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Coronavirus e smartworking: il segreto nella comunicazione e nella pianificazione

In situazioni come questa c’è poco da lagnarsi, bisogna rimboccarsi le maniche e far quel che si deve.
Abbiamo già trattato il coronavirus da un punto di vista della comunicazione (leggi qui se hai perso il post), oggi voglio parlarti di una delle misure messe in atto in questo momento nel mondo del lavoro in alcuni settori: lo smart working.
Chi svolge una professione che si presti allo smart working è davvero fortunato, perché può attenersi alle regole di isolamento a cui siamo invitati ad aderire per contenere la diffusione del virus.

Oggi voglio riflettere insieme a te su 3 aspetti in particolare:
– La pianificazione del lavoro
– L’utilizzo dei mezzi di comunicazione
– La ricezione delle informazioni in merito alla situazione in atto

La pianificazione è un aspetto su cui insisto molto e spesso, perché ritengo che sia un aspetto fondamentale del lavoro nonché della vita in generale. La situazione in corso è esplosa all’improvviso, pertanto non tutti erano preparati a lavorare da casa. Banalmente alcuni non hanno proprio una postazione. Quindi direi che per essere produttivi in questo periodo è necessario intanto crearsi un’area di lavoro, seppur piccola, in casa, ed evitare spazi di coworking, altrimenti varrebbe la pena andare in ufficio.
Se non si è abituati allo smart working urge più che mai una pianificazione delle attività, con monitoraggio del timing e l’evitamento, come la peste, delle distrazioni. Solitamente mi occupo di pianificazioni sul medio lungo termine, ma in questo caso, data la natura degli eventi, lavoreremo sul breve termine. Ti consiglio di essere fresco come se fossi al lavoro: vestirsi, evitare di smangiucchiare tutto il giorno e di guardare le serie su Netflix dal pc privato in orario di lavoro. Uno dei pochi aspetti positivi di questo periodo assurdo è dimostrare l’efficacia dello smart working come metodologia e approccio efficace, economico, ergonomico: le aziende risparmiano costi, i lavoratori possono gestire meglio il proprio tempo soprattutto nelle città in cui raggiungere il posto di lavoro richiede da 1 a 2 ore.
L’utilizzo dei mezzi di comunicazione è un aspetto, anche qui metodologico, fondamentale. Per ovvi motivi aumenterà la necessità di comunicare a distanza, pertanto ti invito a:
– Utilizzare la mail per le comunicazione di lavoro ed evitare scambi su whatsapp nelle chat tra colleghi dove pullula il disordine ed è difficile recuperare poi le informazioni che vi siete scambiati.
– Evitare di ammorbare il prossimo con audio infiniti pur di avere un contatto con il mondo. Ti manca qualcuno? Chiamalo? Vuoi sapere come sta? Chiamalo!
– Utilizza i software di management per il lavoro in team. Ce ne sono molti, basta scegliere quello più adatto alle proprie necessità.

La ricezione delle informazioni: questo è il tema che maggiormente mi preoccupa. Imperativo categorico: tenersi alla larga da guru, complottisti, faciloni, agitatori delle folle. Ci sono delle comunicazioni ufficiali, governative, regionali. Attenersi a quelle. Rivolgersi a fonti improvvisate serve solo a farci perdere il senso di quello che sta accadendo facendoci deragliare verso una direzione sbagliata. Quindi occhio ai numeri, alle direttive e soprattutto ai numeri positivi delle cose che funzionano, perché questo sarà l’unico modo per uscirne.

Tieni botta che ce la faremo.
Tutti i miei consigli, le mie indicazioni, tutto quello che ti può aiutare lo trovi qui!
Prudenza e senso di responsabilità: solo così possiamo ricominciare, noi vorremmo farlo dai nostri corsi a partire proprio da aprile.
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Coronavirus: quando il virus è la comunicazione.

Coronavirus: è l’argomento che dallo scorso sabato, quando è stato individuato il primo focolaio italiano, sta invadendo tutti i nostri canali comunicativi, non mi riferisco solo a quello informativi, ma anche i nostri personali, sensoriali. Da quando media, social, quotidiani, stanno raccontando l’iter di quella che sembra essere una nuova epidemia di peste è come se tutti stessimo chiedendo ai nostri occhi di scorgere il pericolo, al nostro udito di captare notizie importanti, al nostro olfatto di recepire il meno possibile, al tatto di non fare nulla senza amuchina e al gusto, se è rimasto, di assicurarsi che sia pulitissimo tutto ciò che mangiamo (quello deve valere sempre sai?!).

Faccio il mio preambolo solito ma ora più che mai necessario: parlerò di comunicazione. Non di biologia non di statistiche, non di numeri (se non quelli riportati dalle autorità di competenza), qui si parla di comunicazione.

