Produci di più da remoto? Merito della Comunicazione Asincrona

Produci di più da remoto?
Allora sei al centro del dibattito più acceso del momento!
Ti chiedi come mai a questo punto della vita professionale scopri di rendere molto – più di prima – nella tua attività, senza recarti in ufficio?
È tempo di parlare della Comunicazione Asincrona.
Un’importante percentuale delle professioni del presente richiede competenze e strumenti a cui attingere senza l’obbligo della presenza fissa nell’ambiente fisico di lavoro.
I trascorsi mesi di smartworking – homeworking in questo caso – hanno contributo ad aprire gli occhi su tutta una serie di elementi a vantaggio del lavoro in formula smart, ma ancora non ho sentito il giusto merito riconosciuto allo strumento che maggiormente ha reso possibile tutto questo: la Comunicazione Asincrona.
Tra i vantaggi dello smartworking sono stati annoverati il risparmio economico per gli spostamenti e i pasti fuori casa, l’evitamento dello stress del pendolarismo, la qualità del tempo trascorso in famiglia grazie a un aumento della quantità e della serenità di gestire al meglio il proprio tempo.
Oggi voglio mostrarti come tutti questi vantaggi non siano una conseguenza casuale e fortunata del caso, ma sono possibili grazie alla possibilità di applicare una Comunicazione Asincrona.
Partiamo dal capire cosa sia.
La comunicazione asincrona si verifica quando inviamo un messaggio senza aspettarci che la risposta arrivi in tempo reale o in tempi comunque brevissimi.
Al contrario, ovviamente, la Comunicazione Sincrona è quando si invia un messaggio e si ottiene in pochi minuti una risposta.
Ma se l’improvvisa scoperta dei vantaggi della Comunicazione Asincrona ha reso tutti più felici e soddisfatti, cosa c’era di profondamente sbagliato nel modo di lavorare sincrono?
Cosa c’è di sbagliato nello svegliarsi al mattino e aprire le chat di lavoro prima di mettere i piedi giù dal letto?
Cosa non convince della capacità di stare in una riunione e contemporaneamente gestire mail, chat interne e urgenze emerse?
Prima di decantare i vantaggi di un sistema di Comunicazione scientificamente riconosciuto come più produttivo, è importante capire i limiti del Sistema che andiamo a “smontare”, quello sincrono.
Vuoi sapere cosa ti sottrae una modalità di lavoro basata su un modello di Comunicazione Sincrona?
Eccoti accontentato:
  • Continuità. Sei soggetto a interruzioni incessanti che non ti consentono di fare progressi significativi sui progetti che stai seguendo. Le interruzioni frammentano l’attenzione e non ti consentono di andare a fondo a quello che stai facendo: scrivere, interpretare, pianificare, valutare, risoluzione di problemi, tutte attività che richiedono un impegno intellettivo profondo e concentrato. La comunicazione sincrona rende impossibile la continuità di concentrazione su queste attività.
  • Produttività: ti viene chiesto di essere connesso, reperibile, raggiungibile in ogni istante. Chi paga il prezzo di questa infinita disponibilità? Il tuo livello di produttività che passa in secondo piano a vantaggio della tua connettività. Per evitare di perdere le conversazioni in tempo reale, le comunicazioni dell’ultimo secondo buttate lì in chat, sei portato ad essere sempre sempre connesso. Se ti disconnetti rischi di perdere tutto quello che accade mentre non ci sei e quindi sei perennemente on line. Questo danneggia non solo al produttività ma anche il tuo benessere mentale.
  • Serenità: questa modalità di connessione ininterrotta genera molto stress, perché si trascorre gran parte del tempo a rispondere alle domande piuttosto che a sviluppare i punti della propria agenda di lavoro. Questo lavoro trascurato, rallentato dalla connessione continua, va comunque poi ultimato. In che modo? Di fretta naturalmente. Questo genera pressione, stress, frustrazione.
  • Qualità: quando devi gestire il tuo tempo di lavoro tra un’interruzione e l’altra – paradossalmente il lavoro diventa l’interruzione dell’interruzione – può capitare con una certa frequenza di non dedicare il giusto tempo alla qualità dei contenuti che trasmetti con le tue risposte. Questo è un male pericoloso.
Stop per oggi!
Spunti di riflessione fin qui non mancano.
Prossimo step entriamo nel vivo dei vantaggi del modello asincrono, che ti consentirà di lavorare con più qualità e serenità.
Come meriti!

