I sei step di un ascolto efficace!

Ti è ormai chiaro quanto l’ascolto sia un elemento chiave per una comunicazione efficace.
Spesso la capacità di ascoltare in modo empatico è resa possibile o facilitata da tutta una serie di accorgimenti “preparatori”, dei veri e propri step di un ascolto efficace.
L’ascolto è uno dei fattori chiave di una Comunicazione efficace, per questo è importante conoscerne le caratteristiche e soprattutto gli effetti della sua applicazione.   
 
L’ascolto empatico presuppone che si crei un momento di forte sintonia tra chi parla e chi riceve, è quindi importante che l’ascoltatore sia anche in grado di comunicare che è pronto ad accogliere dimostrando all’interlocutore la propria disponibilità nel dedicare tempo e attenzione a ciò che ha da dirgli.
 

Gli step di un ascolto efficace

Può essere utile tenere a mente i seguenti fondamentali step per un ascolto efficace, metti queste tips nella tua cassetta degli attrezzi!
 
  • Poniti di fronte al tuo interlocutore per poterlo guardare negli occhi. Si ascolta con le orecchie, è vero, ma sappiamo quanto il non verbale possa contribuire a creare empatia e a comunicare vicinanza;
  • Ritagliati del tempo dedicato al tuo interlocutore: se una persona ti sta parlando di qualcosa apprezzerà molto il fatto che tu ti sia ritagliato del tempo per poter dedicare all’ascolto la massima attenzione;
  • Evita di rispondere prematuramente a quel che dice, prenditi tutto il tempo per assimilare i dettagli che ti trasmette, le sfumature della sua voce, l’enfasi che pone su alcuni contenuti piuttosto che altri;
  • Non omettere né aggiungere elementi nel riformulare ciò che hai ascoltato: attenersi sempre alla versione dell’emittente (per usare termini tecnici). 
  • Assumi una posizione confortevole in modo da non doverti spostare e distrarre il tuo interlocutore;
  • Elimina o fai in modo di gestire i rumori: questi possono essere esterni, quindi legati al contesto o all’ambienti, oppure interni, quando ad esempio abbiamo troppi pensieri.
Questi strumenti se applicati con cura e attenzione possono davvero fare la differenza tra un ascolto approssimativo e un ascolto davvero efficace.
Se invece vuoi essere tu a fare la differenza … lavora su tutti gli aspetti della tua Comunicazione per far sì che ti porti direttamente al raggiungimento dei tuoi obiettivi.
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I livelli di ascolto: l’escalation di una Comunicazione efficace

Analizzare la differenza tra “sentire” e “ascoltare” ci ha aperto le porte verso questo universo complesso che è l’ascolto.
Abbiamo visto come il vero elemento differenziante sia, non solo l‘intenzionalità dell’azione di ascoltare, ma soprattutto l’assunzione di responsabilità nel porsi in una condizione di ascolto.
Una volta appurata questa differenza c’è da porsi un’altra importante domanda: come si differenzia al suo interno l’ascolto?
Ci sono diversi modi di ascoltare?
Ebbene, ovviamente, sì.
Anche l’ascolto conosce una sua differenziazione interna che si esprime nei diversi livelli di ascolto.

I livelli di ascolto

L’attenzione dedicata all’interlocutore, la responsabilità che ci assumiamo nell’ascoltare, possono variare da situazione a situazione, da persona a persona e anche da stato d’animo a stato d’animo.
Insomma non tutti ascoltiamo nella stessa maniera e soprattutto una persona non ascolta sempre nello modo.
Per questo è stata operata una distinzione tra tre diversi livelli di ascolto.

Primo livello: ascolto passivo.

