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La comunicazione non arriva? Colpa dei rumori!

Ciao!
Abbiamo visto come il processo comunicativo possa essere ricondotto al passaggio di un messaggio da un emittente a un destinatario.
Non è detto che il contenuto del messaggio debba consistere necessariamente in parole anzi, la maggior parte delle volte, non è affatto così. 
In questo passaggio apparentemente lineare di informazioni, l’emittente inserisce degli elementi di codifica affinché chi riceve il messaggio possa, per l’appunto, decodificarlo. 
 
Fin qui sembra tutto liscio e lineare…l’esatto contrario di quel che avviene solitamente in una comunicazione!
 
Quel che al livello teorico non fa una piega, in realtà non corrisponde a quello che si verifica nella maggior parte delle comunicazioni interpersonali
 
Perché?
Perché sono assediate dai rumori
 
 

I rumori nella Comunicazione

 
Insomma…cosa sono questi rumori?
Si definiscono rumori tutti quegli elementi che interferiscono in una comunicazione, frapponnendosi tra l’emittente e il ricevente.
Quanto sono d’intralcio i rumori in un flusso comunicativo
Dipende dalla frequenza e dall’intensità.
Possiamo intanto dire che, in generale, ostacolano la comprensione del messaggio.
 

Tipologie di rumori

I rumori possono essere di due tipologie principali: esterni ed interni.
 
I rumori esterni si possono facilmente immaginare: lavori in strada, passaggio di auto, voci di persone, musica assordante, trapano.
Quello che caratterizza e accomuna i rumori esterni è che sono al di fuori della responsabilità dell’emittente, nel senso che non dipendono direttamente da lui.
Attenzione però: anche se non dipendono dall’emittente è responsabilità di quest’ultimo far in modo che la comunicazione sia salvaguardata dalla possibilità che interferiscano rumori.
 
 
Rumori interni: a differenza di quanto si possa pensare, sono molto più frequenti e meno gestibili dei rumori esterni.
Si tratta infatti di tutta quella gamma di elementi che transitano nella sfera personale: pensieri, preoccupazioni, emozioni, ansie, aspettative.
Ogni singolo elemento citato può avere il potere di ostacolare un processo comunicativo.
Hai presente la scena muta all’esame?
I rumori interni dell’ansia dello studente non consentono alle parole di uscire.
 
Hai presente invece quando qualcuno ti sta parlando, ma tu hai una preoccupazione che ti sta attanagliando cuore e mente?
Quanto riesci ad ascoltare in una situazione simile?
Poco o nulla. 
 
Anche in questo caso, sebbene con maggiori difficoltà, è necessario far pulizia e mettere da parte, per quanto possibile, i rumori e rendersi disponibili ad un ascolto pieno ed empatico dell’interlocutore.
 
Facilissimo, no?
Per niente ahinoi!
Ma va fatto per una perfetta riuscita dei flussi comunicativi che possono avere importanti ricadute sul business ma anche sulla vita privata.
 
Cosa fare dunque?
Iniziare a fare un lavoro serio per raccoglierne presto i frutti!
Sono qui per questo!
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Comunicazione di progetto: relazione e miglioramento continuo.

All’interno delle comunicazioni di progetto agiscono due leve molto importanti: la persuasione (leggi l’articolo della scorsa settimana se lo hai perso) e l’obiettivo di miglioramento continuo.
Mentre la persuasione si basa sulla capacità di condizionare il comportamento degli altri, l‘obiettivo di miglioramento continuo punta alla capacità di agire senza pregiudizi nella costruzione della relazione all’interno del team di lavoro.
 

