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Come porre rimedio a un errore al lavoro?

Al lavoro si commettono errori, questo capita a tutti, senza eccezioni.
L’errore al lavoro è previsto, anche se le conseguenze possono essere gravi.
Nessuno infatti si aspetta la perfezione dagli altri.
Quello che veramente ci si aspetta, invece, sono le buone intenzioni post errore.

Comunicare le scuse

Le scuse. Da qui si deve partire. 
Scusarsi è importante, non solo per un semplice motivo di buona educazione, ma perché le scuse rientrano in una Comunicazione sana tra le persone. 
Questo vale sempre, ma oggi ci concentreremo sull’ambito professionale.
Scusarsi al lavoro per un errore professionale  è importante, perché trasmettiamo ai colleghi o ai capi la sincerità delle nostre intenzioni.
Questo è fondamentale per proteggere e costruire sane relazioni
Tuttavia chiedere scusa non è facile e richiede notevoli capacità comunicative.
 
 

Costruire fiducia e relazioni

Anche il lavoro più solitario del mondo, prima o poi ti mette in contatto con delle persone. Quando ci sono di mezzo persone che condividono attività, progetti e tempo, è importante che ci sia una forte consapevolezza e osservanza dei valori del rispetto e della fiducia. 
Quest’ultima, che è già indice di rispetto, è indispensabile per la costruzione di qualunque tipo di relazione.
 
 
Gli errori commessi al lavoro, nella maggior parte dei casi, ricadono su altre persone, questo rende necessarie non solo le scuse, ma anche delle azioni volte a dimostrare le buone intenzioni e l’impegno alla soluzione del problema generato.
 
 
Gli errori non devono frenarti!
Se ti concentri nel chiedere scusa in modo professionale, possono anzi spingerti a crescere. Chiedere scusa al lavoro è fondamentale per aiutarti a costruire, o a riparare, relazioni forti e di fiducia, mostrando ai colleghi che vale la pena lavorare per la soluzione.
 
Attenzione però: cosa significa chiedere scusa in modo professionale? 
Alcuni psicologi se lo sono chiesto ed hanno individuato delle formule molto efficaci.
 
Ne parliamo al prossimo articolo, ma intanto, se vuoi approfondire, inizia a valutare un lavoro sulle tue abilità comunicative in ambito professionale.
Come? dove?
Lo sai👇
4-5-6 novembre 2022
dire - no - a - lavoro

Il lavoro non ti dà tregua? Impara a dire NO!

Quando il lavoro non ti dà tregua puoi valutare diverse vie d’uscita, ma, ti posso già anticipare, la più efficace consiste nell’imparare a dire NO!
 
Non si tratta di adottare atteggiamenti di chiusura o di evitamento, ma di imparare a comunicare, in modo assertivo e costruttivo, i propri limiti rispetto alla disponibilità, o alla possibilità, di prendere parte a un’attività.

 

Comunicare il NO

Quando si lavora tutto sembra urgente e ognuno rivendica le priorità dei propri compiti rispetto a quegli degli altri.
Questo atteggiamento a lungo andare può rivelarsi deleterio per chi accetta qualunque richiesta e non è in grado di dire NO!
 
 
Allora è importante superare questo ostacolo e imparare a pronunciare la sillaba magica, con i dovuti modi però, perché il non verbale e il para verbale incidono più dei contenuti.
 
Dire NO è difficile perché il NO è spesso associato al rifiuto, alla mancanza di volontà, alla negazione.
Allora cosa fare quando sei già sommerso di lavoro e continuano ad arrivare richieste incessantemente?
 
Devi essere preparato a livello di Comunicazione.
Una buona strategia può essere avere un prontuario di risposte da utilizzare all’occorrenza.
 
Immagina quindi di essere pienamente focalizzato su un’attività impegnativa, con un’agenda stracarica per le prossime ore, se non giornate, e arriva l’ennesima richiesta.

Esempi di frasi per tuoi NO assertivi

Bene, non sei più da solo.
Hai uno strumento potente dalla tua parte: le parole.
Eccone alcune –  parole e frasi – da utilizzare per i tuoi No assertivi e costruttivi!
 

