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Apprendimento informale di competenze per un team di successo.

L’apprendimento informale di competenze è uno dei requisiti di un team di successo.
Gli effetti della sua efficacia sono così rilevanti che laddove non ci sono le condizioni per ottenerlo spontaneamente si creano.
Non sono rari percorsi di formazione nel team building che attingono dalla realtà e catapultano le persone in contesti distanti da quelli abituali per l’apprendimento spontaneo di competenze che possono poi applicare nelle attività professionali.
Tuttavia c’è una forma di apprendimento informale e soprattutto spontaneo che si genera in autonomia nei team ben assortiti.
Questo tipo di apprendimento è dovuto alla presenza di professionisti in grado di ispirare gli altri o che comunque siano per i colleghi un esempio da seguire.
E qui torniamo al nostro eroe, il famoso Team Manager: come deve agire affinché alcuni componenti del suo team costituiscano un’opportunità di apprendimento per altri?
Deve comprendere le dinamiche relazionali del suo team. per capire:
  • quale caratteristica rende alcuni professionisti d’ispirazione per gli altri;
  • quali sue soft skill sono particolarmente utili alle esigenze del team;
  • che impatto ha una particolare caratteristica di quel professionista sugli altri componenti del team?
  • è cambiato il modo di pensare o l’approccio di altre persone grazie all’influenza di un membro del team?
Questo esercizio di osservazione ha uno scopo ben preciso: individuare un modello positivo che possa influenzare gli altri e condurre l’intero team a una crescita.
♦️ Un buon team non è nella somma delle competenze, ma nel giusto assemblaggio delle competenze di ognuno.
Persone che lavorano ogni giorno assieme, si osservano, si coordinano, si scontrano.
La condivisione di attività e di prassi genera un virtuoso e ciclico apprendimento informale che può generare incredibili benefici al business dell’azienda.
C’è un modo per imparare a generare apprendimento spontaneo nella propria organizzazione?
Certo che sì!
Come partire?
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

Talenti, competenze, azioni: cosa valuti in un candidato?

Talenti, competenze e azioni sono sicuramente le 3 più importanti variabili da considerare per costruire il profilo di una figura professionale.

Nella lettura generale delle skill spesso i singoli dati vengono valutati in funzione del ruolo da svolgere e valutati singolarmente senza un contesto, uno storico che possa raccontarci qualcosa in più, qualcosa che nel tempo potrebbe emergere sorprendendoti positivamente o negativamente sulle caratteristiche della persona

🔴  La valutazione di una figura professionale del tuo team – o di un team di cui ti è stata affidata la valutazione o la formazione – deve fondarsi quanto più possibile su una lettura scientifica che prenda in esame specifici parametri.

Le prime 4 variabili da prendere in esame:

➡️  Precedenti: raccolta dei dati standard in merito alle esperienze precedenti del profilo. Cosa emerge di rilevante che può farci intravedere qualcosa sul suo potenziale?

➡️  Predittori Potenziali: uhhh che paroloni tecnici difficili. Qui abbiamo a che fare con indici che ci fanno presagire se ha o meno il potenziale per misurarsi con un eventuale upgrade rispetto al ruolo precedente. Dove vanno ricercati questi indici: nella gestione dell’imprevisto,  ad esempio, o nella declinazione del problem solving.

➡️  Aspirazioni personali: qui devi confrontarti con i suoi interessi, con quello che predilige e con quello che meglio gli riesce. Occhio che le due cose non sempre coincidono.

➡️  Maturazione: qui viene preso in esame e al dettaglio ogni singolo indicatore in grado di fornirci informazioni sul grado di maturità del profilo in prospettiva di eventuali promozioni, la valutazione di questi indicatori ti illuminerà anche nella definizione del livello superiore a cui assegnarlo. Atteggiamenti, gestione di dinamiche relazionali, identificazione con i valori dell’organizzazione. Questi gli elementi chiave da non perdere mai di vista!

Mi fermo qui per ora.

Fai un’analisi accurata delle tue risorse in azienda e se vuoi condividere la tua esperienza raccontaci l’approccio che utilizzi nei commenti al post 👍

Trasformare il talento in performance: come l’aspettativa genera realtà

Trasformare il talento in performance non è un valore aggiunto, un lusso che l’organizzazione si concede per fare il salto di qualità, ma è piuttosto la conditio sine qua non per lanciare il tuo business verso il successo.

Che tu sia un imprenditore, un team leader, un professionista, la scelta dei tuoi collaboratori ricadrà in primo luogo sui tuoi affari, perché dal loro lavoro dipendono anche i tuoi risultati, per non parlare della tua reputazione e presenza sul mercato.Un talento non è scienza infusa, ma un punto di partenza, la famosa pianta che se non viene annaffiata con regolarità, con la giusta esposizione alla luce e in funzione delle sue caratteristiche biologiche, muore.