Il leader eccellente: è soprattutto una questione di valori

Il leader eccellente è quello che ci interessa, i suoi valori sono fondamentali.
È fondamentale individuare chi sia , selezionarlo bene, fare in modo che il suo onboarding sia accattivante e possa accrescere la sua voglia di restare, perché un vero leader, e questa è scienza, è bene non farselo scappare. Un leader eccellente, e con i giusti valori, ancor meno.
Un leader eccellente infatti è la chiave per impostare dei team produttivi e stimolati, ma soprattutto che si rivelino vincenti.
Se non hai letto il post precedente fai un passo indietro per completare la tua conoscenza sulle caratteristiche di un leader.
La relazione con i leader della tua azienda è un aspetto fondamentale, soprattutto considerando che il 75% dei collaboratori cambia azienda per problemi con il capo e non per insoddisfazione rispetto al proprio ruolo.
Il vero problema relativo alla ricerca di un leader eccellente è che nella stramaggioranza dei casi lei/lui non sta cercando te, perché magari perfettamente già inserito in uno specifico contesto, a capo di fighissimi progetti, con collaboratori super!
E allora diventa difficile attirare questa persona a te.
La maggior parte di coloro che possono definirsi dei bravi leader spesso non è attivamente alla ricerca di un nuovo lavoro, tuttavia valuterebbero molto volentieri un’opportunità se venisse loro offerta.
È molto importante saper attirare le persone giuste e che soprattutto abbiano coltivato nel tempo, nonché sviluppato con consapevolezza i seguenti valori:
  • Passione: imprescindibile. I leader non lavorano per se stessi, ma soprattutto per essere un riferimento per il team. La passione non può mancare, è fondamentale per stimolare il team, alimentarlo con energia per tenere alto il livello di motivazione e incrementare la produttività. La passione si traduce in entusiasmo e nella consapevolezza di conoscere bene il proprio lavoro.
  • Umiltà: è chiaro che le competenze di un leader siano più in risalto rispetto a quelle dei collaboratori, ma il vero leader, nella piena consapevolezza del suo valore, non è superbo, né presuntuoso. L’umiltà è una caratteristica distintiva e soprattutto produttiva in quanto è suo compito promuovere la delega e la collaborazione. Se si crede un super eroe è difficile che riesca nel suo intento.
  • Comunicazione: su questo con me non si transige, ma anche sul resto. L’utilizzo di una comunicazione efficace e costruttiva è lo strumento più prezioso per il raggiungimento dei risultati. L’atteggiamento più propenso per la messa in pratica di una Comunicazione Efficace è l’ascolto, senza il quale è molto difficile stabilire un contatto con gli interlocutori. L’ascolto è lo strumento chiave per comprendere al meglio le argomentazioni del proprio team. Il feedback quello più prezioso per la crescita e la produttività del team. La Comunicazione è la competenza più importante per il momento della delega, l’utilizzo di una comunicazione ben impostata ne facilita i processi.
  • Empatia: è il collante, ciò che crea la sintonia tra le opinioni e le emozioni di ogni singolo componente del team. In assenza di essa la catastrofe è annunciata.
  • Integrità: i collaboratori devono percepire onestà e trasparenza per poter lavorare in un clima sereno e costruttivo. Il leader deve ispirare fiducia e trasmettere i valori dell’azienda nelle attività che svolge e implementa.
I valori del leader eccellente ora ti sono chiari.
Non trascurare mai le competenze e le caratteristiche di un leader eccellente perché, ricorda, i dipendenti che se ne vanno, mollano i manager, non le aziende.
Scegli bene il leader per la tua azienda!

Le soft skills per diventare un leader eccellente

Oggi ti parlo di leadership!
Sai che quando si parla di soft skills il tema mi sta particolarmente a cuore e nel definire il profilo del leader le soft skills hanno un ruolo determinante.
Partiamo da lui: il leader.
Chi è? Cosa lo rende tale?

Per definizione, partiamo sempre dalle parole, un leader è una persona in grado di guidare (da “to lead” guidare, condurre) un gruppo verso un obiettivo comune.
Un leader competente solitamente è in grado di spiegare agli altri cosa devono fare, a fare in modo che acquisiscono gli strumenti per rendersi autonomi in primo luogo da lui.

Entrando però nella sfera delle competenze, ce ne sono di specifiche, è lecito ad esempio porsi la domanda: cosa distingue un leader dagli altri componenti di un gruppo?

Da quali step è costituita la crescita di un leader?

Queste domande rappresentano il punto di partenza per avere in azienda dei team produttivi e equilibrati.

Attraverso la voci dei collaboratori e l’individuazione di un comune denominatore tra le skills dei leader eccellenti è possibile individuare specifiche caratteristiche di un buon leader e di un leader meno buono.