Il miglioramento continuo nella relazione con gli stakeholder

Affinché ci si possa porre un obiettivo di miglioramento continuo della propria relazione con gli stakeholder, è necessario compiere in primo luogo 2 azioni:
  • liberarsi dal pregiudizio
  • pianificare non dei singoli interventi comunicativi, ma dei veri e propri cicli che includano fasi di apertura, ascolto, interpretazione, analisi, chiusura e controllo dei risultati.
Alla luce di queste premesse, secondo l’Istituto Italiano di Project Management,  quello che rende davvero efficaci i cicli comunicativi all’interno delle comunicazioni di progetto è la capacità di generare:
♦️ la creazione: come nascono le idee?
♦️ la raccolta: come vengono organizzate?
♦️ la distribuzione: cosa va comunicato a chi?
♦️ l’archiviazione : come archiviare le informazioni?
♦️ il recupero: deve essere facile e veloce;
♦️ l’accessibilità: facile quanto il recupero;
♦️ la valorizzazione: come comunicare il valore?
… il tutto delle informazioni di progetto.
La continuità di questi cicli comunicativi pluridirezionali e interattivi rappresenta una misura di estrema efficacia per le comunicazioni di progetto.
Sulla base di questa logica le comunicazioni di progetto seguono un modello evolutivo che contempla 4 specifiche azioni: pianificare, fare, controllare, agire.
All’interno di questo modello l’assoluto protagonista è proprio il piano di Comunicazione
Data la sua importanza strategica per l’obiettivo di miglioramento continuo è fondamentale che il piano sia gestito esplicitando ogni dettaglio: requisiti, caratteristiche dei contenuti da trasmettere, metodi da implementare, tecnologie da utilizzare, destinatari, tipologie di reporting. 
Tutti questi aspetti sono fondamentali per il tuo business, ma non si possono improvvisare, è necessario seguire un percorso dedicato che ti apra le porte sul mondo della Comunicazione e le sue possibili declinazioni.
Cosa devi fare?
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Parlare in pubblico: perché è una competenza così richiesta.

Che parlare in pubblico sia una competenza ormai è una certezza che nessuno osa più mettere in dubbio.
Tuttavia per molti non è una professione e questo complica le cose quando –  sia come liberi professionisti, sia per un’azienda in cui si è dipendenti –  c’è bisogno di mettere in atto le competenze di public speaking.

Parlare in pubblico: una competenza nella storia

L’elenco dei grandi oratori della storia la dice lunga, quella di Cicerone è solo una delle immense voci che ha incantato il pubblico. Ma non si tratta solo di questo.
Chiariamoci: ascoltare un magnifico oratore è un’esperienza fantastica, ma questa dote diventa una competenza quando chi ascolta non si limita ad assimilare ciò che ascolta, ma inizia a modificare i propri comportamenti, non a caso alcuni grandi oratori nella storia hanno scritto la politica o il pensiero sociale del loro tempo.

Parlare in pubblico: una competenza trasversale

Parlare in pubblico non è la professione principale per molti.
Quanti public speaker di professione conosci?
Alcuni sicuramente, ma gli strumenti della comunicazione in pubblico servono a una vasta gamma di professionisti: tutti.
Questo significa che spesso il ruolo di speaker è assegnato a chi fa altro di lavoro, o meglio, è specializzato in una specifica competenza di cui deve insegnare i contenuti o quantomeno fare un buon lavoro di divulgazione.
Parlare in pubblico non richiede un vasto numero di ascoltatori, anche se ne hai uno, e magari è quello decisivo, stai già parlando in pubblico.
Questo spiega perché è la competenza numero 1 richiesta.
Devo passare alle maniere un po’ forti chiedendoti uno sforzo immaginativo: sai quanto danno può arrecare al tuo business o alla tua azienda una cattiva gestione e un uso incompetente della comunicazione?
Inizia a contare, c’è tempo per fermarsi.
Puoi permettere che accada?
Rispondo io per te: mai e poi mai no!
Sai qual è la seconda paura al mondo dopo quella di morire?
Volare mi dirai tu.
E invece no, lì si va più volentieri che su un palco a parlare di qualcosa.
Quante volte a un passo da una presentazione l’ansia ha iniziato a manifestarsi?
Quante volte dopo una presentazione ti sei reso conto che non sei stato abbastanza persuasivo con il tuo discorso o sei andato fuori focus?
Quante volte hai avuto la sensazione che tra quello che dicevi e chi ti ascoltava ci fosse un abisso?
Questi sono solo alcuni esempi di possibili scenari.
🎖️Una competenza è un’evoluzione, un affinamento, un arricchimento di un talento.
O semplicemente è il risultato di chi vuole apprendere strumenti fondamentali per lavorare o avere una vita più felice.
Come si fa ad acquisirla?
Sto lavorando per te!
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Perché la tua presentazione non funziona? Scoprilo prima del tuo pubblico.

La presentazione funziona se convince

Una presentazione ha successo se convince.

Affinché una presentazione possa definirsi persuasiva è necessario che spinga le persone a mettere in atto specifici comportamenti.

Siamo ben lontani, anni luce direi, da intenti manipolativi e cose di questo tipo!