Qui le funzioni biologiche ci interessano meno, qui parliamo di persone di cui bisogna prendere in considerazione:

  • Caratteristiche personali
  • Caratteristiche intellettuali
  • Ambizioni
  • Livello di professionalità e preparazione

Chi se ne deve occupare?
Tu.
E se deleghi?
Devi occuparti in primo luogo del delegato!

🔴  La tua azienda, il tuo team, il tuo progetto, fanno parte di quel bagaglio di cose a cui tieni, di cui hai la responsabilità sia in termini di protezione che di crescita.

Se non te ne occupi, se non ti occupi di chi se ne occupa, se sottovaluti e vai per approssimazione, la tua pianta muore e il suo mercato con essa.👎

🔴  L’obiettivo di oggi è focalizzarsi su come trasformare l’aspettativa di crescita di un collaboratore in realtà.

Domanda
Credi nei tuoi collaboratori?

Le persone che ogni giorno seguono un progetto per te godono pienamente della tua fiducia e della tua stima?Notizia: se non credi abbastanza in una persona ne limiti le potenzialità

È poco piacevole in ogni caso, ma se la persona lavora per te il danno è potenzialmente ingente.
9 volte su 10 le persone lavorano male perché non credono in se stesse.
🔴  Eh sì, perché pensi che dedichiamo ore e ore di formazione all’anno per la loro consapevolezza e motivazione passando per i loro valori?
I collaboratori più felici e più produttivi sono quelli che accanto a valide competenze tecniche ripongono un’importante fiducia in se stessi. 
Questa consapevolezza fa sì che siano perennemente all’altezza delle aspettative, il più delle volte le superano a dire il vero.

Tu hai un ruolo importante in questo processo,per questo è necessario credere nei propri collaboratori, a meno che non ci sia accorga di aver fatto una scelta sbagliata, ma questo è un discorso di altro tipo.🔴  Ciò in cui si crede conta molto, solo così l’aspettativa genera realtà, perché contempla un passaggio intermedio, la credenza. 

Se credi nelle capacità di una persona, stai pur certo che questa persona ne avverte l’importanza, la gratitudine, la soddisfazione e per prima vorrà trasformare la credenza in concretezza e realtà.

1° maggio e Covid19: cosa dire questa volta ai lavoratori?

È un primo maggio unico quello che questo 2020 ci propone e, riflettevo, è quello in cui è più difficile rivolgersi alla fascia di utenza a cui questa festività è storicamente dedicata: i lavoratori.
Il lavoro è sacro, inviolabile e spesso bisogna lottare per mantenerlo.

Cosa dire a tutte queste persone che nel giro di qualche settimana, a causa di un virus violentissimo, hanno visto la propria vita stravolta, i loro programmi saltati, le giornate da ridefinire e in molti casi il proprio ruolo professionale e sociale cambiare?

È difficile trovare le parole giuste, che siano d’impatto o meno, è difficile perché ognuno di loro sta ricostruendo un pezzo di sé recuperando speranza, fiducia nello Stato e nel futuro, competenze per reinventarsi, forza per rassicurare familiari, cari, dipendenti.

Questa situazione è destinata ad acuire sempre più la differenziazione tra chi lavora per andare avanti e chi lavora per dare valore alla società attraverso i servizi e i prodotti che offre. È finito il tempo dei “riempiposto”.
Quest’ultimo mese è servito in particolare a capire che il lavoro non consiste nell’andare in ufficio, registrare la propria presenza e via, il lavoro, in molti casi, ma non tutti, può essere gestito e organizzato in modo così flessibile, agile e intelligente al punto da aumentare la produttività.

Non c’è più tempo per gli indaffarati che spesso non sono volti ai risultati, ma c’è tempo per i professionisti che sono coscientemente coinvolti ed ingaggiati nel creare valore e apporto per sé e per le altre persone.

Ci sono poi quelle categorie a cui è più difficile rivolgersi perché più difficilmente il loro lavoro si presta ad una gestione a distanza.

Chi sono oggi i lavoratori a cui parlare?

Sono comunque tutti.

Sono i professionisti che hanno attività in negozio: meccanici, parrucchieri, estetisti, commercianti, ristoratori, venditori di articoli non di prima necessità che per primi dovranno piegarsi alla volontà di questa nuova crisi.

Sono gli insegnanti che si stanno misurando con il lavoro da casa, seguendo i loro studenti a distanza nella preparazione delle materie per gli esami o per conseguire buoni risultati a fine anno.