A quanto risulta dalle risposte fornite, il 90% dei dipendenti sostiene che è più propenso a restare legato a un datore di lavoro che dimostra empatia. Questo ci porta a concludere che trovare un leader capace di mettere in atto empatia può aumentare il tasso di retention della tua azienda.
Le soft skills, lo ripeto da decenni, sono fondamentali quanto le competenze tecniche nella corretta gestione di un progetto.

Ti stai chiedendo quindi quali siano le caratteristiche di un buon leader?

Prendi nota:

  • Sa delegare
  • Gestisce bene il proprio tempo
  • Ascolta con attenzione
  • Si focalizza sulle soluzioni
  • Condivide i meriti

Di contro, un cattivo leader:

  • Microgestisce
  • Si occupa di mille cose alla volta
  • Predomina nelle conversazioni
  • Antepone la critica alla lode
  • Punta il dito

Un dato rilevato dal Global Trends 2019 riportato da Linkedin ci racconta che il 92% delle persone ritiene che le soft skills contino addirittura più delle hard skills.

Ma quali sono quindi queste soft skills?

Ti svelerò tutto al prossimo post!

Come diventare un problem solver in 5 step!

Se è vero che il Problem Solving è stata una competenza a lungo sottovalutata è altrettanto vero che negli ultimi anni sta emergendo sempre di più la sua importanza e dunque l’urgenza che venga percepita come una competenza da sviluppare e non come un talento naturale da mettere in atto nei
momenti di difficoltà.
Nella parola solving sono infatti racchiuse competenze che richiamano sicuramente il concetto di urgenza, tempistiche non sempre sufficienti, ma questo non può certamente sconfinare nell’approssimazione o nei poteri per l’appunto di un talento.
Per comprendere al meglio il problem solving e analizzarlo come strumento nella complessità della sua struttura ho preso spunto da un approfondimento di Eddie Kennedy che suddivide il Problem Solving in 5 step partendo dal presupposto che i punti di partenza su cui impostare il lavoro siano: il perché, il come e il che cosa, in relazione al problema.

Voglio ora ripercorrere i 5 step e condividere con te questa analisi.
Step 1: capire il motivo per cui dovrei occuparmi di un determinato problema. Inizia dunque così: prova a scandagliare la questione in cui devi imbatterti e che interessa anche i tuoi interlocutori. Racconta i dettagli, chiari, numerabili: se devi raccontare una perdita di denaro, o una spesa, non definirla scarsa o tanta, ma parla di numeri, percentuali, risultati. In questa fase non c’è spazio per le soluzioni, qui si analizza il problema senza azzardare previsioni o anticipazioni.

Step 2: isola l’obiettivo. Individua qual è, quali sono le sue caratteristiche, dove vuoi che sia collocato. L’obiettivo deve al momento puntare a un risultato e non alla soluzione finale, deve essere misurabile e ben identificabile. Passiamo all’esempio: “migliorare il sistema di sorveglianza” è un obiettivo non quantificabile. “Aumentare il personale di sorveglianza di 1 risorsa, incrementare l’illuminazione coprendo anche la zona B” è un obiettivo misurabile.

Step 3: come posso risolvere il problema. Qui è necessario lavorare sulla ricerca delle soluzioni. Si inizia analizzando il problema e i suoi dintorni, si cerca di capire se ci sono dei precedenti a cui fare riferimento e le cui soluzioni possano essere adattate, o d’ispirazione, al nuovo problema.
Importante: se usi lo strumento del brainstorming per fare questa analisi è importante che ci sia un moderatore e che vengano gestiti i tempi e le modalità di esecuzione. Invita i tuoi interlocutori a pensare ed esprimersi liberamente, senza limitazioni. Quando avrai individuato delle possibili soluzioni ti consiglio di inserirle in un diagramma ad albero, questo è utile per organizzare i tuoi obiettivi e la strategia per raggiungerli. Quando avrai scritto ogni singolo obiettivo dal centro partiranno ramificazioni sulle quali potrai scrivere come conseguirlo.

Step 4: siamo nella fase della risoluzione. Qual è tra quelle contemplate la soluzione al problema? In questa fase può aiutare la rappresentazione attraverso un grafico, in cui compaiono sull’asse verticale la voce “impatto” e sull’asse orizzontale la voce “impegno”, da qui puoi iniziare l’elenco di tutte le potenziali soluzioni.