Vorrei poterlo fare, ma oggi sono sommerso di lavoro.

Mi dispiace, ma sono oberato di lavoro e non posso in questo momento.

Non sto accettando nuovi progetti al momento.

Grazie per aver pensato a me, ma non posso.

No, grazie. Sono molto occupato.

Purtroppo non è il momento giusto.

Mi dispiace, ma non questa volta.

Sembra allettante, ma dovrò rinunciare.

Ho troppe cose da fare in questo momento.

Vorrei poterlo fare, ma non è il momento giusto.

Se solo potessi, ma non ho abbastanza tempo per aggiungere altro al mio piatto.

Mi piacerebbe, ma non posso.

Non ho intenzione di occuparmi di altro in questo momento.

In altre circostanze mi piacerebbe, ma in questo momento non posso.

Sembra una grande opportunità, ma dovrò rifiutare.

Hai visto che elencone?
 
Tienile da parte per quando le circostanze lo richiederanno e soprattutto valuta bene quale scegliere in quelle circostanze.
 
 
Questo come sai non arriva dal nulla, ma va studiato, praticato, preparato.
Come? Dove?
Lo sai👇
4-5-6 Novembre 2022
stile_relazionale_aggressivo

Come riconoscere un interlocutore aggressivo? Identikit di uno stile relazionale.

Un interlocutore aggressivo rappresenta un serio ostacolo alla comunicazione, che si tratti di uno scambio a due o all’interno di un contesto più ampio 😥
Lo stile aggressivo non è difficile da riconoscere, l’unico limite è che spesso può essere interpretato come l’espressione di uno specifico stato d’animo o momento emotivo, quando invece è un vero e proprio modo di porsi.
Nessuna persona al mondo ha un solo stile relazionale, ma possiamo sicuramente affermare che ne ha uno preferito o a cui è più incline.
Gli elementi da considerare sono molteplici: il carattere, le circostanze, l’atteggiamento degli altri interlocutori.
Partiamo dunque da un chiaro identikit dello stile aggressivo per far sì che al bisogno tu riesca immediatamente a renderti conto con chi hai a che fare, o quanto meno quale sia lo stile relazionale prevalente del tuo interlocutore.
Lo stile aggressivo è caratterizzato dalla spiccata tendenza ad esercitare la propria influenza sugli altri, cercando di prevalere senza tenere conto dei loro spazi.
I comportamenti più frequenti rintracciabili nello stile aggressivo sono:· Non dedicare spazio e attenzione alle argomentazioni altrui, sminuendole o criticandole, spesso non ascoltandole.
· Evidenziare gli errori degli altri.
· Attribuire ad altri le responsabilità di un errore senza riconoscere le proprie
· Monopolizzare la conversazione senza interpellare né ascoltare gli altri.
Interrompere gli altri interlocutori.
· Giudicare.

Diamo un’occhiata anche alla sfera del non verbale e  del paraverbale:

· Assumere una gestualità aggressiva (puntare il dito, indicare).
· Tendere a guardare fisso negli occhi l’interlocutore.
· Esprimersi con un tono di voce forte e pungente.
· Avere una fluidità linguistica che impedisce agli altri di entrare nella conversazione.
· Avere una forte tendenza all’avvicinamento nel controllo della prossimità spaziale.
· In termini di controllo del tempo tendere spesso ad invadere gli spazi degli altri.

L’approfondimento dello stile relazionale è il primo grande passo verso una comunicazione efficace.

A partire dall’analisi del tuo!

Come partire?
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

equilibrio_vita_lavoro

Equilibrio vita – lavoro: come hai costruito il tuo?