Immagina di ascoltare un podcast, una presentazione, una lezione che ti interessa.
Puoi ascoltare, ma non intervenire.
Il tuo livello di attenzione e concentrazione può essere sicuramente alto, ma non c’è un’interazione con gli interlocutori.
Questa modalità è definita passiva e non va confusa con il sentire, quest’ultimo infatti, come abbiamo visto si riferisce agli aspetti organici dell’azione agita dall’udito.
L’ascolto passivo può avere un alto livello di attenzione, ma è definito passivo perché non c’è interazione, ma solo la registrazione delle informazioni ricevute.

Secondo livello: ascolto attivo.

Qui siamo a un passaggio evolutivo successivo.
L’ascoltatore, infatti, dopo aver recepito le informazioni è anche in grado di rielaborarleriformularle per dare evidenza del livello di attenzione e partecipazione.
In questa fase dunque, oltre all’assimilazione dei contenuti, entra in gioco anche la capacità di interpretare e rielaborare.
In questo livello dunque, il destinatario assume la posizione di emittente e restituisce, senza aggiungere o togliere, quello che ha ricevuto e rimanda all’altro la comunicazione ricevuta.

Terzo livello: ascolto empatico.

Qui il salto di livello è dato pienamente dal significato della parola empatia e dalla sua applicazione.
Infatti l’ascolto empatico si verifica quando il destinatario entra così tanto in sintonia con il mittente da condividerne lo stato d’animo.
Questa condizione si manifesta non solo nella restituzione verbale del messaggio ricevuto, magari attraverso una risposta, ma anche nel linguaggio non verbale attraverso gesti e prossemica.
Le distanze si accorciano e gli atteggiamenti sono di maggiore apertura.
Questi tre livelli di ascolto rappresentano tre parametri di riferimento per lo studio dell’ascolto come processo complesso, non sono sempre così nettamente distinte le situazioni e le condizioni di ascolto.
L’ascolto è uno degli elementi più importanti di una Comunicazione efficace, per questo è importante conoscerne il funzionamento.
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Sentire e ascoltare: il confine è nella responsabilità

Sarà capitato molte volte anche a te, come tutti, di parlare e avere la sensazione che il tuo interlocutore non sia pienamente in ascolto.
Hai presente quelle situazioni in cui la persona è a un metro da te, annuisce, ogni tanto ti guarda, ma tu senti che non è sul pezzo?
Questa è la tipica situazione in cui, con ogni probabilità, la persona in ascolto avrà captato qualche frase, parola, il tono della voce, ma non avrà colto in modo completo il senso della comunicazione che ha ricevuto.
Perché?
Perché c’è differenza tra sentire e ascoltare.

Sentire e ascoltare

 

Andiamo per ordine e, come sempre, partiamo dal significato delle parole.
Sentire” è un verbo che descrive la capacità percettiva attivata tramite l’udito.
Si tratta quindi di un’azione che appartiene alla dimensione “organica”, tant’è che anche gli animali possono sentire, e molto più di noi, attraverso il loro udito.
Il sentire è un’azione spontanea e non richiede particolare impegno.
Ben altra cosa è “ascoltare“, nell’azione stessa infatti è inclusa una parte di volontà all’attenzione, l’impegno preciso di porsi in una condizione di piena ricezione del messaggio in entrata.
Per collegarci al discorso di prima, potremmo dire che, mentre il sentire attiene alla dimensione organica, l’ascoltare integra all’azione in corso le funzioni mentali ed emotive.
Ascoltare infatti richiede non solo uno sforzo, che preferisco definire impegno, d’attenzione, ma anche la capacità di mettersi in una condizione di accoglienza nei confronti di chi ci parla, in modo da stimolare e contraccambiare la comunicazione.   
Un esempio per spiegare bene la differenza tra i due verbi è quando magari siamo in casa, o al lavoro, e sentiamo le voci di sottofondo dei famigliari o dei colleghi.
Se il nostro “sentire” capta qualcosa di interessante, allora vogliamo approfondire e ci poniamo in una condizione di vero ascolto con dedizione e responsabilità.
La responsabilità, non a caso, è l’elemento differenziante, il fattore che solca la linea di demarcazione tra sentire e ascoltare perché sancisce la volontà del destinatario di “esserci” pienamente.
L’ascolto è uno dei fattori chiave di una Comunicazione efficace, per questo è importante conoscerne le caratteristiche e soprattutto gli effetti della sua applicazione.                                                       
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Interazioni simmetriche e complementari: il quinto assioma