Con tutta probabilità, il tuo lavoro si concentrerà principalmente sulle soluzioni ad alto impatto e impegno elevato. Le soluzioni che hanno un impatto elevato e richiedono poco sforzo sono classificate come risultati rapidi e sono ottime per nutrire la fiducia delle parti interessate. Le soluzioni a basso impatto e scarso impegno devono avere priorità inferiore ed essere prese in considerazione solo quando avanza tempo. Quelle a basso impatto e impegno elevato probabilmente non valgono la pena di essere tentate.”

Step 5: è arrivato il momento dell’azione, è necessario dunque preparare un piano di lavoro semplice per risolvere il problema in questione. Gli strumenti qui possono essere molteplici e dunque a discrezione dell’esecutore. Importante: andare dritto al focus senza disperdere le energie e le risorse a disposizione in dettagli inutili. L’attività messa in atto va monitorata attraverso un apposito strumento che può essere dal più sofisticato a un semplice foglio di lavoro che consenta quanto meno di suddividere le attività e gestire le tempistiche.
Domanda:come posso passare all’azione?
Prepara un piano semplice per risolvere il problema, evitando dettagli inutili. Puoi utilizzare uno strumento per monitorare le azioni, che può essere un foglio di lavoro in cui suddividere le attività in base a chi le deve svolgere e alla tempistica. In questa fase è fondamentale inoltre definire le responsabilità e le scadenze. Fondamentale anche la capacità di condivisione con un eventuale gruppo, sia dello strumento di monitoraggio che delle singole azioni da riesaminare periodicamente, e la responsabilità delle scadenze.

Bene allora ti invito a seguire questa piccola procedura per allenare le tue abilità di problem solver e farle emancipare in competenze.

Occhio alle soluzioni affrettate, sono quasi sempre destinate al fallimento.
Applica questo format e sarà più facile impostare la struttura del Problem Solving.

Le 5 cose che le persone comuni non sanno dei ricchi

Di recente mi sono imbattuto in un interessante articolo di approfondimento che riguarda la percezione che le persone comuni hanno dei ricchi.
In particolare la riflessione proposta verte sugli elementi che le persone comuni non capiscono dei ricchi.
Per colmare questa lacuna il Business Insider ha pubblicato una lista delle caratteristiche dei ricchi che sono poco, o per nulla note, al resto della popolazione mondiale.
Partiamo dal primo aspetto messo in evidenza, che sicuramente in molti non si aspettano: la tranquillità. Diversamente da quello che si è soliti pensare il concetto di tranquillità non compare nella lista delle priorità dei ricchi, al contrario infatti rappresenta piuttosto un elemento di pericolo in quanto associato a tutti i limiti e rischi della comfort zone. La tranquillità infatti è una prerogativa della classe media, le persone molto ricche imparano sin dall’infanzia che è il principale rischio per la tutela del patrimonio. Pertanto un punto di forza delle persone di successo è la consapevolezza che per diventare ricchi navigheranno a lungo nel mare della precarietà, allo stesso tempo però svilupperanno e matureranno le abilità necessarie per affrontare le difficoltà e godere dei risultati raggiunti.
Un secondo elemento riguarda invece l’idea di futuro. Chi ha costruito la proprio ricchezza da sé è spontaneamente orientato al futuro, è scientificamente provato invece che le persone rivolte al passato, convinte che i tempi migliori siano già trascorsi, siano inclini alla tristezza e nei casi più seri alla depressione, non hanno fiducia nel presente, non hanno slancio e progettualità verso il futuro e di conseguenza hanno scarse possibilità di cambiare la propria vita migliorandola.
La terza caratteristica analizzata è la fiducia in se stessi. Il pregiudizio ha spesso prodotto un’immagine dei ricchi come persone fortunate che hanno trovato tutto pronto, ma chi ha costruito la propria ricchezza da solo invece sa bene che la strada da percorrere è impegnativa e che ci sono delle abilità e competenza che vanno continuamente alimentate e poi messe alla prova. La fiducia in se stessi nell’esercizio di queste abilità è fondamentale, e lo è anche per affrontare le conseguenze di un possibile errore, rischio peraltro elevatissimo e frequente dato che parliamo di persone che tendono ad esporsi molto.
Quarto elemento: la libertà. Che il denaro e i beni in generale offrano maggiori opportunità di scegliere liberamente per la propria vita non è certo una novità. Si possono scegliere attività stimolanti, lasciarsi alle spalle impieghi logoranti, accedere alla migliore istruzione, usufruire della più qualificata ed efficiente sanità.
Quinto ed ultimo elemento: la scelta di persone simili nella propria cerchia di amicizie. Spesso le persone con importanti possibilità economiche vengono criticate per il fatto di appartenere a circoli chiusi. In verità il meccanismo di scelta delle persone da frequentare è piuttosto simili a quello di chiunque altro: ci si sceglie per somiglianza perché si pensa che avendo importanti interessi in comune si possa imparare l’uno dall’altro e alimentare la propria consapevolezza e crescita.
Avevi mai considerato questi aspetti?
Qual è la tua idea in merito?