La costruzione di un equilibrio tra vita e lavoro è da sempre oggetto di confronto e nuove riflessioni.
I cambiamenti degli ultimi 2 anni, di cui possiamo già misurare gli effetti anche sul piano sociale, hanno aperto un mondo di nuove considerazioni su quel gap difficile da sanare tra gli spazi privati e la vita professionale.
Fino a qualche tempo fa i soli in grado di poter gestire il proprio tempo di lavoro erano i liberi professionisti che hanno l’opportunità decidere come organizzare il proprio tempo in autonomia scegliendo come distribuire lavoro e spazi privati indipendentemente da altri.
Ancora oggi molte professioni non consentono una gestione autonoma del tempo, questo ha inevitabilmente delle ripercussioni anche sulla vita privata soprattutto dove le ore di lavoro prevalgono fortemente su quelle della vita privata.
In molte culture, sia occidentali che orientali, la gestione delle ore di lavoro è stata oggetto di indagine e nuove valutazioni, soprattutto da quando si è iniziato a osservare che gli effetti negativi del troppo lavoro possono seriamente peggiorare la vita delle persone in termini di stabilità emotiva ed equilibri famigliari.
Non sono rari i casi in cui in una conversazione tra manager si faccia la gara tra chi ha lavorato di più, ha terminato a notte fonda o ha lavorato per tutta la notte.
Non è raro che un professionista riversi sul lavoro i propri desideri e ambizioni conducendo se stesso all’esaurimento a causa di un mancato equilibrio tra vita e lavoro.
Non si tratta solo di capacità di gestione del tempo, infatti, ma di priorità, quest’ultime a loro volta sono legate ai valori della persona.
Mi dirai: che male c’è se una persona decide di dedicare la maggior parte del proprio tempo al lavoro perché è la cosa più importante nella sua scala di valori?
Non c’è nulla di sbagliato sulla carta, ognuno è libero di decidere come distribuire le attività nel proprio tempo.
Quello che però è importane tener presente è che non siamo biologicamente predisposti per stare 12 ore al pc, o per caricare pesi sulla schiena ininterrottamente durante la giornata.
Ti potrei fare molti altri esempi di questo tipo ma quello che davvero è importante capire è che non siamo predisposti ad alienarci per il lavoro, a non avere altro che una sola cosa nella vita, senza poter esprimere la nostra personalità altrove.
Per questo è importante fare un analisi dell’equilibrio vita lavoro presente nella propria vita e capire dove si può intervenire in funzione delle proprie opportunità di autonomia nella gestione del tempo.
Attenzione!
Non ho detto che sia facile e che tu debba farlo da sola/o.
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

Scopri le 8 ambizioni motivanti per aumentare le performance dei tuoi collaboratori.

Le performance dei tuoi collaboratori condizionano inevitabilmente l’andamento del tuo business, in sostanza possiamo affermare che il tuo business è direttamente proporzionale alle performance delle risorse della tua azienda, a prescindere dalle dimensioni.

Prima di fare una drammatica previsione dei danni inestimabili che può causare un collaboratore che non lavora bene, partiamo da un altro presupposto: i tuoi collaboratori sono legati a te da un doppio filo.

Da una parte ciò che vi lega è sicuramente un filo di natura umana: sono le persone che hai scelto, che stimi, che per te hanno un valore umano a prescindere.

Dall’altra c’è un filo legato al tuo business: dal loro lavoro dipende il successo della tua azienda, i profitti.

🔴  Ogni imprenditore o manager sa bene che il livello di soddisfazione di un collaboratore è una variabile tanto preziosa quanto delicata.

A prescindere dallo specifico incarico assegnato, dalle mansioni di cui è responsabile, ogni individuo ha delle leve motivazionali assolutamente soggettive. 🧐

Dean Spitzer – una delle principali autorità mondiali in materia di misurazione delle prestazioni, gestione delle prestazioni e sistemi di motivazione organizzativa – ha individuato 8 ambizioni motivanti, che a seconda delle aspirazioni personali, costituiscono delle leve motivazionali estremamente potenti.

Vediamole:

  • Potere: in questa sfera risiedono le ambizioni legati al controllo, allo status e alla possibilità di fare carriera.
  • Riconoscimento: siamo nella sfera delle referenze esterne. Qui troviamo il bisogno di essere lodati o di essere guidati in caso di bisogno.
  • Competenza: le persone che fanno leva sulla competenza amano imparare dagli errori e sviluppare i propri punti di forza.
  • Significato: l’ambizione prevalente qui è quella di dare un contributo significativo al team avendo un ruolo centrale, traendo dal lavoro un senso di valore personale.

Vuoi conoscere le altre 4?

Appuntamento al prossimo post per avere l’elenco completo delle ambizioni motivanti.