Il mondo della Comunicazione è molto articolato e può essere anche complesso se non si impara a semplificare.
Quando si legge un’espressione come “interazioni simmetriche e complementari” ci si può anche spaventare, me ne rendo conto.
Il vantaggio della Comunicazione, però, è che, per sua natura, ti offre sempre la possibilità di semplificare.
E allora facciamolo!

Il quinto assioma della Comunicazione

Svelato l’arcano: quando parliamo di interazioni simmetriche e complementari parliamo del quinto assioma della Comunicazione.
Partiamo dagli esempi.
Immagina un confronto tra adulti, una di quelle discussioni in cui ognuno presenta le proprie argomentazioni.
Potrebbe trattarsi di una coppia che si confronta, di due colleghi che si scambiano opinioni su un progetto, di due amici che cercano di avere un chiarimento. In ognuno di questi casi ogni persona coinvolta presenta le proprie motivazione, nel modo più assertivo possibile, se sa come farlo.
Immagina ora un confronto tra genitore e figlio: quest’ultimo magari viene rimproverato per un comportamento sbagliato che ha avuto. Il genitore cerca di spiegare l’errore e soprattutto di fargli capire che gli errori si pagano, o che prima di uscire bisogna studiare, o che non si ruba la merenda del compagno di banco.
Questi due esempi contengono una differenza importante.
Nel primo caso la relazione tra i soggetti coinvolti è paritaria, nel secondo è subordinata.
Cosa rende le relazioni paritarie o subordinate? Il rapporto tra i due: c’è differenza tra un rapporto tra colleghi e un rapporto tra datore di lavoro e collaboratore, così come c’è differenza tra un rapporto tra sorelle e un rapporto tra genitore e figli.
Quindi per tornare alle nostre definizioni, possiamo dire che: le interazioni simmetriche sono tutte quelle comunicazioni connotate tra uguaglianza tra interlocutori.
Rientrano nella definizione di interazioni complementari quelle comunicazioni in cui c’è un rapporto di differenza tra gli interlocutori, dove differenza non sta necessariamente per superiorità. Un esempio di quest’ultima affermazione può essere il rapporto medico paziente: non c’è un rapporto gerarchico tra i due, ma la differenza di condizione fa sì che sia il paziente a dover fare quel che dice il medico.
Quindi, per concludere, il quinto assioma della Comunicazione dice che:
tutti gli scambi comunicativi si contraddistinguono in termini simmetrici, se connotati da uguaglianza e, in termini complementari, se connotati da differenza.
Ovviamente queste dinamiche comunicative si presentano in modo sempre differente e a diversi livelli di complessità
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Comunicazione verbale e non verbale: parole e significati a confronto

Torniamo a parlare di Comunicazione verbale e non verbale per introdurre il quarto assioma della Comunicazione.

In verità, questa volta, quello su cui ci soffermeremo è la differenza tra il modo di concepire parole e significati rispettivamente nella comunicazione numerica, verbale, e la comunicazione analogica, non verbale.

Comunicazione verbale e non verbale

Per spiegare il quarto assioma della comunicazione si ricorre spesso all’esempio della lingua cinese, ovvero al confronto tra il nostro sistema linguistico occidentale e il loro.

Quando si studia il cinese, infatti, si entra in un sistema linguistico del tutto diverso dal nostro. Siamo abituati, nello studio delle lingue occidentali, che ogni parola corrisponde a un significato e non che una parola possa addirittura “disegnare” il suo significato.

 

Il nostro sistema linguistico di riferimento è numerico, ovvero verbale. Ok, mi dirai, ma che significa?