L’apologia dei titani:Amazon, Apple, Facebook, Google testimoniano al Congresso.

Nel post della scorsa settimana (se lo hai perso clicca qui prima di proseguire) abbiamo ripercorso la seduta del 29 luglio al Congresso, in cui l’antitrust chiede formalmente delucidazioni ai 4 titani, i CEO di Amazon, Apple, Facebook, Google, in merito alle loro politiche economiche in particolare nei confronti della concorrenza.

Le singole argomentazioni difensive dei 4 sono state dettagliatamente riportate sul sito web del Comitato Giudiziario delle Camera.
Tim Cook, Sundar Pichai, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg hanno esposto le loro motivazioni per difendersi dall’accusa di aver danneggiato i consumatori e soffocato la concorrenza con le loro azioni.

Ascoltando loro testimonianze è possibile individuare alcuni elementi chiave, nello stile di comunicazione e nei contenuti, utilizzati come argomentazioni e punti di forza delle loro dichiarazioni difensive.

La sobrietà linguistica.
L’estrema sobrietà dei loro stili comunicativi. Diretti, lineari, senza ridondanze linguistiche.

Il patriottismo.
Tutti si appellano al valore del patriottismo americano, sottolineando piuttosto i vantaggi che i loro servizi arrecano al popolo dei consumatori e alle piccole imprese.

La concorrenza.
Secondo le affermazioni dei 4 CEO è tutt’altro che facile gestirla e che il loro successo su di essa non è affatto scontato né tanto meno garantito. Addirittura Jeff Bezos ribadisce che le attività di Amazon rappresentano meno del 4% del mercato al dettaglio generale e che non è affatto facile, nonostante il dominio del colosso dell’e-commerce, affrontare concorrenti come Walmart e Target che offrono servizi sui quali Amazon non può competere con loro.

Le vendite online di Walmart sono cresciute del 74% nel primo trimestre. E i clienti si affollano sempre più verso i servizi inventati da altri negozi che Amazon non riesce ancora a eguagliare su scala di altre grandi aziende, come il ritiro sul marciapiede e i resi in negozio

Anche Tim Cook di Apple a tale proposito:
Il mercato degli smartphone è estremamente competitivo e aziende come Samsung, LG, Huawei e Google hanno creato business di smartphone di grande successo offrendo approcci diversi.
Apple non ha una quota di mercato dominante in nessun mercato in cui operiamo. Questo non è vero solo per iPhone; è vero per qualsiasi categoria di prodotti.”.

I prodotti offerti sono utili e apprezzati

Tutti e 4 riportano il grado di apprezzamento dei loro prodotti e rivendicano il fatto che nessuno di questi abbia il potere di danneggiare né consumatori né imprese. Zuckerberg osserva che i servizi di Facebook aiutano molte aziende ad entrare in contatto con i clienti, per poi supportare questi ultimi nel rimanere in contatto con le aziende e i brand di loro interesse.

La creazione di nuovi posti di lavoro.
In particolare Amazon, che di recente si è dovuto difendere da accuse relative al trattamento nei riguardi dei suoi dipendenti , sottolinea gli investimenti nel campo della formazione dei propri dipendenti, 700 milioni di dollari, e il fatto che siano ben pagati.
Bezos inoltre aggiunge che i suoi investimenti hanno creato circa 700.000 posti di lavoro indiretti in settori come l’edilizia per esempio.

Gli investimenti mantengono la tecnologia americana competitiva.
La parola a Sundar Pichai di Google, il quale mette in evidenza come in un momento in cui l’America si confronta con il mercato sempre più in crescita della Cina nel panorama tecnologico internazionale, gli investimenti di Google consentono agli Stati Uniti di mantenere il proprio vantaggio:

Ogni anno siamo tra i maggiori investitori mondiali in ricerca e sviluppo. Alla fine del 2019, la nostra spesa in ricerca e sviluppo è aumentata di quasi 10 volte in 10 anni, da $ 2,8 miliardi a $ 26 miliardi. Abbiamo investito oltre $ 90 miliardi negli ultimi 5 anni”.

Questi investimenti consentono agli Usa di consolidare la propria posizione di leader globali nelle tecnologie emergenti.

La versione video di questa seduta è qui!

L’attacco ai titani: Amazon, Apple, Facebook, Google accusati dal Congresso.