Questa volta però voglio offrire il mio servizio in modo particolare a chi sta ricevendo le informazioni, a te che cerchi giustamente delle notizie e delle risposte. Non mi sento di parlare a chi sta comunicando perché sono convinto che il tono, il linguaggio, le parole da usare, siano frutto di una precisa scelta di chi fa questo di mestiere, ma ho notato che solo da ieri si sta collocando accanto alla parola vittima (in caso di decesso) il dettaglio delle “altre patologie pregresse”, fino a due giorni fa alle mie orecchie sono arrivate dai media frasi da panico, come se il coronavirus potesse uccidere a prescindere, come se avere la febbre fosse ormai uno status senza ritorno.

La comunicazione non è solo uno strumento per arrivare, ma anche uno strumento per recepire, filtrare, capire.
In questo periodo di reale difficoltà mi sento di mettere a tua disposizione le mie competenze dandoti qualche piccolo consiglio su come muoverti nella giungla di messaggi allarmisti e spesso fuorvianti.

Anzitutto è doveroso considerare 3 aspetti che (adeguatamente manipolati) creano psicosi di massa usando semplicemente anche solo una singola parola.
– Il primo sono le GENERALIZZAZIONI. Ovvero il modello comunicativo che se dovessimo tradurlo con un proverbio il più calzante sarebbe “Si fa di tutta l’erba un fascio”. Titoli come “Tutto il nord in quarantena” , “Tutte le strade di Milano deserte” sono i classici esempi di come la parola “tutte” “molte” “la maggior parte” possono condizionare il tuo focus mentale a non vedere ciò che invece c’è.
– Il secondo le DISTORSIONI: “11 morti per CoronaVirus” “Autobus bloccato perché l’autista starnutisce” … Distorcere la realtà significa farne percepire solo una parte (forse quella che genera più audience? Che crea più clamore?) modificandola .
– Il terzo le CANCELLAZIONI, ovvero la straordinaria abilità di vedere solo una parte del bicchiere: 81.677 (ad ora) contagiati … Peccato che tutto quello che avrebbero potuto dire sono i numeri completi, i contagiati sintomatici ed asintomatici, le età coinvolte ma sopratutto i 23.000 contagiati che sono guariti.

QUINDI SE ANCHE TU VUOI MANIPOLARE LA REALTÀ, LA COMUNICAZIONE ed i DATI CREANDO sensazioni ed emozioni ben precisi puoi seguire i precedenti punti.

Se INVECE non li VUOI SUBIRE… ecco un decalogo di consigli.

– Informati bene: documentati in modo consapevole e intelligente. Le fonti devono essere istituzionali o accreditate: enti, istituti di ricerca, ministeri.
– Leggi i numeri. Dato per assodato il punto precedente tieni sempre presente che i numeri non mentono, ragiona su dati scientifici. Si stanno riportando percentuali di contagio e di decessi che rispetto ad altre forme di influenza che hanno interessato appena qualche anno fa il nostro paese ad oggi continuano ad essere ancora meno gravi.
– È mio dovere e responsabilità metterti in guardia dai social. Sappiamo bene che siamo nel regno dei tuttologi. Fino a ieri si sono confrontati grandi esperti di musica, ogni due per tre ne abbiamo di politica, vaccini non ne parliamo. Non abbiamo bisogno di questo ora!
– Lascia stare il post dell’amico del cugino della cognata che ha condiviso la foto della nonna del cugino del gatto della sorella che ha avuto un incontro ravvicinato con un infettato. Lascia stare il pericolo degli aneddoti inventati o amplificati o immaginati.
– Se sei in grado di apprezzare l’ironia in questo momento è pieno di gift e meme sul coronavirus, alcune sono divertenti se contestualizzate. È ovvio che l’ironia non è mai volutamente volta a deridere, o mancare di rispetto, chi ha subito perdite o danni a causa di un problema. Questo per dire che sei hai voglia di esorcizzare e farti qualche secondo di risata ok, ma ti sconsiglio di prendere a insulti sui social chi diffonde messaggi ironici su questo tema. Anche lì, è nel loro buon senso non esagerare.
– Whatsapp non è considerato un social al pari di facebook, ma ha lo stesso potere di propagazione di bufale del suddetto social. Stanno girando audio di presunti pediatri, medici, virologi. Verità? Bufala? Fantascienza? Io non posso saperlo, ti dico solo vai su fonti accreditate e certe perché anche se non siamo di fronte alla fine del mondo abbiamo comunque un problema serio da contenere e risolvere e sono certo che ce la faremo grazie alla professionalità, bravura e immenso impegno della task force di medici, poliziotti e professionisti tutti che sta mettendo il lavoro e l’anima in questa missione senza badare a turni, orari e limiti di qualunque tipo.

Grazie a tutti loro.
Ho voluto darti qualche piccolo consiglio per aiutarti a non farti travolgere dalle modalità comunicative scelte e implementate in casi così delicati ed estremi.
Siamo in prossimità dell’inizio della Public Communication University, è qui che insegno proprio questo: il valore della comunicazione, il suo potere, la sua gestione.

Qui puoi trovare tutte le informazioni relative ai miei corsi.
La comunicazione non è uno scherzo, e se la fai male, qualcuno ne paga la conseguenze.