Significa che alle scuole elementari ti insegnano che quando vedi una parola scritta così FIORE devi pensare a quel vegetale che cresce nella terra e fa petali bellissimi e devi memorizzare questa informazione per il resto della tua vita.

Hai imparato quindi che alla sequenza di lettere alfabetiche che compongono la parola FIORE va collegata una specifica immagine. Nella lingua cinese funziona invece che il modo in cui è scritta una parola somiglia in qualche modo al suo significato, per questo si dice analogica: tra il significato e il significante (l’immagine del fiore) c’è un’analogia, ovvero una somiglianza grafica.

 

Quarto assioma della Comunicazione

 

Veniamo al quarto assioma e partiamo dalla sua definizione: gli essere umani comunicano sempre sia con il modulo numerico (verbale), sia con il modulo analogico (non verbale).

Il cuore di questo assioma non è nella definizione delle differenze, quanto piuttosto nell’importanza di saper integrare e fondere l’universo numerico con quello analogico per raggiungere il massimo dell’efficacia comunicativa.

L’utilità di questa considerazione sta nel fatto che  quando si deve trasmettere un messaggio è fondamentale scegliere “come” farlo. Avere due parametri di riferimento è fondamentale per scegliere quello più adatto al di contesto in cui la comunicazione può aver luogo, o al tipo di obiettivo che con quel messaggio si vuole raggiungere.

 

Per semplificare, questo significa che le parole a volte sono fondamentali, altre volte devono affidarsi maggiormente al non verbale, a quell’analogia tra il modo in cui le cose si esprimono e il significato che hanno.

I cinesi con l’immagine dell’abbraccio semplificano molte emozioni, perché alla fine quello che conta è che ti sto comunicando che la questione si chiude con un abbraccio. Se magari ti dicessi “ora ti darei un abbraccio” non otterrei probabilmente lo stesso risultato.

Al contrario va detto che il linguaggio numerico consente di fare astrazioni più complesse per la spiegazione di concetti e situazioni.

La soluzione è nel dosare i due universi, capire quando l’uno e quando l’altro.

 

Come puoi capirlo?

Credo di poterti aiutare!
Sai cosa devi fare vero?

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Da che prospettiva veicoli il messaggio? Occhio alle sequenze comunicative!

Torniamo a parlare di flussi comunicativi, in particolare di quell’insieme di informazioni che chiamiamo messaggio!
Il messaggio è il cuore della comunicazione, ovvero l’elemento intono al quale tutto si muove, che tutto condiziona, ma che, allo stesso tempo subisce l’influenza di altri elementi.
Per fare ordine in questo processo, chiamiamo ancora in causa la scuola di Palo Alto, che ha elaborato per noi i famosi cinque assiomi della Comunicazione e che stiamo via via esplorando.

Il terzo assioma della Comunicazione

 
Il terzo assioma prende in esame le diverse prospettive di un messaggio comunicativo.
Quando avviene una scambio comunicativo tra due e o più persone, ognuno trasmette il proprio messaggio attraverso delle sequenze comunicative.
Queste sequenze comunicative non sono altro che il modo in cui chi comunica vede e costruisce la realtà.
Andiamo sull’esempio!
Quante volte ti sarà capitato di non riuscire a trovare un punto di vista comune con il tuo interlocutore, per poi accorgerti, con calma, successivamente, che stavate analizzando le cose da punti di vista diversi, portando entrambi una versione soggettiva e personale della realtà nel proprio messaggio comunicativo
 
Ognuno di noi, a seconda del modo in cui comunica, attribuisce uno specifico significato alla comunicazione e alla relazione.
Tutti i messaggi contenuti in un atto comunicativo contengono diverse versioni della realtà, che si costruiscono e si modificano negli istanti stessi in cui vengono trasmessi. 
 