Mercoledì 29 Luglio ha avuto luogo una delle più importanti sedute di supervisione tecnologica degli ultimi anni. A partire infatti da una lunga indagine antitrust che ha prodotto volumi di documenti che superano il milione ed analizzato centinaia di ore di interviste, 4 titani dell’economia mondiale sono stati chiamati a difendersi di fronte al Congresso degli Stati Uniti d’America.
Sapete già chi sono i protagonisti di questa vicenda vero?

Tim Cook di Apple, Jeff Bezos di Amazon, Mark Zuckerberg di Facebook, Sundar Pichai di Google, i 4 CEO più noti del mondo.
Obiettivo del loro intervento: dimostrare che le loro attività commerciali non equivalgono a monopoli anticoncorrenziali.

I 4 CEO hanno declamato le loro arringhe sostenendo che le loro aziende attualmente stanno fornendo prodotti vantaggiosi in un quadro mondiale fortemente concorrenziale. Secondo le argomentazione addotte dai 4 la loro vasta scala semplicemente migliora l’efficacia del servizio che offrono.

Le loro tesi e testimonianze però non hanno particolarmente convinto i membri del Congresso, i quali hanno messo in dubbio diversi punti della difesa.

Sin dall’inizio della seduta, in apertura, il presidente della sottocommissione antitrust, David Cicilline ha messo in evidenza l’eccessivo potere e l’influenza esercitata dalle 4 più grandi società tecnologiche americane, sostenendo che:

“ … poichè queste aziende sono così centrali nella nostra vita attuale, le loro pratiche e decisioni commerciali hanno un effetto fuori misura sulla nostra economia e sulla nostra democrazia. Ogni singola azione di una di queste aziende può interessare centinaia di milioni di noi in modo molto profondo e duraturo.”

Un’apertura che non lascia spazio al dubbio: l’eccessivo potere di Amazon, Apple, Facebook, Google, rappresenta un pericolo per l’economia e la democrazia.

Non meno potente il corpo del discorso dello stesso Cicilline che ha messo in evidenza l’elemento che accomuna le 4 strategie delle società: ognuna di esse rappresenta un collo di bottiglia per uno specifico “canale chiave” di distribuzione, ognuna di esse utilizza i dati e le misure di sicurezza di altre società per acquisire informazioni stroncando la potenziale concorrenza.

Tutte le piattaforme, secondo l’incisiva arringadi Cicilline, abuserebbero del loro controllo sulle tecnologie attuali per incrementare il loro potere.

Dettano le condizioni, ribaltano le dinamiche di interi settori, […] rappresentano quasi il potere di un governo privato”.
Un corpo del discorso così severo non poteva che condurre a una chiusura tagliente:
“ … i nostri fondatori non si inchinerebbero davanti a un re, né dovremmo inchinarci noi davanti agli imperatori dell’economia online.”

Più conciliante l’intervento di James Sensenbrenner, membro del Congresso da oltre 40 anni, che ha affermato: “essere dei grandi non è necessariamente negativo, anzi direi piuttosto il contrario” .
L’apertura lascia spazio a un confronto meno inquisitorio rispetto a Cecilline, le argomentazioni sottolineano come negli Stati Uniti il successo sia un valore da sempre incoraggiato e premiato, ma, il veterano del Congresso non tralascia il punto centrale del dibattito e si avvia a una chiusura pronta ad accogliere le risposte dei quattro interessati: “ siamo qui per comprendere meglio i ruoli che le vostre aziende occupano nel mercato digitale, e soprattutto l’effetto che essi sortiscono sui consumatori e sul pubblico in generale.”

L’udienza è stata qui interrotta per lasciare spazio alle pratiche di igienizzazione anti covid, dopo un’ora i 4 testimoni erano in videocall al giuramento.

Nel prossimo post entrerò nel merito delle loro argomentazioni e soprattutto delle loro interessanti modalità di Comunicazione ad alto impatto: tempo poco e un obiettivo che riguarda più o meno le sorti dell’economia globale.

Il successo è nella consapevolezza

Dopo aver analizzato i 7 principi che definiscono la cultura aziendale (non ne sai nulla? Clicca subito qui!) oggi gli elementi che la influenzano.
Avere la consapevolezza piena della cultura della propria azienda, studio professionale o laboratorio, come già dicevamo la scorsa volta, significa sapere con lucidità e velocità le azioni da compiere nel momento in cui si decide di intraprendere un cambiamento e in cui si è coinvolti da esso.
Non esistono soluzioni valide per tutti, non ci sono formule standard, ci sono delle strategie sicuramente ma il tutto va declinato in funzione della storia dell’azienda e di altri elementi che a breve vedremo nello specifico.

