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Focus sul piano d’azione: dal problem solving all’obiettivo

Torniamo ciclicamente a parlare di piano d’azione perché si tratta di uno strumento molto utile da rinnovare ogni qualvolta cambiano i nostri obiettivi o ce ne poniamo di nuovi.
 
Il mercato è molto dinamico e mutevole, la vita in generale ci richiede una continua flessibilità, questo ci pone nella condizione di dover spesso ritoccare il nostro piano d’azione.
 
 

Dal problem solving al piano d’azione

Quando si parla di piano d’azione non si può prescindere da una competenza molto importante: il problem solving. Questo deriva semplicemente dal fatto che non esiste progetto che non presenti ostacoli o difficoltà da superare.
Il problem solving, in quest’ottica si pone come strumento necessario per garantire poi i successivi step del piano d’azione. Come si applica il problem solving? 
Come anticipato, si tratta di una vera e propria competenza da acquisire, con un percorso mirato e dettagliato.
 
Possiamo intanto anticipare qualche elemento affinché tu possa farti un’idea della sua applicazione.
Ecco gli step fondamentali.
  • Individua il problema. Una delle principali azioni da compiere quando si parla di problem solving è proprio chiedersi dove sia il problema. Se il problema non è così visibile, allora bisogna andare a cercarlo, ovvero bisogna chiedersi quali difficoltà possano intervenire durante la preparazione di un piano d’azione, bisogna fare una vera e propria mappatura dei possibili ostacoli;

 

  • Analizza il problema. Individuati gli ostacoli e i problemi, si passa agli step fondamentali per dirigersi verso la soluzione, ovvero l’analisi di tutte le componenti di quel problema e delle possibili conseguenze a breve, medio e lungo termine;

 

  • Elabora idee e soluzioni. L’analisi è uno step fondamentale perché scandagliando il problema si gettano le prime basi per nuove possibili idee e soluzioni.
 
Solo a questo punto, non prima, è possibile lavorare davvero a un piano d’azione partendo dunque da: la mappatura dei problemi, le azioni di problem solving da attivare per risolvere, le nuove idee da sviluppare per arrivare a una soluzione.
 
Nel piano d’azione è contenuto ogni step di questo processo, dalle fasi preliminari ai comportamenti da mettere in atto per svilupparlo e realizzarlo.
 
Un piano d’azione rappresenta una soluzione molto efficace quando si ha un obiettivo di progetto, perché ci consente di rivisitare gli step, cambiarli, rivalutarli alla luce di nuovi elementi non emersi in precedenza.
 
La metodicità del piano d’azione ci preserva dall’approssimazione e dall’errore conducendoci verso il successo del nostro progetto
 
Questi elementi sono fondamentali in azienda come nelle singole attività quotidiane, sono supportati da processi comunicativi applicati a sistemi organizzativi diversi a seconda del livello di complessità.
Un piano d’azione è funzionale a un obiettivo, quest’ultimo è indispensabile per  il successo di qualunque progetto si voglia portare a compimento.
Come si impara a lavorare sui propri obiettivi e a impostare un piano d’azione?
Nell’unico modo possibile: acquisendo strumenti e competenze.
Io posso aiutarti.
Cosa devi fare?
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lavoro - valori

Il futuro del lavoro: scopri quali valori coltivare

Oggi voglio parlare con te di lavoro.
Eh che novità!
Non di lavoro in generale, a dire il vero, ma di ambiente di lavoro, dove le persone esprimono se stesse attraverso le proprie competenze. 
Indubbiamente, senza ripercorrere ogni singolo avvenimento, negli ultimi anni il lavoro ha raggiunto un livello di flessibilità mai sperimentato prima d’ora.
Si può dire che le peculiarità di questa nuova “era” del lavoro siano proprio la flessibilità nelle attività e l’approccio ibrido.
Questi due elementi fanno sì che le persone possano lavorare nelle modalità più adatte per loro.
Questo nuovo scenario, in alcuni casi sempre più vicino alle esigenze di chi lavora, richiede alle aziende una presa di coscienza per affrontare, anzi abbracciare, questa veloce e importante trasformazione.
Diventa sempre più importante ed essenziale che le aziende perseguano e diffondano nuovi valori.
Sembrano così tante le novità in essere, e di fatto davvero lo sono, che anche la moltitudine di valori a cui ispirarsi rischia di raggiungere un numero elevato.
In realtà, l’importante è perseguire quelli giusti, che devono essere declinati in funzione delle nuove dinamiche del mondo del lavoro e delle esigenze dei professionisti.

