi che consentono una facile immedesimazione da parte di chi ascolta, che è dunque portato ad empatizzare e participare grazie al suo elevato grado di coinvolgimento.

Analizza il modo in cui usi i tuoi livelli di Comunicazione e il grado di efficacia che pensi di raggiungere e vediamo cosa  necessario modificare.


Se hai voglia di saperne di più o migliorare qualcosa agisci subito!
Scrivimi a info@matteomaserati.it 
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Le 5 domande strategiche di un piano di Comunicazione efficace.

Per progettare un piano di comunicazione efficace, dal punto di vista della strategia e dei risultati, è importante porsi 5 fondamentali domande.

Mi dirai: se basta questo allora tutti possono farlo.
Tutti possono sicuramente, il problema spesso risiede nel fatto che non sanno di doverlo fare o non hanno idea di dove acquisire gli strumenti per saperlo fare 🧐

Un piano di comunicazione è come un pacco che arriva, c’è un mittente, uno o più destinatari, un contenuto.
Ma chi sceglie cosa c’è dentro?

Il mittente sicuramente.

Ma come sceglie il momento giusto, il contesto coerente, e soprattutto il contenuto?
Come capisce cosa inserire in un contenitore che arriva a persone diverse per mille infiniti motivi?
Adesso invece dirai: questa cosa è impossibile da fare.
E anche qui ti sbagli.Andiamo nel concreto, entriamo nel tuo mondo, o in un mondo che puoi facilmente immaginare, e simuliamo una situazione plausibile.Hai qualcosa da dire ai tuoi dipendenti. Non parliamo di un piccolo team, ma di una fetta più corposa, facciamo che si tratta dei tuoi dipendenti, tutti diversi, con ruoli diversi, che lavorano da luoghi diversi.Sai cosa devi dire, sai quanto conta per te e le conseguenze che potrebbe avere sui tuoi affari, ma non sai come costruire un piano di comunicazione all’interno del quale collocare ciò che devi dire.Il punto di partenza è sicuramente l’indagine: una ricerca basica ma strategica su cinque elementi che devono poterti orientare nella stesura del piano.

➡️  a chi comunicare?
➡️  quando farlo?
➡️  cosa comunicare?
➡️  quale strumento usare per farlo?
➡️  da dove farlo? Ovvero: che posizione occupa chi ha la responsabilità di agire una comunicazione?

Prova a sfuggire a una sola di queste domande e il tuo piano di comunicazione traballerà

🔴 Se non riesci a immaginare chi ti ascolta non sei in grado di definire il momento migliore per parlargli, con che strumento arrivare alla sua attenzione, a chi assegnare il compito, di solito delicato, di trasmettere il messaggio.

Il destinatario è il punto di partenza, quello che in ogni comunicazione promozionale viene definito target, ma la sola individuazione di questo dato non basta.


Scegliere il momento giusto è il secondo passaggio. Non tutte le persone coinvolte si trovano nella stessa fase della vita, nello stesso mood personale o professionale, nella stessa predisposizione emotiva. Avvisarli in anticipo dell’arrivo di una comunicazione è importante.

Come capire come attraversare tutti? Basandosi sul tempo che i destinatari condividono! Il loro solo punto di contatto è quello. Devi conoscere il momento dell’azienda, in termini di storia, di rapporto con la concorrenza, di posizione sul mercato.
Quale mezzo usare?
Semplicemente quello più efficace.
Quello su cui hai testato che i tuoi interlocutori, come gruppo, sono più ricettivi. Ce ne sono molti: un comunicato stampa, un briefing, un seminario, una mail, una diretta.

A chi l’arduo compito? A chi per posizione, obiettivi, ruolo, valori, è più vicino ai destinatari e più in grado di esaurire il significato del contenuto.
Il team leader, l’amministratore delegato, l’HR manager.

Il contenuto. Content is the king, vale sempre. Chiaro, immediato, dettagliato, argomentato.
Puoi decidere tu se riuscire o fallire.
E … la prossima volta su questo ti dirò di più.
Vuoi saperlo ora?
 
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