A mano a mano che leggerai questi elementi chiediti quale sia il tuo livello di conoscenza del tuo contesto di lavoro, anche se l’azienda non fosse tua il tuo ruolo potrebbe comunque risultare determinante e il tuo contributo fare la differenza.

Ciò che contribuisce alla costruzione della cultura aziendale e ne influenza l’andamento può essere così identificato:

  • La storia. Qualcuno la chiama anche “il sogno dell’imprenditore”. Come è nata la tua impresa, piccola o grande che sia? L’hai creata tu dal nulla? L’hai ereditata? È il risultato di una fusione o acquisizione? Che si tratti di un’azienda medio – grande o di un piccolo negozio non fa differenza: la storia scorre nelle vene della tua attività ed emergerà nei momenti più importanti. Tutto inizia dal sogno dell’imprenditore.

 

  • La proprietà: di che tipo di impresa stiamo parlando? Una gestione familiare? Un’attività imprenditoriale più complessa? Un’associazione o cooperativa? O lavori presso un’istituzione? Ognuna di queste tipologie determina la tipologia di azione da intraprendere.

 

  • Le dimensioni dell’ambiente: si opera a livello locale, regionale, nazionale o globale? È fondamentale per ragionare sulla preparazione al cambiamento.

 

  • La missione: parliamo di utili, valore/prezzo, beneficenza, crescita.

 

  • Le risorse: che persone operano al suo interno? Che attività svolgono e in che ruolo? Titolo di studio?
    Modalità di gestione: troppo controllante? Basata su assunzioni e licenziamenti? Sull’acquisizione di soci?

 

  • Livello tecnologico: quanto è digitalizzata e tecnologica l’organizzazione di cui stiamo parlando? E che peso ha il livello di tecnologie nella gestione del cambiamento?

Ignorare questi elementi, così come sottovalutarli, è rischioso e sciocco.

Ogni azienda porterà a un risultato diverso nella combinazione di questi elementi. Dunque il programma di cambiamento deve tenere presente questo presupposto per conseguire risultati di successo.

Una volta raggiunto il risultato va raccontato, comunicato, nelle modalità che ti propongo da tempo!

Non ti è ancora chiaro cosa significa comunicare ad alto impatto?
Ho le indicazioni che ti servono, basta cliccare qui!

Conosci la cultura della tua organizzazione?

Quanto conosci la cultura della tua organizzazione del tuo studio professionale o laboratorio?

Il dettaglio che ti chiedo non è cosa da niente e soprattutto è un passaggio fondamentale del processo che dal cambiamento ti porterà al successo.
Quello che ti chiedo di fare oggi e di analizzare punto per punto gli elementi che prenderemo in esame perché ti aiuteranno a capire alcuni aspetti della tua organizzazione, se non direttamente tua quella comunque di cui fai parte, che potresti aver pericolosamente sottovalutato.

Partiamo dall’inizio: che cosa si intende per cultura aziendale o organizzativa?
La cultura aziendale comprende 3 elementi imprescindibili:

  1. Le modalità d’azione, ovvero il modo in cui si fanno le cose
  2. Ciò che può essere ritenuto accettabile e ciò che non lo è
  3. Le norme che regolano il comportamento. Queste possono essere esplicite o sottintese.

Conoscere questi 3 aspetti è fondamentale per predisporsi al cambiamento e capire come attuarlo nel modo più costruttivo e proficuo possibile.

Sono certo che leggendo ciò che segue resterai basita/o per non aver mai pensato ad alcuni dettagli che hai tutti i giorni, e spesso tutto il giorno, sotto al naso, ma a cui non hai mai dato il giusto peso.

Ecco alcuni indicatori della cultura di un’organizzazione:

  • La tipologia di attività: all’interno dell’organizzazione si svolge un lavoro prevalentemente tecnico? Siamo in uno spazio creativo? Si svolgono attività intellettuali? Manuali?
  • La modalità in cui le attività si svolgono: cosa si fa nel concreto? Che tipo di turnazioni o orari si seguono? C’è una parte di dipendenti soggetta a frequenti trasferte? Ci sono sedi all’estero per cui può essere previsto il trasferimento dei dipendenti?
  • Qual è il dress code aziendale? Come si veste chi lavora in quell’ambiente? Vige un mood serioso e molto classico? Risultano fuori contesto colori molto accesi? È un ambiente informale e creativo? È richiesta la divisa?
  • Qual è l’atteggiamento prevalente? In altre parole si potrebbe tradurre: che aria tira? Si respira competitività, lassismo, tendenza alla delega? È un ambiente in generale collaborativo in cui vige la condivisione di obiettivi e di procedure?
  • Come sono distribuiti e disposti gli spazi interni: le postazioni sono in un open space? Le stanze sono piccole con 2 – 3 scrivanie al massimo?
  • Com’è l’edificio che ospita l’azienda? Parliamo di un palazzo d’epoca? Di un seminterrato adibito a spazio creativo? Di un appartamento in un condominio al centro città?