I valori di un ambiente di lavoro ibrido e inclusivo

I nuovi ambienti di lavoro, come abbiamo visto, sono caratterizzati da una maggiore flessibilità, questo nuovo assetto richiede alle aziende di essere sempre più ibride e inclusive.
Nello specifico, l’inclusività è il risultato della creazione di pari condizioni di collaborazione, il che significa: uguaglianza per tutti i dipendenti  nelle possibilità di accesso e nella disponibilità di strumenti per poter lavorare in modo flessibile. 
L’altro aspetto fondamentale consiste nella creazione di un ambiente di lavoro –  sia esso fisico che virtuale – che possa ospitare queste nuove logiche.
Nello spazio virtuale ci sono ormai molteplici strumenti che consentono a colleghi distanti geograficamente di parlarsi, fare meeting, condividere esperienze.
Con lo stesso intento anche gli ambienti fisici si prestano a una flessibilità strutturale per far sì che le persone possano utilizzare lo spazio fisico dell’ufficio in modo diverso a seconda delle attività da svolgere. 
Assistiamo così alla costruzione di ambienti con pareti flessibili, removibili,  per creare spazi isolati o aprire tutto per i momenti di attività condivise.
In questa ottica di fluidità, collaborazione e inclusività diventano un binomio necessario che si alimenta da entrambe. 
 
Quando si parla di collaborazione e inclusività, nelle aziende come nella vita, la Comunicazione assume un ruolo di rilievo in ogni suo aspetto: dalla scelta delle parole alla valutazione dei contesti, dall’individuazione di un registro comune al linguaggio non verbale, espresso anche attraverso specifici segnali o soli movimenti del viso.
Io mi occupo di ognuno di questi aspetti da anni e ne ho visti di risultati!
Se anche tu vuoi incrementare i tuoi risultati devi cominciare ad arricchire il tuo bagaglio di ogni elemento utile.
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cambiamento-reazioni

Qual è il tuo rapporto con il cambiamento? Focus su atteggiamenti reazioni.

Il rapporto con il cambiamento, per quanto possa essere studiato, migliorato, perfezionato, conserva delle variabili quasi ataviche che ogni persona mette in atto in funzione delle proprie esperienze.
Si tratta di meccanismi per lo più spontanei, seppur consapevoli, nei momenti in cui si verifica un cambiamento importante.
Una situazione di cambiamento può avere luogo in qualunque ambito della vita, ma, mentre nella vita privata l’elaborazione è soggettiva e prevede un margine di gestione autonoma dell’esperienza di cambiamento, nelle organizzazioni le cose sono un po’ diverse.
Fino a qualche anno fa, quando il cambiamento era un processo meno frequente rispetto a oggi, una delle metafore più utilizzate per rappresentarlo era quella del ghiaccio: il blocco di ghiaccio (stato attuale delle cose) si scioglie (cambiamento) e si ricompone in un nuovo blocco di ghiaccio (consolidamento del nuovo stato).
♦️ Oggi il cambiamento attraversa a gran velocità la vita delle persone, la società, il lavoro.
Non sempre c’è il tempo di aspettare l’iter del ghiaccio.
Uscendo dalla metafora è tempo di parlare delle persone.
Che rapporto hanno con il cambiamento?
Gli antichi sostenevano che virtus in media stat, ovvero la soluzione più virtuosa è spesso nel mezzo, ma quando si ha a che fare con l’animo umano si registrano non di rado reazioni che tendono più verso estremità opposte, e quindi semplicemente reazioni negative che si contrappongono a reazioni positive.
Se le reazioni positivo si profilano incoraggianti e motivanti sul fronte delle reazioni negative bisogna andare più cauti perché si possono registrare molteplici emozioni di diversa intensità.
Devi sapere che nell’elenco delle paure più diffuse, quella del cambiamento si colloca nella top five!
Perché?
Perché ti chiede di abbandonare alcune certezze e di abbracciare il nuovo, che, in quanto tale, si profila incerto generando insicurezza e senso di perdita.
Se il senso di perdita può sembrarti già grave non hai ancora indagato a fondo, perché la paura della perdita può generare reazioni piuttosto complesse come l’immobilismo, la rabbia, la negazione, la rassegnazione.
Come si affronta tutto questo?
Facendo un lavoro serio, strutturato sistematico sulle persone.
Non si tratta di un’analisi psicologica, questa area di competenza lasciamola agli specialisti del settore, ma di fornire a professionisti – che sono prima ancora persone – strumenti per affrontare l’ignoto nella loro vita professionale.
Considerando che gli stati d’animo generati dalla vita professionale si ripercuotono in larga parte anche nella vita privata, vale davvero la pena fare una riflessione seria sul tipo di intervento da fare su se stessi.
E poi si agisce, concretamente.
Come?
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

cambiamento - ostacoli

Il cambiamento in azienda. Quali ostacoli?