Questo assioma spiega molte delle motivazione per cui spesso, in un confronto, diversi interlocutori sono convinti di essere portatori dell’unica verità possibile. 
Le sequenze comunicative esprimono la prospettiva di chi parla nel tentativo di orientare gli interlocutori verso la propria direzione.
Questo la dice lunga su quanto si possa lavorare su questo aspetto in qualunque contesto.
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Dalla forma al contenuto: la comunicazione diventa relazione

Come promesso, entriamo gradualmente nei meandri dei processi di comunicazione e cerchiamo di scoprire come nasce il legame tra comunicazione e relazione.
Molte spesso, si pensa al legame tra queste due sfere in un’ottica consequenziale, ovvero: dopo la comunicazione, può scattare, o meno, la relazione.
In verità la sequenza non è esattamente causa – effetto, non c’è un elemento che scatta prima e l’altro dopo.
Tra la comunicazione e la relazione, possiamo affermare, che ci sia contemporaneità, nella misura in cui nella trasmissione del messaggio, in un atto comunicativo, sono intrinsecamente contenuti degli aspetti di relazione.
 La comunicazione consiste nel passaggio di informazioni da una persona a un’altra o più.
Il contenuto di questo messaggio non è mai fatto di sole parole, ma di tutta una serie di altri elementi che innescano il processo di relazione.
Per relazione non si intende necessariamente che le due persone facciano amicizia, o abbiano altri scambi comunicativi.
Per relazione si intende piuttosto il fatto che dalle componenti non verbali e paraverbali della comunicazione possano emergere: stati d’animo, intensioni, emozioni.
Tutti elementi che non sono associati solo al messaggio in sé, ma anche allo scambio che determina tra le persone, o alle modalità in cui avviene.

Il secondo assioma della Comunicazione

Questi aspetti sono stati raccolti in un’ autorevolissima teoria: quella degli assiomi della Comunicazione.
Ricordiamo che gli assiomi della Comunicazione sono frutto del lavoro del gruppo di psicologi della scuola di Palo Alto che pubblicarono gli esiti delle loro ricerche sul volume “Pragmatica della Comunicazione Umana“.
Nello specifico, il secondo recita testualmente che:
Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, tale che quest’ultimo categorizza il primo ed è quindi una meta-comunicazione
 
Dunque, possiamo individuare un livello di contenuto che include “cosa” si sta comunicando e un livello di relazione che indica il tipo di relazione che si vuole instaurare con la persona a cui ci si rivolge.
 
In sintesi siamo negli ambiti del “cosa” e “come” comunichiamo. 
 
Sul “cosa” l’universo dei contenuti è infinito.
Sul come … anche!
Quando comunichiamo che tono usiamo?
Che espressione del viso facciamo?
Questi elementi rientrano nella metacomunicazione che incide moltissimo sulla relazione tra i comunicanti.
La metacomunicazione è popolata da elementi verbali e non verbali che possono incidere in modo decisivo sugli scambi comunicativi.
Domandone: quanto è importante sapere tutto questo?
Moltissimo.
Perché la comunica è ovunque, nella vita professionale come in quella privata.
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Dalla comunicazione alla relazione: i cinque assiomi.

La Comunicazione è un territorio senza confini e per approfondirla è doveroso guardarla da più angolazioni.
Quello di cui mi interessa parlarti oggi è la comunicazione come origine e presupposto delle relazioni tra individui.
Le persone sono in grado di comunicare in moltissimi modi, molti dei quali prima ancora di proferire parola.
In questo sistema complesso di suoni, simboli e significati, qualcuno ha deciso di mettere ordine per definire dei principi base da cui partire per lo studio della Comunicazione.

I cinque assiomi

Un importante input arriva dalla scuola californiana di Palo Alto, dove un team di studiosi capitanati da Paul Watzlawick ha definito i cinque assiomi della Comunicazione, ovvero delle regole sempre valide capaci di fornire un orientamento all’interno di un ambito in perenne trasformazione come la Comunicazione.
Gli studi e le ricerche prodotte dal team di Palo Alto sono stati raccolti in un volume intitolato “La pragmatica della Comunicazione umana” e risale al lontano 1968, ma il suo contenuto rimane valido e affidale al punto da contenere dei veri e propri assiomi.

