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I grandi discorsi della storia: Isabella Baumfree

Il processo abolizionista americano ha una sua eroina: Isabella Baumfree.
Nata nel 1797, aveva 12 fratelli, veniva da una famiglia di schiavi, più volte venduta da padrone a padrone.
Conosciuta come Sojourner Truth sceglie queste parole come incipit della sua biografia:

“Non sono scappata via perché pensavo fosse una cosa sbagliata, ma ho scelto di andarmene perché credevo assolutamente giusto farlo”.

Dopo una vita di atroci sofferenze, fatta di separazione da fratelli e figli che ha visto venduti a diversi, sempre crudeli, acquirenti, la Baumfree riesce a fuggire dalla schiavitù diventando una figura importantissima per l’abolizionismo americano.

Nel 1826 quando il vento stava già cambiando e qualcuno iniziava a mettere in discussione la schiavitù, Isabella prese la coraggiosa decisione di fuggire portando con sé una delle figlie. Venne aiutata dai coniugi Van Wagener fino al 1827 anno dell’Atto di Emancipazione dello stato di New York.

Con l’aiuto dei Van Wagener riuscì a portare a processo l’ex padrone, che aveva venduto suo figlio diventando così la prima donna nera a vincere una causa contro un bianco. Nel 1843 cambiò il suo nome in Sojourner Truth e iniziò a viaggiare per gli Stati Uniti portando la sua testimonianza per la tutela dei diritti delle donne.

Perché ho voluto raccontarti questa storia?
Intanto perché a me ha fatto venire i brividi e poi perché, come sempre, mi piace condividere con chi mi segue ogni aspetto degli approfondimenti a cui mi dedico per la Comunicazione e qui voglio riportarti il discorso che Isabella tenne nel maggio 1851 al Convegno per i diritti delle donne dell’Ohio di Akron, diventato poi noto come Ain’t I a Woman (Non sono forse una donna?).

Ecco le sue parole:

Bene, ragazzi, c’è un tale fermento che qualcosa scappa fuori per forza. Credo che a furia di dare addosso ai negri del Sud e alle donne del Nord, tutti in cerca di diritti, gli uomini bianchi saranno presto nei guai. Ma di cosa si sta parlando qui?

Quell’uomo sta dicendo che le donne hanno bisogno di essere aiutate a salire su delle carrozze per trovare un posto sicuro dove vivere. Non mi ha aiutata mai nessuno a salire su una carrozza e nessuno mi ha mai offerto un posto speciale. Non sono forse una donna? Guardatemi. Guardate le mie braccia! Ho lavorato nelle piantagioni e ho coltivato i campi mettendo il fieno nei fienili e nessun uomo mi ha mai aiutata! E non sono una donna? Potevo lavorare e mangiare quanto un uomo, quando potevo , e non sono una donna? Ho dato alla luce tredici bambini e visto la maggior parte di loro essere venduti come schiavi e quando piansi la morte di mia madre nessuno mi ha ascoltato a parte Gesù. E non sono una donna?

E poi hanno iniziato a parlare di questa cosa che hanno nella loro testa. Come la chiamano? Intelletto. Beh dolcezze… E cosa c’entra questo con i diritti delle donne e delle persone nere? […]

Quell’uomo dice che le donne non possono avere gli stessi diritti degli uomini perché Cristo non era una donna! E da dove viene il tuo Cristo? Da Dio e da una donna! L’uomo non ha nulla a che fare con Lui.

Se la prima donna che Dio creò fu capace di ribaltare il mondo, allora tutte queste donne dovrebbero essere in grado di capovolgerlo ancora! E ora che lo stanno chiedendo, gli uomini faranno meglio a permetterglielo.

Grazie per avermi ascoltata, ora la vecchia Sojourner non ha più niente da dire.