Il cambiamento in azienda a volte è necessario, altre imprevedibile, altre ancora è mal gestito.
Gli ultimi due anni ci hanno insegnato che la capacità di adattamento al cambiamento può fare molto la differenza.
Tuttavia seppur il mondo fuori cambia, alcune situazioni interne alle organizzazioni possono generare problemi proprio per la loro resistenza al cambiamento fino a costituirne un vero e proprio ostacolo.
La situazione, per quanto complessa, ha una spiegazione semplice: si ha a che fare con delle persone e questo è di per sé un elemento di complessità.
Tanto per cominciare devo porti la domanda: come comunico un cambiamento in essere o previsto a breve?
Ormai dovresti aver capito che ogni interlocutore risponde a input diversi e un buon comunicatore non può tralasciare questo dato, pertanto è fondamentale che a prescindere dalle dimensioni dell’azienda si strutturi una modalità comunicativa ben tarata, altrimenti non sarà mai efficace.
Se il numero degli interlocutori è elevato si organizzano dei colloqui per dipartimenti, settori, sottogruppi, quello che vuoi, ma non tralasciare mai questo aspetto.
Per facilitarti il lavoro ti consiglio di partire da un aspetto la cultura aziendale.
In che modo si pensa in quell’organizzazione?
Quel è il mood predominante?
Qual è la modalità operativa che funge da comune denominatore di tutte le sue attività?
Il perché di queste domande è semplice: un cambiamento, anche se minimo, rompe un equilibrio, altera dei meccanismi, propone/impone nuovi modi di pensare.
L’abitudine genera certezza e dover cambiare abitudine non è facile soprattutto in età adulta.
Nuove pratiche e nuovi apprendimenti possono essere allo stesso tempo motivo di entusiasmo e rinnovamento per alcuni e motivo di sconforto per altri, quindi non è possibile applicare una modalità di introduzione del cambiamento standard e uguale tutte le volte, in tutte le situazioni.
La diversificazioni degli interventi pone una soluzione a tutto questo e mette le persone al centro di un processo che le riguarda da vicino e che avrà un impatto elevatissimo sul loro lavoro, ogni giorno.
Conoscere la cultura aziendale significa capire quanto le persone siano allineate con i valori aziendali e quanto siano flessibili e ben disposte con i possibili cambiamenti.
Non si tratta di indagare e interrogare ogni singolo collaboratore quanto piuttosto di rilevare informazioni sulle loro attitudini, preferenze, barriere personali che ostacolano la crescita professionale in un momento di transizione.
Tutto questo necessita di un processo strutturato.
Come si fa?
Parliamone!

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successo

Il successo…da dove arriva?

