Come comunicare un licenziamento?

Esiste un modo per comunicare un licenziamento?
La risposta già la sai!
Partiamo subito da un presupposto: esiste un modo per comunicare qualunque cosa!

Voglio partire da un fatto, realmente accaduto, raccontatomi da una persona che ho seguito e che qualche mese fa ha voluto condividere con me le impressioni di una semplice conversazione che oggi mi ha autorizzato a postare su questo blog.

La conversazione di cui sopra riguarda un tema scottante, doloroso e spesso traumatico: un licenziamento. Nel caso specifico il suo.
Da tempo aveva percepito che la piccola azienda per cui lavorava come assistente della titolare, navigava in pessime acque: una piccola realtà, con un business ancora poco definito e perennemente dominato dell’incertezza.
Dopo essersi ritrovata a fare per mesi la spalla del pianto della sua titolare, che era solita esprimere i suoi stati emotivi in ufficio, l’assistente è stata licenziata.

Fin qui niente di nuovo all’orizzonte, mi dirai, ma il bello, per modo di dire, deve ancora venire.
Viene convocata 5 minuti prima della comunicazione e, dopo un breve preambolo, in cui la titolare espone tutte le sue preoccupazioni personali sulla sua azienda, queste sono le parole che escono dalla sua bocca:

Non voglio più avere la responsabilità di sostenere un’assistente, voglio vivere più leggera, e d’ora in poi quando il sabato sera mi metto a dormire anziché preoccuparmi di come pagherò il tuo stipendio, voglio preoccuparmi solo del panino che mangerò il giorno dopo sul lago di Bracciano

Testuali parole, e non stento a crederlo, nessuno dimenticherebbe una simile affermazione.

Non facciamoci prendere dalle emozioni però, qui non si chiede a nessuno di stabilire il torto o la ragione, qui si fa comunicazione ed è questa la prospettiva da cui analizzeremo questa vicenda.

Partiamo dall’assistente licenziata: era proprio necessario che si prestasse a fare la spalla su cui piangere in un contesto professionale?
Di certo no: in qualunque contesto professionale è possibile stabilire un confine tra le sfere di competenza. Questo non significa che dobbiamo diventare dei robot disumani, ma piuttosto che è possibile definire dei paletti pur restando disponibili e umani.

La titolare.
Dove poteva agire meglio da un punto di vista comunicativo?
Cominciamo:

  • Parlare di risultati, numeri, obiettivo, in questo caso rispettivamente non raggiunti, non sufficienti, mal definiti.
  • Escludere i suoi desideri personali evitando che la persona a cui stava comunicando un cambiamento, in negativo, importante, avesse di lei un’immagine legata a un panino nella totale spensieratezza. Ci vuole serietà e delicatezza, e soprattutto stile.
  • Tracciare un parallelo tra le competenze dell’assistente in questione e quelle richieste dall’azienda per spiegare al meglio le motivazioni del licenziamento e il motivo per cui professionalmente quella persona non era più adatta per quell’incarico.
  • Motivare la dipendente licenziare a cercare un’opportunità professionale più in linea con il suo profilo.
  • Far presente che le condizioni aziendali richiedevano un taglio importante dei costi senza ricorrere al panino sul lago di Bracciano.

Molti imprenditori, soprattutto quelli con poca esperienza, tendono a dimenticare che le persone non costituiscono solo una spesa, ma si chiamano risorse proprio perché l’azienda offre loro un percorso di identificazione con essa e nel momento in cui una collaborazione si interrompe entrambe le parti perdono qualcosa.

Ogni azione comunicativa deve tener conto del contesto, delle variabili emotive, dei dati reali.

Ecco perché non mi stancherò mai di dirti che non si improvvisano le cose, si studiano!
Fai un salto qui e capirai meglio di cosa sto parlando!

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