Stile di comunicazione passivo e mobbing: chi sono le vittime più facili?

Ho iniziato questo percorso di conoscenza degli stili relazionali partendo dalla volontà di capire il fenomeno del mobbing.

Sono partito dal presupposto che avere gli strumenti giusti avvicina le persone alla soluzione e sapere che stile relazionale utilizza chi ti trovi di fronte non è affatto una cosa da poco.

Partiamo dall’identikit del passivo.
Ti anticipo però che se non hai letto il post della settimana precedente ti perdi pezzi importanti, quindi corri su questo link e recupera il tempo perso!
Torniamo a noi.

Chi applica lo stile passivo?
Lo stile passivo è caratterizzato da una forte inclinazione ad evitare responsabilità e conflitti con l’interlocutore.
I comportamenti rintracciabili nello stile passivo sono:
– Non esporsi
– Non affermare la propria posizione subendo quella degli altri
– Non dichiarare i propri desideri né il proprio malcontento
– Non esprimere emozioni, soprattutto quelle negative
– Non intervenire nella conversazione per proporre una propria idea
– Non comunicare disaccordo quando le argomentazioni degli altri sono fortemente in antitesi con i propri valori
– Manifestare la tendenza a lamentarsi senza mai proporre soluzioni o alternative
– Evitare di prendere di petto i problemi e di proporre soluzioni

Lo stile passivo presenta degli elementi fortemente connotativi anche nella sfera della comunicazione non verbale e paraverbale, vediamone alcuni.

Quando si ha una maggiore tendenza verso lo stile passivo si manifestano i seguenti comportamenti:
– Non guardare negli occhi l’interlocutore
– Essere molto evasivo
– Avere un volume e un tono di voce basso e cantilenante
– Muoversi a scatti e con gesti nervosi
– Non si ha una buona fluidità verbale, compromessa da numerose pause ed esitazioni
– Si ha una gestione dello spazio tendente ad aumentare la distanza dall’interlocutore

Questo un rapido sguardo sullo stile passivo, tenendo sempre ben presente che per la schematizzazione degli stile è necessaria un’estremizzazione dei comportamenti in modo da rendere efficacemente le differenze tra le tre diverse tipologie.
L’obiettivo di chi tende a relazionarsi con uno stile passivo è sempre quello di evitare le discussioni.
Quante volte durante una riunione o anche un confronto tra amici ti è capitato di osservare che uno dei presenti non esprime il suo dissenso nei confronti di chi sta parlando ma tu sai perfettamente, magari perchè lo conosci bene, che non può essere assolutamente d’accordo con le proposte lanciate?

Anche nell’ambiente familiare, ad esempio, spesso un componente con una personalità più trainante riesce a concretizzare i propri desideri magari a scapito di quello che non ha il coraggio di dire nulla, ma abbassa la testa, dice di sì mentre gli trema la voce e non vede l’ora di uscire dalla stanza per andare a sfogare la sua rabbia altrove?
Il passivo si comporta come se i suoi bisogni fossero perennemente secondari rispetto a quelli degli altri.
Ebbene rimanendo sui due precedenti esempi, prova ora ad immaginare che le due persone che hanno subito i comportamenti di altri si trovino ora in un contesto totalmente diverso, con persone meno prepotenti e magari più inclini all’ascolto, vedrai che in un caso simile il “passivo” avrà l’opportunità di mostrare anche la sua area comportamentale non passiva!

Mi fermo ok, è tanta roba.
Sai cosa sto per dirti vero?
Che gli strumenti giusti ti salvano le giornate, il lavoro, la vita.
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