Qui ci riferiamo nello specifico alla capacità, nonché competenza, di fornire le giuste argomentazioni a supporto del tuo discorso/presentazione in modo da orientare gli interlocutori verso un obiettivo che sia vantaggioso anche per loro.
Quando un professionista lavora ad una presentazione solitamente ha uno di questi 3 obiettivi:

➡️  convincere: sostenere la validità di un argomento, un servizio, un progetto.

➡️  informare: fornire elementi e approfondimenti a scopo conoscitivo.

➡️  fornire un report: presentare i risultati di un progetto, una gara, un lavoro con riferimenti numerici precisi ricavati tramite fonti autorevoli e dunque attendibili.

 

Perché fallisce la tua presentazione?


Tutto fantastico mi dirai, peccato però che molte volte, molte più di quanto si possa immaginare, qualunque sia l’obiettivo, la presentazione fallisce miseramente perché è strutturata male.

Ebbene sì, non ci sono motivazioni fantascientifiche, succede semplicemente che la presentazione sia fatta male!
Ti puoi permettere questo?
Se lo può permettere il tuo business?
Puoi esporti anche solo al minimo rischio che si verifichi una situazione di questo tipo?
No!
No!
No!Non conta quanto sia importante ciò che hai dire, non conta lo slancio motivazionale che metti a supporto del tuo impegno.
A volte non conta neppure la reputazione splendida di anni di carriera.

Se il tuo messaggio non arriva, il pubblico non recepisce, e di conseguenza non risponde, non agisce i comportamenti richiesti e tu hai lavorato invano.
Scrivi in ottimo italiano. Ok.
Accanto ai tecnicismi lasci spazio anche alle emozioni. Fantastico.
Quando ti ascolti ti fai l’applauso. Meraviglioso.Ecco la brutta notizia: il tuo interlocutore non sei tu e il tuo feedback è insufficiente.Inizia a riflettere sul modo in cui lavori alle tue presentazioni, individua tra i 3 obiettivi quello che prevale nelle tue attività.Preparati ad apprendere un metodo infallibile, perché dal prossimo post il tuo modo di strutturare le presentazioni farà un salto di qualità pazzesco.
Bene, vuoi saperne di più.
Ci sta!Scrivimi: info@matteomaserati.itE puoi dare un’occhiata qui!

I 5 step della critica costruttiva

5 step affinché una critica sia costruttiva?
Proprio così, non uno in meno!

La scorsa settimana abbiamo parlato delle 3 azioni da evitare assolutamente per far sì che una critica si riveli costruttiva senza sminuire le relazioni con gli altri o il business in corso.

Oggi vedremo cosa fare, imparerai lo step successivo a quello che ti ha permesso di evitare la catastrofe!

Intanto ti dico: corri a rileggere le 3 azioni da evitare!

In secondo luogo cerca ora di capire come comportarti se devi avanzare una critica verso qualcuno, rifletti e ripensa a come lo fai di solito o a come qualcuno lo ha fatto con te 🤔


Come ti sei sentita/o in entrambe le situazioni?
Dove ti ha portato il tipo di emozione che hai provato?L’errore grande, e spesso irreparabile, che si commette quando si deve fare una critica è quello di basarsi sulle emozioni e di conseguenza sulle posizioni. Ben poco ci si concentra, in quei momenti, sugli obiettivi 👎

🔴  Il primo presupposto affinché una critica sia costruttiva è che mentre la si agisce venga comunque riconosciuto il valore della persona a cui è rivolta e delle attività che svolge. Per quanto possa a volte risultare difficile è molto importante riconoscere il valore di quello che fa anche se è proprio questo l’oggetto della critica.Entriamo subito nel merito dei 5 step:1 ➡️  chiedere il permesso. Ebbene sì. Chi ti dice che quella persona abbia voglia in quel preciso momento di accogliere la tua critica? Ok sei il suo capo. Non conta. Chi ti dice che l’imposizione sia il miglior modo per avanzare le tue osservazioni? Chiedere il permesso è una formula che di fatto non richiede effettivamente un’autorizzazione, ma prepara l’altro ad accogliere un punto di vista, una proposta di miglioramento, un parere discordante. Chiedere il permesso significa preannunciare con rispetto che si ha qualcosa da dirgli per rendere migliore il risultato.

2 ➡️  essere concreti. Un fatto, un’azione, un momento. Ci vuole precisione. Una critica generica non presenta specifici punti su cui lavorare. Non ha senso attaccare l’intera persona o l’intero progetto. Individua i dettagli precisi su cui vuoi esprimere la tua critica.

