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La comunicazione dell’odio: la parola degli haters non è mai giusta

Il tema che più mi sta a cuore, come avrai sicuramente capito, è la comunicazione ad alto impatto, ma è bene sottolineare che se l’impatto risulta essere devastante allora non si è a un livello comunicativo evoluto ma basso, così basso che elevarlo a dignità di comunicazione è già troppo.

La comunicazione d’impatto è uno strumento efficace che consente la trasmissione di un messaggio nel minor tempo possibile.

Alla definizione “scientifica” di questa disciplina aggiungo una mia nota personale: comunicare significa aggiungere valore e mai come in questo periodo la comunicazione del valore crea la differenza, costituisce la vera evoluzione, la vera emancipazione dal periodo atipico che stiamo attraversando e che, non abbandono la speranza, deve trasformarci in persone migliori.

Non vale sempre purtroppo: alcune modalità comunicative sono la dimostrazione che non proprio tutti hanno colto l’opportunità di diventare persone migliori.

La manifestazione più grave di questa carenza è la comunicazione dell’odio, quella che imperversa su vari canali, non solo social, ma anche televisivi e che è la prova misera che neanche una situazione di tale gravità come il Covid19 abbia avuto il potere di mitigare gli animi.

Partiamo dal fatto, quale fatto? – ti stai subito chiedendo-
Il punto è questo: non c’è bisogno di un fatto particolare, eclatante, d’impatto, devastante, perché tutti i neo esperti, in qualunque settore poi, intervengano nelle conversazioni sui social… ed è subito bufera di haters.
Subito è un gran parlare e con che toni!
E soprattutto: con quale grado di affidabilità?
La Comunicazione ad alto impatto è strettamente legata all’affidabilità per questo non può contemplare modalità comunicative di tale portata.

Insulti, accuse, odio su odio, ma lo scopo di tutto questo qual è?
La comunicazione dell’odio che sto analizzando da tempo è il risultato delle congetture di tutti quei “pensatori” che fino a ieri si sono improvvisati virologi, capi di stato, giustizieri dei runner nei parchi. Ogni giorno non mancano manifestazioni di odio nei confronti di politici, personaggi che prendono decisioni in controtendenza o che semplicemente vivono diversamente da come qualcuno ritiene che si debba vivere.

La comunicazione non è questo, la comunicazione ad alto impatto meno che mai.

Dell’efficacia di chi coltiva odio non abbiamo bisogno, preferiamo piuttosto che si prenda tempo e rifletta su quello che sta per dire, quindi impariamo a distinguere.
La comunicazione è un processo che parte dal pensiero e se l’effetto è distruttivo vuol dire che il problema sta nel pensiero.
Il vero pericolo si verifica quando il pensiero è distorto, corrotto in termini di valore, e qui mi chiedo e ti chiedo: può davvero considerarsi un atto comunicativo efficace?
Se il pensiero è negativo e distruttivo quanto saranno valide le tue argomentazioni?
La storia ahimè ci insegna che il pensiero distruttivo ha mosso popoli, eretto dittature, condannato speranze di pace.
Il mio personale messaggio, che da anni studio i fenomeni comunicativi è questo: parti dall’analisi, vai in profondità, non fermarti alle cose più facili in cui credere.
Crea valore e con l’odio non puoi farlo.
Sfrutta gli strumenti della Comunicazione ad Alto impatto per fare la differenza, e falla in un’ottica evolutiva, migliorativa.
La comunicazione ad alto impatto è un processo elaborato e raffinato, non priviamola di questo aspetto nobile.

La riprova sociale di Robert Cialdini nelle dinamiche social

La riprova sociale è uno dei valori su cui principalmente si basano le dinamiche social e consiste nello scoprire cosa gli altri considerano giusto/cool/ adatto, per aderire a una sorta di consenso generale che genera approvazione, riconoscimento, appartenenza.

Sulla base di questo principio sono cresciuti in particolare alcuni canali social come Facebook e a seguire Instagram, contenitori di immagini e parole capaci di orientare il sentire comune al punto da influenzare alcuni processi decisionali.

Le novità introdotte da Instagram, e non ancora visibili da tutti, vanno a minare il potere di questo principio in quanto gli utenti non potranno vedere il numero dei like che il post seguito ha ricevuto stravolgendo totalmente quello che fino a oggi è stato un potente strumento di condizionamento del consenso.

Cosa pensano gli altri dell’influencer che seguo?
E l’influencer stesso da chi si fa guidare?

Decade così, o si indebolisce molto, in un giorno come tanti, l’applicazione del principio di riprova sociale su Instagram, il social che per eccellenza ha fornito terreno fertile a tutti coloro che desideravano lanciare tendenze, nuovi mood, community. Lo faranno ancora, ma verranno valutati secondo la coscienza dei singoli.

Instagram si svincola dalla rete dei condizionamenti e inaugura un nuovo modello conversazionale one to one in cui l’operato di altri si affievolisce sempre di più.

