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Se è vero che un gesto vale più di mille parole…occhio a come ti muovi!

Ti sei mai chiesto quanti gesti metti in atto durante le tue giornate? Impossibile contarli effettivamente, perché la maggior parte di essi sono involontari e automatici.
La scorsa settimana ti ho parlato del grande Albert e del suo ruolo nello studio della comunicazione non verbale, oggi voglio soffermarmi sulla gestualità e anche in questo caso dirti due parole su chi si è occupato di questo ramo del linguaggio del corpo.

Negli anni ’50, un antropologo americano, Ray Birdwhistell, si dedicò allo studio della mimetica e della gestualità definendo “cinesica” la comunicazione veicolata da questi due elementi.
Cinesica, dal greco, kinesis=movimento.
Anche lo zoologo Desmond Morris si dedicò allo studio dei segnali non verbali e definì il gesto come “qualunque azione capace di inviare un segnale visivo ad un osservatore (…) e di comunicargli una qualsiasi informazione”.
Ti riassumo quello che ha dedotto dai suoi studi e dalle sue osservazioni.

La comunicazione gestuale può essere:
· Volontaria: i gesti accompagnano il messaggio veicolato dalle parole in maniera consapevole, coerente e appropriata;
· Involontaria: nella maggior parte dei casi i gesti sono involontari e non controllati e ci si pente di averli messi in atto;

Nel 1970 due studiosi della University of California, Paul Ekman e Wallace Friensen ripresero il modello della cinesica e lo rielaborarono, articolando al cinesica in 5 aree:
1. Gesti illustratori: vengono messi in atto per rafforzare il discorso, l’obiettivo è quello di arricchire la comunicazioni con messaggi visivi per facilitarne la comprensione. Esempio: per dire che una località è particolarmente lontana o un bene particolarmente costoso si tende a rafforzare quest’immagine alzando le mani verso l’alto.

2. Gesti simbolici: sono gesti dotati di un significato condiviso dai membri di una specifica cultura e spesso si sostituiscono alle parole. Un esempio può essere il pollice alzato che nella nostra cultura significa “ok”, “confermato” e può essere riconosciuto con molta facilità da tutti coloro che ne condividono il significato. Questo stesso gesto può avere un significato diverso in altre culture, il pollice alzato può anche significare: un gruppo di muli, un occhio nero, una sposa proveniente da un determinato villaggio.

3. Gesti indicatori dello stato emotivo: sono per lo più compiuti inconsapevolmente e si esprimono attraverso espressioni facciali, movimento degli arti, postura, come ad esempio chiudere le spalle o portarsi la mano davanti alla bocca.

4. Gesti di adattamento: anche questo gruppo rientra nella sfera dei gesti involontari e sono anch’essi legati al nostro stato emotivo. Rivelano se una persona è a disagio e includono 3 tipi di movimenti:
· cambiamenti di postura
· azioni indirizzate verso il proprio corpo come toccarsi il viso
· azioni centrate sull’oggetto: mordicchiare una matita, giocare con gli occhiali, togliersi l’anello

5. Gesti regolatori: hanno la funzione di regolare il confronto tra il la persona che parla e l’interlocutore, in questo gruppo possiamo individuare gesti come: annuire, il contatto oculare, cambiamenti nella posizione del corpo.

Insomma…occhio al gesto amico mio, perché nulla sfugge a chi ti osserva, e soprattutto attento a quello che comunichi, perché bastano pochi istanti e il dado è tratto, indovina dove voglio andare a parare?

Propri lì: occhio al gesto nella Comunicazione d’Impatto, e se ancora non ti è giunta voce di come funziona,

leggi proprio qui!