3 ➡️  descrivere i propri sentimenti. E qui ti voglio. Cosa c’entrano i sentimenti? Uh c’entrano eccome, specie se si tratta di esprimere un dissenso. C’entrano perché se devi dire che qualcosa non ti piace o ti infastidisce è bene che in primo luogo tu descriva come quella cosa ti ha fatto sentire. Come l’hai accolta.

4 ➡️  dare suggerimenti. Parti qui con le proposte. Non ha senso demolire. Nel suggerire cosa e come cambiare stai già mettendo in risalto quello che non va, non hai bisogno di ingigantirlo solo per il gusto di far notare l’errore. Sii proattiva/o, vai con le possibili proposte e soluzioni.

5 ➡️  spiegare le ragioni dei suggerimenti. Ovviamente le proposte vanno supportate con argomentazioni valide e oggettive, in cui tutti possano intravedere dei vantaggi. Porta delle prove a sostegno delle tue proposte.

Bene, sembra semplice, ma ti accorgerai di quanto sia facile cadere nella tentazione della critica senza considerare questi passaggi.


Non devi farlo!
Questo è il vademecum di una comunicazione efficace che genera 2 risultati strepitosi: buone relazioni, buoni risultati nel tuo business.

Il valore della critica nella Comunicazione: le tre azioni da evitare.

La critica nella comunicazione è fondamentale, ma sono ben tre le azioni da evitare per non rischiare di rovinare tutto.
Partiamo da zero.

La critica è uno strumento importante e applicarlo nel modo corretto è l’unico modo per sfruttarne il potenziale e soprattutto i vantaggi.

La critica per sua natura, e per colpa del pregiudizio, gode di una connotazione negativa.

Nella nostra cultura in passato è andata spesso di pari passo con modalità educative come la punizione o il riconoscimento della colpa, generando sentimenti molto negativi come la frustrazione, il senso di colpa, il senso di fallimento.

Ma in questo l’etimologia aiuta e ci fa notare che la parola “critica” ha la stessa radice della parola “crisi”, che, come ben sappiamo, è vittima della stessa sorte.
 
Sulla parola crisi però qualche segnale di lume c’è stato e già da qualche anno qualcuno la avvicina al concetto di “nuovo inizio” o “opportunità”. 
Lo stesso deve valere per la critica ma il percorso è un po’ più in salita.

Il bambino che a scuola sbaglia che iter segue?
Spesso ancora oggi: il rimprovero (davanti a tutti), la punizione, l’umiliazione di dover intraprendere l’apprendimento dell’errore commesso in una modalità tanto deprimente.
I collaboratori possono sbagliare allo stesso modo.
E lì che succede?
Dipende dal capo, dal team leader, dal supervisore, che il destino ti ha assegnato.

Anche nel mondo adulto e professionale viaggiano aneddoti di interventi molto aggressivi e offensivi nei confronti dell’errore di un collaboratore. Senza arrivare all’estremismo del mobbing esistono realtà in cui la cultura del rimprovero governa tuttora indisturbata.
Come nella migliori tradizioni radicate nel tempo, anche in questo caso è facile azzardare una previsione delle conseguenze:
la critica è pesante, il collaboratore subisce un’offesa che sconfina inevitabilmente nel personale.
 

Nella migliore delle ipotesi si innesca un meccanismo di conflitto pericoloso per la salute mentale dei collaboratori e per il business, nel peggiore dei casi il livello motivazionale del collaboratore si abbassa al minimo storico, entra in un loop di crisi di competenza, qui neanche oso entrare nel merito della quantificazione del danno.

Disastro.


🔴  Una comunicazione efficace ha la funzione di migliorare le relazioni e, anche nel caso della critica, esistono almeno 5 azioni che si possono intraprendere per renderla positiva e costruttiva.
Prima di entrare nella parte bella della storia, è utile operare dei tagli ed eliminare una volta per tutte quelle iniziative, non chiamarle strategie, volte al rimprovero, alla derisione, all’accusa, che danneggiano la persona e il business, perché, in entrambi i casi, sarebbe un grave fallimento.Evita:

  • la casualità temporale. Anche il momento della critica va preparato e pianificato, perché c’è una precisa logica da seguire. Non ha senso intervenire subito, sulla base dell’emotività, solo per la fretta di incolpare. Aspetta il momento giusto che si traduce piuttosto nel “pianifica il momento opportuno”.
  • la presenza di altre persone: prima di stabilire che un feedback negativo, una critica, possano essere utili per tutti, è necessario valutare dopo un primo confronto con il diretto interessato. Una volta estrapolati i contenuti utili di una critica allora si può strutturare una condivisione costruttiva.
  • la generalizzazione. Le critiche non circoscritte, quelle che mettono in discussione non un singolo evento, non una specifica azione, non un momento isolato, ma l’intero operato della persona, o addirittura, la persona stessa.