La parola successo richiama una serie di concetti, astratti e non, tutti volti a rappresentare un punto di arrivo, un risultato.
Indubbiamente se si immagina un punto di partenza in qualunque situazione, non si pensa subito al successo, ma ad un percorso da intraprendere per arrivarci.
Per alcuni è frutto del talento, per altri è strettamente legato ai soldi e al potere di influenza, ma se si vuole davvero comprendere cosa sia il successo, e soprattutto arrivarci, è necessario capire cosa va cambiato, quale comportamento va adottato.
Se vuoi arrivare al successo presumo che tu non ci sia ancora approdato. Non parlo di un successo assoluto, come persona nella vita, ma parlo del successo di un progetto, di un’attività, individuale o organizzativa.
♦️ Uno step è necessario definirlo: per condurre una situazione da uno stato attuale perfezionabile ad uno stato desiderato (il successo) devi introdurre un cambiamento. Questo cambiamento può riguardare la sostanza, la forma, la disposizioni, o anche solo la velocità di alcune cose, ma va introdotto nel modo più efficace e funzionale alle necessità di chi lo intraprende.
E già da qui potremmo parlare per ore.
Tanto per cominciare, se vuoi evitare un cataclisma immediato, non cambiare ciò che non conosci: intervieni solo su situazioni di cui conosci ogni dettaglio.
Osservare la situazione attuale ti fornisce un quadro di riferimento attendibile e una base da cui far partire le tue azioni future.
Se ad agire non sei da solo – e sicuramente non lo sei perché anche se non hai collaboratori, avrai comunque interlocutori d’altro tipo, dai clienti ai fornitori – un passaggio importante verso la strada per il tuo successo è ottenere il consenso delle persone coinvolte
Non si tratta di consegnare il proprio destino nella mani di altri, ma di capire che nel lavoro non sei da solo e devi fartene una ragione.
Alla fine di questa trafila non indifferente di azioni da compiere arriva il momento topico: devi programmare e impostare le attività da intraprendere, le iniziative da lanciare, i progetti da implementare.
Se ti hanno insegnato che impostato lo schema il gioco è fatto, fai un passo indietro e metti in discussione le tue convinzioni: non partono nuovi modi di agire se non si lavora sulla cultura sedimentata e condivisa delle persone coinvolte.
La chiave di questo passaggio è qui → se vuoi attuare un cambiamento per raggiungere il successo desiderato fai in modo che le persone vivano e respirino il cambiamento.
Comunicalo, raccontalo con un modo diverso di agire, smantella quello che non ha funzionato.
Quest’ultimo passo richiede tempo, energia e soprattutto sistematicità.
Comunicazione e formazione per un tale obiettivo possono stringere un’alleanza preziosa👌
Concetti, idee, motivazione.
E poi si agisce, concretamente.
Come?
Parliamone!

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la-collaborazione-nell-era-tecnologica

La collaborazione nell’era tecnologica: una preziosa skill per il cambiamento

Collaborazione nell’era tecnologica

Nel pieno dell’era tecnologica, la collaborazione spesso non riceve l’importanza che merita. 
Le persone sono abituate ad agire in piena autonomia potendo contare sull’ausilio di app e di tutorial per qualunque cosa.
 
L’intelligenza artificiale facilita la vita nelle piccole attività quotidiane, facendoci precipitare nello sconforto più totale se per qualche motivo – e di solito per poco più di qualche minuto – viene a mancare.
Nella vita privata e nelle organizzazione l’abilità richiesta nell’utilizzo di certi strumenti è così fondamentale da poter essere data addirittura per scontata.
L’abitudine di passare da uno strumento all’altro spesso genera una continuità tra le attività private e quelle di lavoro fino a qualche anno fa inimmaginabile, generando una serie infinita di possibilità: 
 
–  seguire un training dal proprio smartphone
– condividere le proprie conoscenze con colleghi e collaboratori da app di sharing aziendali
– misurare i proprio risultati di performance consultando  il proprio smartphone
– monitorare il tempo e l’energie dedicati a ogni singola attività.
 
L’elenco non si esaurisce qui, ma la domanda lecita emerge a gran velocità: dov’è l’apporto personale nelle attività sempre più facilitate dalle possibilità tecnologiche?
 
🔴  Qual è il valore aggiunto delle persone?
 
All’interno di questa abbondanza di fluidità spicca nel mare infinito di competenze la capacità di collaborare.

 

Il valore della collaborazione

 
Si potrebbe scrivere un trattato infinito sul valore della collaborazione, ma quello che mi interessa sottolineare è che il tocco magico dell’intervento umano si traduce nella capacità di generare significato, e quest’ultimo non può che essere il risultato di un passaggio e una condivisione strutturata e continuativa di conoscenze, dove ogni persona può trasferire il valore di quello che sa agli altri e apprendere a sua volta quello che sanno trasmettere. 
 
Il valore della collaborazione all’interno delle organizzazioni è cambiato così tanto nell’era tecnologica al punto da modificare la declinazione dei ruoli e delle responsabilità. Basti pensare al leader che non è più una figura autoritaria il cui valore va ricercato nella posizione gerarchica che occupa, quanto piuttosto nella sua capacità di facilitare il lavoro dei collaboratori trasferendo competenza, esperienza, attraverso soft skill specifiche quali l’empatia, la consapevolezza, la visione creativa.
 