Ecco qualche spunto su cui lavorare, soffermati su ognuno e condividi in questo spazio blog o sul canale social le tue considerazioni.

Dopo aver riflettuto su questi aspetti rispondi a questa domanda: sono in grado di comunicare gli aspetti incisivi della mia cultura aziendale efficacemente e in breve tempo?

Sai bene di cosa parlo, chiarisciti le idee qui!

Il successo quasi mai è casuale: 7 principi per renderlo possibile

Nel precedente post, che ti invito a rileggere o leggere per la prima volta cliccando qui, ti ho anticipato i 7 principi validi e necessari affinché l’esito di un cambiamento sia il successo.

Il cambiamento il più delle volte è un fenomeno inevitabile e agisce ancor prima che chi ne è investito ne abbia consapelezza.

In generale per sua natura è dotato di una certa imprevedibilità, ma se contestualizzato nelle organizzazioni è bene che manager, imprenditori, professionisti, consulenti si facciano trovare pronti e ne studino la struttura in modo da poter agire tempestivamente e con competenza alle prime avvisaglie della sua manifestazione.

Riprendiamo i 7 principi chiave:

Vision condivisa
Conoscenza profonda e dettagliata dell’azienda
Allineamento culturale
Comunicazione
Aiuto di un esperto esterno se necessario
Una leadership significativa
La partecipazione e il consenso di tutti i soggetti interessati dal fenomeno in atto.

Vision condivisa
Tutti i componenti di un’organizzazione devono avere ben chiara la direzione verso la quale il cambiamento condurrà l’organizzazione. Non solo è importante che il cambiamento venga ben definito e che tutti ne comprendano il significato, ma è anche fondamentale che questo cambiamento abbia senso per tutti. Diversamente il successo costituirà un miraggio sempre più irraggiungibile.

Conoscenza profonda e dettagliata dell’azienda
Quali sono le caratteristiche principali dell’azienda? Qual è la sua storia? Quali sono gli aspetti su cui bisogna concentrarsi maggiormente? Quali è pericoloso sottovalutare? Queste domande devono costituire il vademecum durante la gestione di un cambiamento. Rispondere con criterio e capacità di analisi significa porre le basi per il successo.

Allineamento culturale
Se si vuole arrivare dritti al successo bisogna fare in modo che il cambiamento sia introdotto attraverso modalità simili a come vengono solitamente fatte le cose in azienda, tranne nel caso in cui il cambiamento investa proprio queste modalità.

Comunicazione
Qui potrei scrivere un manuale su come comunicare il cambiamento nel modo giusto e alle persone giuste. L’argomento è stato affrontato in questo post, clicca per approfondire!

Aiuto di un esperto
Per esser certi che la direzione intrapresa sia quella del successo è necessario verificare l’efficacia delle metodologie e degli strumenti utilizzati. Se nel corso di questo processo ci si rende conto di non avere a disposizione tutto il set di competenze necessario, bisogna ricorrere all’aiuto di un esperto esterno, sia esso concepito in termini consulenziali, di body rental, coaching, etc.

Leadership forte
Una leadership significativa, è alla base del processo di cambiamento finalizzato al successo. Deve infatti essere in grado di sostenere e traghettare tutti i componenti dell’organizzazione verso un nuovo stadio raggiungendo risultati di successo. Questa persona deve concentrarsi esclusivamente su questa missione , deve avere autorevolezza e un elevato livello di credibilità per poter guidare tutti.

Partecipazione/consenso di tutti i soggetti coinvolti
Il consenso è una conditio sine qua non. Non si può raggiungere un obiettivo di successo se ci sono risorse che stanno andando contro il senso di marcia o che non hanno il giusto livello di motivazione e convinzione nel raggiungimento dell’obiettivo aziendale. Parlo qui di tutti i soggetti interessati: dirigenti, capi, dipendenti, proprietari, finanziatori.

L’obiettivo finale è il successo e la combinazione, strutturata, di questi 7 principi è l’unica modalità di intervento per il conseguimento di questo importante traguardo.

La tua storia aziendale, il tuo percorso dal cambiamento al successo potrebbe essere utile ad altri e uno spunto di analisi e confronto per altri lettori.
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