Comunicazione e comportamenti

Questi studiosi partono da un presupposto molto solido e dimostrabile: ogni comportamento comunica un messaggio, di conseguenza genera comunicazione.
Ogni qualvolta un individuo compie un’azione, il suo comportamento può avere delle ripercussioni anche in assenza di altri interlocutori coinvolti.
Facciamo un esempio estremo.
Vieni a sapere che è stata organizzata una festa in tuoi onore. L’unica azione che compi, dopo aver appreso la notizia della festa, è quella di non presentarti.
Nota bene: non hai chiamato nessuno per avvisare, non hai esposto ad alcuno le tue motivazioni, non hai inviato un messaggio di scuse!
Questo tuo comportamento, in sostanza, si è basato solo sull’assenza. Eppure avrà senza dubbio scatenato molteplici reazioni: qualcuno si sarà preoccupato, qualcun altro offeso, altri ancora avranno provato a telefonarti, altri non vorranno più avere a che fare con te, i più ostinati pretenderanno una spiegazione.
Insomma: almeno cinque reazioni diverse, ma potrei andare avanti ancora.
Noi comunichiamo ininterrottamente, anche quando non lo facciamo a parole, o addirittura quando non lo vogliamo, perché, nella migliore delle ipotesi, in quest’ ultimo caso stiamo comunicando che non vogliamo comunicare!
Quindi preparati perché dal prossimo articolo iniziamo a esplorare un po’ di pilastri teorici con l’obiettivo di trasformarli in pratica e avere una comunicazione efficace!
Intanto …
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I sensi a supporto della Comunicazione: scopri il tuo canale!

Ciao [[name]],
oggi ci concentriamo sui canali di Comunicazione, di cui avrai sentito parlare più e più volte.
Se così non fosse, sono contento che questa sia la tua prima volta!
Sui canali di Comunicazione si sono scritti fiumi di approfondimenti, fatti milioni di esercizi, test, indovinelli … insomma l’argomento è di grande interesse!
Al livello puramente teorico sui canali di Comunicazione possiamo sostanzialmente dire che ne esistono tre principali:
Visivo
Uditivo
Cinestetico
Ognuno di questi canali indica una predisposizione dell’individuo a recepire gli stimoli esterni prediligendo l’utilizzo di un senso:
👉La vista per il canale visivo
👉L’udito per il canale uditivo
👉Il tatto, il gusto e l’olfatto per il canale cinestetico.
Fin qui tutto ovvio direi.
Spieghiamo meglio con un esempio: tre persone hanno partecipato a un evento, una festa. Si chiede ad ognuna di raccontarla. Nel più ottimale degli esperimenti la prima ti farà una descrizione accurata della location, gli abiti, le composizioni dei piatti; la seconda ti riporterà il mood dei discorsi, la musica, le parole utilizzate da chi ha presenziato; la terza si soffermerà sul profumo dei fiori, la morbidezza delle tovaglie, il sapore del cibo.
Ognuno dei soggetti coinvolti riporterà un aspetto diverso in funzione del suo senso di percezione della realtà più efficace.
Ognuno infatti si affida principalmente a un senso.
A questo punto è doveroso aggiungere una nota: avere un canale di Comunicazione più efficace non significa affatto non utilizzare al meglio gli altri, significa semplicemente avere una preferenza, una strada più scorrevole delle altre.
Conoscere il proprio canale preferenziale è interessante, anche divertente, ma a poco serve se non viene poi utilizzato all’interno di un’area di azione più ampia.
Conoscere il canale di Comunicazione più efficace di una persona significa poter impostare una Comunicazione che punti principalmente su quel canale, ma che succede se una persona è multisensoriale o se gli interlocutori sono tanti?
Che la Comunicazione si apre alla multisensorialità, dunque i discorsi, le presentazioni, gli incipit…tutto viene strutturato affinché nessuno tra gli ascoltatori resti escluso.
Che detto così sembra facilissimo, ma non lo è.
La Comunicazione è sensoriale non solo nel modo in cui recepiamo le cose, ma anche in quello che scegliamo per raccontarle.
Se ci fai caso, a seconda del tipo di canale più sviluppato, le persone usano con prevalenza verbi, aggettivi, avverbi vicini all’ambito sensoriale di riferimento.
Per descrivere una villaggio abbandonato potrei dire:
Il silenzio era assordante
” Il vuoto occupava i cortili delle case
Si respirava l’assenza di chi se n’era andato e la malinconia di chi era rimasto
Stiamo parlando della stessa cosa, ma le parole usate rispecchiano semanticamente i canali di riferimento.
Sì, ma tutto questo a cosa serve?
Me lo domandi ancora???
A usare sempre, dico sempre, la parola giusta, perché la parola è uno strumento potentissimo per il raggiungimento dei tuoi obiettivi nonché per la conquista dei tuoi interlocutori.
E quindi che si fa?
Contattami e analizzeremo il tuo modo di Comunicare o quello della tua azienda per migliorare il tuo business e la tua vita!
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Non parli la mia lingua? Osserva la mia faccia!