Nella sua opera “La saggezza della follia”, James Surowiecki esalta la collaborazione come possibilità di raggiungere la vera conoscenza:
 
I gruppi possono essere intelligenti solo se esiste un equilibrio tra le informazioni condivise da tutti e quelle in possesso dei suoi singoli membri …”
Adesso vuoi saperne di più, come immaginavo!
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Come gestire la resistenza al cambiamento ( … to be continued)

Gestire la resistenza al cambiamento è fondamentale per proteggere business e relazioni.

Nel post della scorsa settimana ( Chi ostacola il cambiamento? Scoprilo con le 9 categorie di Egan) abbiamo già incontrato i primi 4 possibili atteggiamenti di risposta al cambiamento.

➡️  i soci

➡️  gli alleati

➡️  i compagni di viaggio

➡️  i compagni di dormitorio

Tutti soggetti che scelgono come reagire alle trasformazioni in corso e partecipano, con supporto o avversione. In funzione della fiducia che esprimono nei confronti dei promotori del cambiamento e della misura in cui credono in esso sposano o meno la causa. Possono promuovere il cambiamento e alimentare tutte le attività messe in atto per renderlo possibile e calzante con il contesto di riferimento.

Hai già individuato tra i tuoi collaboratori qualcuno dei soggetti studiati da Egan?
Hai saputo collocare ognuno di loro nella sua categoria di comportamento di appartenenza?

🔴 La tua capacità di riconoscere la posizione dei tuoi collaboratori è direttamente proporzionale alle tue possibilità di successo.

Hai già pensato a come supportare chi intende accogliere e alimentare le trasformazioni in atto?🧐Hai già strutturato un piano di informazione, formazione, azione per chi invece intende opporsi? 🧐

Apri bene gli occhi perché il pericolo è in agguato e i rischi per il tuo business sono elevatissimi 😱

Prima di spaventarti davvero, aspetta che ti presenti il secondo gruppo, le ultime 5 categorie analizzate e presentate da Egan.

➡️  gli indecisi: non prendono una posizione chiara
➡️  le mine vaganti: sono i più pericolosi perché tendono ad agire anche se non chiamati in causa. Le questioni su cui intervengono infatti il più delle volte non sono di loro diretto interesse, a volte non lo sono affatto, ma tendono a prendere una posizione per inclinazione personale o per sabotare iniziative.
➡️  gli oppositori: sono forse i più lucidi e corretti, non appoggiano il programma di cambiamento per motivi supportati da valide argomentazioni. Si oppongono al programma, ma non alle persone. Sono professionisti competenti che, pur non sostenendo il programma, proteggono le relazioni.
➡️  gli avversari: si buttano completamente nella causa. Si oppongono al programma, alla squadra che lo promuove e, se necessario, anche alla singola persona.
➡️  i senza voce: loro non agiscono. Rientrano in questa categoria soggetti sui quali il cambiamento avrà un grosso impatto, ma non hanno elementi o motivazioni per contrastarlo né per sostenerlo. Spesso, inoltre, non hanno nemmeno chi li rappresenta.Attenzione ora!
Non finisce qui: su ogni categoria infatti si interviene in modo diverso.
Nello specifico:

  • soci e alleati vanno tenuti vicini
  • gli oppositori vanno convertiti
  • gli avversari vanno gestiti.

E qui inizia il bello.
Per ogni gruppo di categorie va sviluppato un piano di comunicazione e di formazione dedicato, in modo da diversificare gli interventi e ottenere dai loro esiti il massimo risultato in termini di business e relazioni 💪

Vuoi saperne di più?
Chiaro!
Scrivi a info@matteomaserati.it

Chi ostacola il cambiamento? Scoprilo con le 9 categorie di Egan

C’è sempre chi ostacola il cambiamento. 

Gerard Egan, per facilitarti il compito, ha individuato 9 categorie di evidenti e meno evidenti oppositori. Era il lontanissimo 1994, ma se ci pensi il cambiamento è uno di quegli elementi che … non cambiano mai!

Non ci sono note aggiuntive sul cambiamento, è la costante dell’individuo nel cosmo, è l’unica certezza e forse l’unico elemento davvero prevedibile per quanto possa sembrare paradossale.


Ci sarà, ci sarà spesso, a volte sarà impercettibile, altre ti ribalta l’esistenza, ma avviene nell’attimo, in qualunque attimo della vita.
Filosofi, politici, poeti, artisti.
Tutti alle prese con questo strano fenomeno dell’universo.