Non è un discorso strutturato, è figlio di una donna semplice che si pone delle domande in funzione del fardello che ha portato sulle spalle, eppure è di una potenza incredibile perché riesce a mettere a nudo la forza della violenza esercitata, dei soprusi ripetuti, ma anche delle voglia di parlarne affiché il mondo sappia e non ripeta.
L’elemento vigente del discorso è la domanda, che trascina l’uditorio con una potenza incredibile verso la riflessione, la rabbia, la disapprovazione razionale. Non è troppo evocativo, né emotivo, ma nonostante sia così asciutto ha il potere di smuovere le coscienze di ciascuno.
Sojourner Truth morì il 26 novembre 1883.

Mi fa piacere che tu mi abbia accompagnato in questo approfondimento e ti invito a fare un salto qui per capire come funziona il mondo della Comunicazione e perché è importante capire il lavoro di chi è venuto prima di noi nella storia.

Appuntamento con i discorsi nella storia…recente: il discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite.

Appuntamento con i discorsi nella storia…recente: il discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite.

Il 21 settembre del 2014 una giovanissima donna, l’attrice Emma Watson, ha tenuto un discorso sui diritti delle donne a New York, in qualità di nuova ambasciatrice del settore UN Women delle Nazioni Unite. Nota anche per la sua campagna He for She, ha posto l’attenzione su un tema su cui si dibatte da decenni, ma nei confronti del quale i modelli e le strutture sociali ancora manifestano una forte resistenza: l’uguaglianza di genere.

Come mio solito, mi soffermo sugli aspetti tecnici del discorso per lavorare sulla costruzione di un messaggio efficace a sostegno del contenuto che si intende sviluppare e del messaggio che si vuole veicolare.

Ecco il testo del passaggio che credo sia utile analizzare:

La struttura è particolarmente interessante perché è come se fosse suddivisa in blocchi autosufficienti che seguono il loro iter – incipit, sviluppo, atterraggio – .

«Più ho parlato di femminismo e più mi sono resa conto che troppo spesso battersi per i diritti delle donne era diventato sinonimo di odiare gli uomini. Se c’è una cosa che so con certezza è che questo deve finire. Per la cronaca, il femminismo per definizione è la convinzione che uomini e donne debbano avere pari diritti e opportunità: è la teoria dell’uguaglianza tra i sessi – politica, economica e sociale»

In questo primo blocco, Emma Watson arriva subito al dunque: illustra immediatamente il limite con il quale si è scontrata. Il ritmo è già forte, non ci sono elementi di contorno: l’essenziale basta per tenere alta l’attenzione.

«Quando avevo 8 anni, ero confusa dal fatto che mi definissero una prepotente perché volevo dirigere la recita per i nostri genitori: ma ai maschi non succedeva. Quando avevo 14 anni ho cominciato a essere trattata come un oggetto sessuale da alcuni media. Quando avevo 15 anni le mie amiche hanno cominciato a lasciare le squadre degli sport che amavano perché non volevano diventare muscolose. Quando avevo 18 anni i miei amici non erano capaci di esprimere i loro sentimenti.”

Secondo blocco: come si è arrivati fin qui, cosa c’è dietro, quale è il filo da risalire per capire cosa ha ispirato le sue idee e la sua posizione.

“Ho deciso di diventare femminista e la cosa non mi sembrava complicata. Ma le mie ricerche più recenti mi hanno fatto scoprire che “femminismo” è diventata una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe. A quanto pare sono considerata una di quelle donne le cui parole sono percepite come troppo forti, troppo aggressive contro gli uomini, persino non attraenti. Perché questa parola è diventata così scomoda?»

Quest’ultimo blocco rispecchia molto bene le caratteristiche della fase di chiusura perché ne contiene due degli elementi fondamentali: la conclusione delle sue riflessioni e la domanda verso l’esterno, l‘invito ad accogliere il suo pensiero e porsi delle domande per riflettere.

Il nostro appuntamento mensile con i discorsi della storia si conclude qui, per approfondire la struttura del discorso non dimenticare di fare un salto qui!