 

Lavora su questo e smantella vecchi modi di ragionare e di operare 💪

Al prossimo contenuto ragioneremo su come impostare una critica in modo positivo, efficace, costruttivo con 5 specifici step!


Stay tuned!

Trasformare il talento in performance: come l’aspettativa genera realtà

Trasformare il talento in performance non è un valore aggiunto, un lusso che l’organizzazione si concede per fare il salto di qualità, ma è piuttosto la conditio sine qua non per lanciare il tuo business verso il successo.

Che tu sia un imprenditore, un team leader, un professionista, la scelta dei tuoi collaboratori ricadrà in primo luogo sui tuoi affari, perché dal loro lavoro dipendono anche i tuoi risultati, per non parlare della tua reputazione e presenza sul mercato.Un talento non è scienza infusa, ma un punto di partenza, la famosa pianta che se non viene annaffiata con regolarità, con la giusta esposizione alla luce e in funzione delle sue caratteristiche biologiche, muore.

Qui le funzioni biologiche ci interessano meno, qui parliamo di persone di cui bisogna prendere in considerazione:

  • Caratteristiche personali
  • Caratteristiche intellettuali
  • Ambizioni
  • Livello di professionalità e preparazione

Chi se ne deve occupare?
Tu.
E se deleghi?
Devi occuparti in primo luogo del delegato!

🔴  La tua azienda, il tuo team, il tuo progetto, fanno parte di quel bagaglio di cose a cui tieni, di cui hai la responsabilità sia in termini di protezione che di crescita.

Se non te ne occupi, se non ti occupi di chi se ne occupa, se sottovaluti e vai per approssimazione, la tua pianta muore e il suo mercato con essa.👎

🔴  L’obiettivo di oggi è focalizzarsi su come trasformare l’aspettativa di crescita di un collaboratore in realtà.

Domanda
Credi nei tuoi collaboratori?

Le persone che ogni giorno seguono un progetto per te godono pienamente della tua fiducia e della tua stima?Notizia: se non credi abbastanza in una persona ne limiti le potenzialità

È poco piacevole in ogni caso, ma se la persona lavora per te il danno è potenzialmente ingente.
9 volte su 10 le persone lavorano male perché non credono in se stesse.
🔴  Eh sì, perché pensi che dedichiamo ore e ore di formazione all’anno per la loro consapevolezza e motivazione passando per i loro valori?
I collaboratori più felici e più produttivi sono quelli che accanto a valide competenze tecniche ripongono un’importante fiducia in se stessi. 
Questa consapevolezza fa sì che siano perennemente all’altezza delle aspettative, il più delle volte le superano a dire il vero.

Tu hai un ruolo importante in questo processo,per questo è necessario credere nei propri collaboratori, a meno che non ci sia accorga di aver fatto una scelta sbagliata, ma questo è un discorso di altro tipo.🔴  Ciò in cui si crede conta molto, solo così l’aspettativa genera realtà, perché contempla un passaggio intermedio, la credenza. 

Se credi nelle capacità di una persona, stai pur certo che questa persona ne avverte l’importanza, la gratitudine, la soddisfazione e per prima vorrà trasformare la credenza in concretezza e realtà.

Scopri le 8 ambizioni motivanti per aumentare le performance dei tuoi collaboratori.

Le performance dei tuoi collaboratori condizionano inevitabilmente l’andamento del tuo business, in sostanza possiamo affermare che il tuo business è direttamente proporzionale alle performance delle risorse della tua azienda, a prescindere dalle dimensioni.

Prima di fare una drammatica previsione dei danni inestimabili che può causare un collaboratore che non lavora bene, partiamo da un altro presupposto: i tuoi collaboratori sono legati a te da un doppio filo.

Da una parte ciò che vi lega è sicuramente un filo di natura umana: sono le persone che hai scelto, che stimi, che per te hanno un valore umano a prescindere.

Dall’altra c’è un filo legato al tuo business: dal loro lavoro dipende il successo della tua azienda, i profitti.

🔴  Ogni imprenditore o manager sa bene che il livello di soddisfazione di un collaboratore è una variabile tanto preziosa quanto delicata.