Panta Rei per Eraclito, la nostalgia del tempo e delle stagioni per i poeti. Dura la vita degli artisti se pensi alle ora che Monet o Turner hanno dedicato allo studio del cambiamento dei paesaggi al variare della luce.
Per quanto alla natura ci si possa opporre ben poco, alle volte qualcuno ci prova comunque.
 

In altri ambiti però è più facile individuare gli oppositori al cambiamento, quelli che puntano i piedi, sollevano dubbi, remano contro a chi certe trasformazioni le vuole alimentare.

Gli oppositori al cambiamento, penso di poterlo dare per assodato, molto spesso sono delle reali minacce per la realizzazione di progetti e attività.

Ma chi sono questi oppositori?
Dove si nascondono?

Gerard Egan, docente di Filosofia e Psicologia, alla Loyola University di Chicago, ha condotto uno studio sulle persone coinvolte in un cambiamento individuando ben 9 categorie di possibili posizioni e atteggiamenti:

 
 
➡️  i soci: loro appoggiano il programma di cambiamento proposto.
 
 
➡️  gli alleati: sostengono le proposte avanzate dai singoli promotori del cambiamento.
 
 
➡️  i compagni di viaggio: ci troviamo qui di fronte a sostenitori passivi, indecisi, che manifestano la tenue volontà di appoggiare il programma ma non si pronunciano sui promotori, o sulla squadra. Quindi non aderiscono pienamente al programma.
 
 

➡️  i compagni di dormitorio: qui siamo nel regno dell’ambiguità. Sostengono il programma, ma non hanno piena fiducia nei promotori, o non li stimano personalmente o professionalmente. Manca qui la fiducia che consente una piena ed efficace adesione.

Alt. Pausa!
Ora individua la categoria dei tuoi collaboratori.
Ce n’è qualcuno nelle prime 4 categorie?

Le altre 5 ti aspettano al prossimo post!

Conosci la cultura della tua organizzazione?

Quanto conosci la cultura della tua organizzazione del tuo studio professionale o laboratorio?

Il dettaglio che ti chiedo non è cosa da niente e soprattutto è un passaggio fondamentale del processo che dal cambiamento ti porterà al successo.
Quello che ti chiedo di fare oggi e di analizzare punto per punto gli elementi che prenderemo in esame perché ti aiuteranno a capire alcuni aspetti della tua organizzazione, se non direttamente tua quella comunque di cui fai parte, che potresti aver pericolosamente sottovalutato.

Partiamo dall’inizio: che cosa si intende per cultura aziendale o organizzativa?
La cultura aziendale comprende 3 elementi imprescindibili:

  1. Le modalità d’azione, ovvero il modo in cui si fanno le cose
  2. Ciò che può essere ritenuto accettabile e ciò che non lo è
  3. Le norme che regolano il comportamento. Queste possono essere esplicite o sottintese.

Conoscere questi 3 aspetti è fondamentale per predisporsi al cambiamento e capire come attuarlo nel modo più costruttivo e proficuo possibile.

Sono certo che leggendo ciò che segue resterai basita/o per non aver mai pensato ad alcuni dettagli che hai tutti i giorni, e spesso tutto il giorno, sotto al naso, ma a cui non hai mai dato il giusto peso.

Ecco alcuni indicatori della cultura di un’organizzazione:

  • La tipologia di attività: all’interno dell’organizzazione si svolge un lavoro prevalentemente tecnico? Siamo in uno spazio creativo? Si svolgono attività intellettuali? Manuali?
  • La modalità in cui le attività si svolgono: cosa si fa nel concreto? Che tipo di turnazioni o orari si seguono? C’è una parte di dipendenti soggetta a frequenti trasferte? Ci sono sedi all’estero per cui può essere previsto il trasferimento dei dipendenti?
  • Qual è il dress code aziendale? Come si veste chi lavora in quell’ambiente? Vige un mood serioso e molto classico? Risultano fuori contesto colori molto accesi? È un ambiente informale e creativo? È richiesta la divisa?
  • Qual è l’atteggiamento prevalente? In altre parole si potrebbe tradurre: che aria tira? Si respira competitività, lassismo, tendenza alla delega? È un ambiente in generale collaborativo in cui vige la condivisione di obiettivi e di procedure?
  • Come sono distribuiti e disposti gli spazi interni: le postazioni sono in un open space? Le stanze sono piccole con 2 – 3 scrivanie al massimo?
  • Com’è l’edificio che ospita l’azienda? Parliamo di un palazzo d’epoca? Di un seminterrato adibito a spazio creativo? Di un appartamento in un condominio al centro città?