Cosa rende un professionista virtuoso ? … Una bella litigata con mia madre!

“… E… ma quello è un lavoro prestigioso …”
Così è iniziata la litigata con mia madre.Da sapere :
Mia madre si è fatta da sola (self made woman)
Mia nonna, la madre di mia madre, fin da quando ero piccolo mi ha sempre detto “studia così fai un lavoro di prestigio… come lavorare in banca o il prete”.
A 19 anni ero fuori di casa.
A 20 consegnavo volantini in strada.Ora puoi leggere:È finita l’era in cui “Il lavoro nobilita l’uomo”.
Molte persone pensavano, ed alcune lo pensano ancora, che sia il lavoro a nobilitare l’uomo.
La verità è che siamo nell’epoca in cui è l’uomo a rendere nobile un lavoro.

(NB. “Il lavoro nobilita l’uomo” è una delle frasi più celebri dell’antichità, tanto che molti ne attribuiscono la paternità – non è certo però che sia così – nientemeno che a Charles Darwin).

Come ben ci insegna il mondo della parola e ogni studio sulle tematiche di Comunicazione, molto spesso i proverbi sono strettamente legati ai contesti in cui si verificano determinate situazioni o semplicemente all’epoca storica.

Ciò che può aver avuto un immenso valore in un determinato periodo, può averlo perso in un altro. Ciò che rende virtuoso l’agire umano può avere accezioni di significato diverse in funzione dei valori vigenti nel tempo e nel luogo in cui si verificano i suoi comportamenti.La vita di moltissimi individui è scandita da un timing professionale, in cui si diventa più o meno importanti – più o meno fighi – a seconda o del tipo di lavoro o del tipo di livello di carriera ottenuto.😕

Da sapere :
Credo che mia mamma lo pensi ancora

Il valore del lavoro in questo modo sale in proporzione al riconoscimento del proprio ruolo professionale, che arriva a sovrapporsi alla perfezione al ruolo sociale.
Sei un figo se fai un lavoro figo.

Ok.

Qual è un lavoro figo?
O, per essere più formali, quali sono le caratteristiche affinché un impiego possa definirsi prestigioso o meno?

È più prestigioso avere un impiego da operatore ecologico o dirigere un’azienda?

Eccoti qua, sei giunto alla domanda provocatoria, la cui risposta rischia di sembrare ovvia e invece ovvia non è.

Perché?

🔴 Perché il mondo è cambiato e oggi non è più cosa fai a renderti un professionista virtuoso, ma come lo fai, il livello di responsabilità che investi in ogni decisione presa, il senso di rispetto che preserva gli altri, quelli che dovranno subire le conseguenze delle tue azioni. 🔝

Ho conosciuto persone che svolgevano lavori riconosciuti socialmente come di gran prestigio così accecate dal loro ruolo e dall’ansia del risultato che avevano davvero perso il senso della dignità del lavoro.

Così come ho conosciuto persone alle prese con lavori ufficialmente più umili essere serene rispetto all’aver agito in una modalità che rendesse più facile, più sicura, più serena, anche per poco, la vita di qualcun altro.
Ci sono professionisti con carriere impeccabili a livello di curriculum che vengono smontate nel tempo di un’indagine a seguito della quale magari si viene anche radiati.Bisogna uscire dallo schematismo tradizionale che vuole ancora che ci siano lavori di prestigio e lavori umili.
Ci sono senz’altro lavori più vicini alle proprie inclinazioni, persone più fortunate di altre, persone che si impegnano più di altre per avere ciò che meritano, persone che non riescono nonostante il loro impegno.
Il puzzle ha una composizione molto variegata e l’attuale mercato ci permette di ribaltare il proverbio.

È l’uomo che nobilita il lavoro e che meriterebbe di guadagnare in modo direttamente proporzionale al livello di responsabilità che mette in quel che fa. E se consideriamo meglio il livello di responsabilità di un lavoro, allora quanto più alta sarà la responsabilità, tanto più alto dovrebbe essere il guadagno, o quanto meno il riconoscimento sociale.

Un esempio per tutti ?L’insegnante.
E qui mi taccio.