A prescindere dallo specifico incarico assegnato, dalle mansioni di cui è responsabile, ogni individuo ha delle leve motivazionali assolutamente soggettive. 🧐

Dean Spitzer – una delle principali autorità mondiali in materia di misurazione delle prestazioni, gestione delle prestazioni e sistemi di motivazione organizzativa – ha individuato 8 ambizioni motivanti, che a seconda delle aspirazioni personali, costituiscono delle leve motivazionali estremamente potenti.

Vediamole:

  • Potere: in questa sfera risiedono le ambizioni legati al controllo, allo status e alla possibilità di fare carriera.
  • Riconoscimento: siamo nella sfera delle referenze esterne. Qui troviamo il bisogno di essere lodati o di essere guidati in caso di bisogno.
  • Competenza: le persone che fanno leva sulla competenza amano imparare dagli errori e sviluppare i propri punti di forza.
  • Significato: l’ambizione prevalente qui è quella di dare un contributo significativo al team avendo un ruolo centrale, traendo dal lavoro un senso di valore personale.

Vuoi conoscere le altre 4?

Appuntamento al prossimo post per avere l’elenco completo delle ambizioni motivanti.

Relazioni e produttività: come gestire questo binomio nel tuo business

Che relazioni e produttività negli ambienti professionali siano legati direi che ormai non c’è alcun dubbio.
Nel post sulle relazioni al lavoro abbiamo già condiviso una riflessione che ti consiglio di ripercorrere.
Che si tratti di attività svolte in presenza o in smart working ormai fa poca di differenza: è comunque necessario entrare in relazione con altri componenti del team, e per far sì che questo team sia produttivo è fondamentale che le relazioni siano ben gestite👍
Un ambiente di lavoro – fisico o virtuale – dove vige un’atmosfera poco serena è destinato a riscontrare delle falle nei risultati delle attività che possono gravemente compromettere il business.

Non te lo puoi permettere
Nessuno può.
Prima di entrare nel fantastico mondo delle cose che funzionano ti offro una veloce e sintetica panoramica di quello che accade quando le coso non funzionano, in questo caso quando non intercorrono buone relazioni tra colleghi di lavoro o tra un leader e il suo team.Ecco le aree principalmente danneggiate da relazioni mal gestite:Motivazione: in funzione del livello di malumore la motivazione subisce degli indebolimenti difficili da recuperare. Le persone investono meno nelle attività che svolgono, perché credono meno nel progetto. I motivi potrebbero essere molteplici: si sentono sottostimate, avvertono competizione, subiscono mobbing in casi estremi.Pianificazione: se c’è da gestire discordia e disaccordo la pianificazione delle attività rischia di saltare perché va dedicato del tempo alla gestione dei conflitti, all’appianamento delle divergenze, al contenimento dei danni causati dal fatto che i componenti del team non lavorano bene insieme. Ne bastano due per alterare gli equilibri di tutto il team.

Credibilità: quando i conflitti al lavoro sfuggono veramente di mano – e ahimè non è un caso così raro – il rischio più alto è che l’eco dei dissapori arrivi fino al cliente il quale percepisce l’assenza di solidità. In cosa si traduce? In mancanza di credibilità=perdita del cliente

Cosa hai visto fin qui?
Il buio.
La fine.


Ora illuminiamo il tunnel, perché agendo con competenza e visione si possono evitare il più possibile situazioni di questo tipo.
Ti dico subito come.🔴  Anche quando una relazione professionale prende una brutta piega l’impegno è quello di concentrarsi sugli aspetti positivi di quella persona e far leva su quelli.🔴  Riconosci i meriti degli altri. Fa bene a tutti, semplicemente. Una referenza su LinkedIn, un apprezzamento motivato, una segnalazione. Sono passaggi che hanno il potere di trasformare le relazioni professionali in qualcosa di veramente proficuo per il tuo business.

🔴  Costruisci le tue relazioni per gradi. Concentrati sui tuoi più prossimi partner professionali, nell’ordine:

  • Il tuo capo, il tuo team leader
  • Gli altri componenti del tuo team
  • Le persone su cui ricadono in modo diretto le tue attività, i clienti ad esempio.

Inizia ad applicare queste vere e proprie procedure e, trattandosi di rapporti umani in primo luogo, fai leva sullo strumento più importante: una comunicazione aperta

Sai che sei nel regno dello scibile sulla Comunicazione Efficace qui, hai a disposizione una Public Communication University, pensa un po’.

Direi di non perdere tempo, inizia subito a lavorare sulle tue modalità comunicative, prendi spunto da questi contenuti!