Ecco qualche spunto su cui lavorare, soffermati su ognuno e condividi in questo spazio blog o sul canale social le tue considerazioni.

Dopo aver riflettuto su questi aspetti rispondi a questa domanda: sono in grado di comunicare gli aspetti incisivi della mia cultura aziendale efficacemente e in breve tempo?

Sai bene di cosa parlo, chiarisciti le idee qui!

Il successo quasi mai è casuale: 7 principi per renderlo possibile

Nel precedente post, che ti invito a rileggere o leggere per la prima volta cliccando qui, ti ho anticipato i 7 principi validi e necessari affinché l’esito di un cambiamento sia il successo.

Il cambiamento il più delle volte è un fenomeno inevitabile e agisce ancor prima che chi ne è investito ne abbia consapelezza.

In generale per sua natura è dotato di una certa imprevedibilità, ma se contestualizzato nelle organizzazioni è bene che manager, imprenditori, professionisti, consulenti si facciano trovare pronti e ne studino la struttura in modo da poter agire tempestivamente e con competenza alle prime avvisaglie della sua manifestazione.

Riprendiamo i 7 principi chiave:

Vision condivisa
Conoscenza profonda e dettagliata dell’azienda
Allineamento culturale
Comunicazione
Aiuto di un esperto esterno se necessario
Una leadership significativa
La partecipazione e il consenso di tutti i soggetti interessati dal fenomeno in atto.

Vision condivisa
Tutti i componenti di un’organizzazione devono avere ben chiara la direzione verso la quale il cambiamento condurrà l’organizzazione. Non solo è importante che il cambiamento venga ben definito e che tutti ne comprendano il significato, ma è anche fondamentale che questo cambiamento abbia senso per tutti. Diversamente il successo costituirà un miraggio sempre più irraggiungibile.

Conoscenza profonda e dettagliata dell’azienda
Quali sono le caratteristiche principali dell’azienda? Qual è la sua storia? Quali sono gli aspetti su cui bisogna concentrarsi maggiormente? Quali è pericoloso sottovalutare? Queste domande devono costituire il vademecum durante la gestione di un cambiamento. Rispondere con criterio e capacità di analisi significa porre le basi per il successo.

Allineamento culturale
Se si vuole arrivare dritti al successo bisogna fare in modo che il cambiamento sia introdotto attraverso modalità simili a come vengono solitamente fatte le cose in azienda, tranne nel caso in cui il cambiamento investa proprio queste modalità.

Comunicazione
Qui potrei scrivere un manuale su come comunicare il cambiamento nel modo giusto e alle persone giuste. L’argomento è stato affrontato in questo post, clicca per approfondire!

Aiuto di un esperto
Per esser certi che la direzione intrapresa sia quella del successo è necessario verificare l’efficacia delle metodologie e degli strumenti utilizzati. Se nel corso di questo processo ci si rende conto di non avere a disposizione tutto il set di competenze necessario, bisogna ricorrere all’aiuto di un esperto esterno, sia esso concepito in termini consulenziali, di body rental, coaching, etc.

Leadership forte
Una leadership significativa, è alla base del processo di cambiamento finalizzato al successo. Deve infatti essere in grado di sostenere e traghettare tutti i componenti dell’organizzazione verso un nuovo stadio raggiungendo risultati di successo. Questa persona deve concentrarsi esclusivamente su questa missione , deve avere autorevolezza e un elevato livello di credibilità per poter guidare tutti.

Partecipazione/consenso di tutti i soggetti coinvolti
Il consenso è una conditio sine qua non. Non si può raggiungere un obiettivo di successo se ci sono risorse che stanno andando contro il senso di marcia o che non hanno il giusto livello di motivazione e convinzione nel raggiungimento dell’obiettivo aziendale. Parlo qui di tutti i soggetti interessati: dirigenti, capi, dipendenti, proprietari, finanziatori.

L’obiettivo finale è il successo e la combinazione, strutturata, di questi 7 principi è l’unica modalità di intervento per il conseguimento di questo importante traguardo.

La tua storia aziendale, il tuo percorso dal cambiamento al successo potrebbe essere utile ad altri e uno spunto di analisi e confronto per altri lettori.
Condividila nei commenti al post sul blog o sui social.

Per approfondire le mie tematiche il link lo conosci già… oppure no?
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