In attesa di conoscere tutti i dettagli delle Armi della Persuasione di Cialdini è bene che tu abbia un’idea mooooolto chiara di cosa significhi comunicare in funzione degli ambienti e delle situazioni.

La scorsa settimana ti ho anticipato gli importanti cambiamenti che investiranno il regno di Instagram ( se hai perso l’articolo devi assolutamente correre a leggerlo qui) modificando in maniera sostanziale il ruolo dei follower nella costruzione della brand reputation degli influencer.

Ho avuto così modo di anticiparti uno dei più importanti elaborati di Robert Cialdini “Le armi della Persuasione” all’interno del quale è riportata una della tematiche centrali sulle quali è costruito gran parte del motore dei social network: la riprova sociale.

Partiamo dall’inizio.
Robert Cialdini è uno psicologo particolarmente interessato allo studio del processo di Persuasione.

Dopo aver maturato una lunga esperienza nel mondo della vendita, mettendo se stesso per primo al centro di uno studio, ha eleborato un modello secondo il quale è possibile raggruppare tutte le tecniche persuasive in 6 categorie di partenza:

  • Reciprocità
  • Impegno e Coerenza
  • Riprova sociale
  • Simpatia e bellezza
  • Autorità
  • Scarsità

A questa si aggiunge anche il principio del contrasto anche se negli ultimi anni è stato messo in un piano secondario rispetto ai precedenti .

Nelle prossime occasioni andremo ad analizzare le 5 categorie restanti, perché oggi voglio parlarti della terza: la riprova sociale.

Ti aspetto qui!

2 ORE … ed è il panico! I rischi della comunicazione social!

Dopo il blackout di Whatsapp e Instagram ho fatto un esperimento o meglio un’indagine… Leggi bene cosa ho fatto.

Da anni ormai siamo abituati a misurarci con un modello comunicativo dettato dalle dinamiche del mondo dei social, al punto che, quando questo mondo presenta segnali di cedimento, molti perdono la bussola…e questo non va bene.

La comunicazione nasce ben prima dei social e dei nuovi modi di parlare che questi hanno introdotto, eppure domenica, le due ore di buio di facebook e whatsapp hanno generato un tale caos che molti anziché alzare il telefono (che funzionava benissimo) e chiamare la persona con cui avrebbero dovuto comunicare via whatsapp, hanno preferito lanciare dei veri SOS nei social che ancora funzionavano (assaltando twitter nello specifico!).

Come sai il mondo della comunicazione offre sempre spunti di riflessione, ma in questo caso ha proprio sollecitato in me un desiderio di “indagine” perché sono rimasto stupito di come le persone siano entrate in affanno perché 2 tra i principali canali social del momento si sono presi una pausa di qualche ora.

La maggior parte di quelli con cui ho parlato (12 su 20), non ha pensato di sopperire al mal funzionamento di whatsapp con una telefonata o con un sms tradizionale, ma ha pensato di andare su facebook per verificare se qualcuno aveva lanciato l’allarme e se erano presenti comunicazioni in merito! Non sono riusciti ad accedere e chi ha un account twitter si è sfogato lì.

Andiamo a quelli che hanno scoperto prima il mal funzionamento di facebook e instagram: qui il panico vero.
Ho udito espressioni del tipo “ero fuori dal mondo”, “in isolamento”, “non ero aggiornato sui fatti del mondo e quando ho scoperto di whatsapp non sapevo a chi e come dirlo!”.

Ok
Calma
Respira

Stiamo scherzando?

Come è possibile che l’acquisizione di nuovi comportamenti comunicativi possa indebolire così tanto la capacità di cercare soluzioni comunicative alternative?
Noi non possiamo non comunicare: è il primo assioma!
E allora, come è potuto succedere che un numero esagerato di persone ha pensato di non poterlo fare, di non raggiungere i destinatari desiderati, o, ancora peggio, ma molto peggio, di non poter accedere all’informazione?

Urge la necessità di fissare alcuni punti:

  • Viviamo in un’epoca in cui ci è offerta l’opportunità di accedere a un numero elevatissimo di canali di comunicazione, non mi riferisco all’opportunità di chiedere aiuto su twitter, ma alla capacità di avere sempre un piano B per reperire le persone più importanti da contattare.
  • Non è cosa buona utilizzare i social come veicolo di informazioni sui fatti di cronaca, di politica e sulle notizie in generale: i social sono l’habitat della fake news e molte testate giornalistiche hanno preso l’abitudine di fare dei lanci piuttosto sbilanciati rispetto al contenuto della notizia, solo per racimolare like.
  • Cerca sempre di arrivare alla notizia e gira intorno alle chiacchiere: quando i social sono tornati a funzionare le homepage erano piene di lamentele, il numero delle condivisioni di articoli che spiegassero la natura tecnica del problema era prossimo allo zero.

Comunicare è inevitabile, farlo efficacemente è una competenza che va assolutamente sviluppata, allenata, divulgata!

Sai già come fare?
Io ti suggerisco di fare un salto qui!