Il corso si avvicina e io non riesco a resistere: ti voglio accompagnare per qualche altro metro nel viaggio alla scoperta di aneddoti e curiosità (scientificamente avallate) sulla funzione, e l’importanza, delle espressioni facciali
Abbiamo già visto come l’utilizzo delle espressioni facciali sia una prerogativa della specie umana, con un precedente però nei primati, dove il sistema relazionale ha una complessità che si avvicina a quella umana.
 
Leggi l’articolo se lo hai perso.
Le espressioni facciali hanno una base così radicata che è stata oggetto di studi empirici la loro capacità di andare oltre il linguaggio
 
Non ti sarà difficile immaginare un gruppo di persone di lingua diversa che comunicano attraverso il linguaggio del corpo, soprattutto attraverso le espressioni facciali. 
 
A noi sembra scontato che accada, ma, andando a fondo, ci si accorge che per chi ci ha messo le mani all’inizio degli studi, non doveva essere poi così scontato.
 
Paul Ekman è il principale studioso delle espressioni facciali e ha dato un solido contributo alla psicologia definendo che tutte le principali emozioni umane hanno un corrispettivo al livello di mimica facciale. 
Ekman ha identificato sei emozioni fondamentali che hanno un corrispettivo in altrettante espressioni facciali.
E sono:
  • rabbia
  • paura
  • disgusto
  • sorpresa
  • felicità
  • tristezza
Ma la scoperta sorprendente in verità non è questa.
O meglio, non si ferma qui!
L’elemento che fa la differenza è queste espressioni risultano essere universali, ovvero sono presenti in popolazioni distribuite in diverse parti dell’emisfero, e soprattutto innate, ovvero non sono riconducili ad alcuna impostazione culturale. 
Questo significa che un numero, sebbene contenuto, di espressioni facciali, è in grado di fare da elemento di congiunzione di significati.
 
Quindi, per semplificare, se non si parla la stessa lingua ci si può capire su alcuni importanti stati d’animo.
Il che non è poco se consideriamo quante associazioni si possono fare con uno stato d’animo
Adesso mi fermo se no parto a raffica e in fondo manca poco al corso dove scoprirai una moltitudine di cose che ti saranno molto molto utili nel tuo lavoro e nella tua vita in generale!
Non sai di che sto parlando oppure lo sai e non ti sei ancora iscritto?
Sei ancora in tempo ( per poco 😨)!
25 Febbraio
L’unico sistema per capire i messaggi nascosti nelle espressioni del tuo viso!
Per avere maggiori informazioni e per iscriverti
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