Sono i consulenti che non possono recarsi presso i clienti e cercano di pianificare il lavoro in smartworking portando avanti le attività fin dove possibile.

Insomma, dilungarmi ancora in questa lista si tradurrebbe in un’azione infinita, sono tante le categorie ed è difficile citarle tutte senza dimenticare qualcuno.

Posso fare gli auguri a tutti loro, per la possibilità di reinventarsi, di accedere agli aiuti dovuti, di recuperare il fatturato perso, di trovare un nuovo lavoro.

Buon primo maggio nonostante questo presente per ora ancora ostile.

Come si definisce l’urgenza di una comunicazione? TRUMP, IL PAPA LA CRONACA.

Questo 2020 è iniziato in modo a dir poco tumultuoso in termini di notizie.

A dirla tutta, da giorni, ormai i media lanciano notizie di forte impatto al punto che la gravità dei fatti raccontati è destinata ad affievolirsi in fretta per lasciare spazio a nuovi eventi.

La questione iraniana da giorni ci tiene incollati alle testate nazionali e internazionali nella speranza, forse già illusione, che le cose non precipitino nel modo in cui tutti stiamo già immaginando.

Trump sta facendo strage di dichiarazioni su twitter, il Papa circola sotto forma di meme su tutti i social per aver avuto un cedimento umano dimostrando insofferenza nei confronti di una fedele che in preda ad un eccesso di afflato mistico lo ha quasi strattonato. L’Iran ha riconosciuto il proprio errore “umano” nell’abbattimento dell’aereo appena decollato per l’Ucraina sostenendo di averlo scambiato per un aereo nemico.

L’inizio di questo 2020 è stato purtroppo contrassegnato anche da dolorosi fatti di cronaca: a Roma 3 adolescenti (eh sì, di uno di loro non si è parlato) sono rimasti vittime di incidenti stradali, i botti di capodanno continuano a fare morti e feriti.

Hai visto che drammatico riepilogo?
Eppure non è che negli altri momenti dell’anno le cose non accadono.
Potrei continuare per ore e chiederti: e le sardine?
Che fine hanno fatto?
Salvini che sta combinando?

Dove voglio arrivare?
Alla storia più vecchia del mondo della comunicazione: il modo di raccontare le cose, in termini di ritmo narrativo e di scelte stilistiche, condiziona la percezione degli eventi spostando l’attenzione su alcuni fatti che inevitabilmente ne oscurano altri.

Quante volte ti capita di apprendere una notizia importante dopo qualche settimana da quando si è verificata?
Non ne è stato parlato?
Forse no.
Forse poco.
Forse il giusto, ma non te ne sei accorto perchè eri bombardato da altre notizie che a ritmo incalzante ti venivano somministrate quotidianamente più volte.

Come si definisce l’urgenza di una comunicazione?
Difficile nodo da dipanare. Il mondo dei media contempla regole che vanno ben oltre il semplice obiettivo di comunicare, ma se volessimo aderire alla volontà di restare fedeli alla purezza della comunicazione dovremmo sviluppare anche l’abilità di rivolgerci quanto più possibile a fonti imparziali e oggettive nella descrizione dei fatti.

Succedono altre cose mentre il Papa si ribella all’attenzione di una fedele, muoiono molti giovani purtroppo anche in quartieri sfigati e in incidenti in cui alla guida non ci siano figli di noti registi. Potrei proseguire all’infinito, ma il mio compito non è quello di parlare di cronaca o di politica, bensì quello di fornirti gli strumenti di comunicazione per presentare i tuoi argomenti al mondo e allo stesso tempo per accogliere con consapevolezza quelli che il mondo presenta a te.
I tuoi filtri, le tue chiavi di lettura devono servirti per interpretare in piena autonomia tutto ciò che ti viene comunicato.

Il baccano che spesso accompagna i contenuti non deve avere il potere di amplificare quello che ti arriva o oscurare quello che da qualche parte c’è, ma nessuno te lo racconta.

L’anno deve iniziare con il botto in tutti i sensi secondo la logica dei media, affinché si abbia la percezione di vivere in un perenne stato di allerta.
Il mio compito è quello di proteggerti dallo stato di allerta immotivato e di spingerti invece verso uno stato di consapevolezza e di capacità di lettura della realtà attraverso strumenti il cui valore si trasforma per te in competenza.
La competenza è un valore che si declina in molti ambiti, ingiustamente relegato al solo mondo professionale, contempla invece l’abilità di implementare una serie di azioni con criterio anche in ambito personale e sociale.

#semprelaparolagiusta va ben oltre la scelta delle parole, potrebbe estendersi a #sempreconsapevolezza #semprelucidità #semprecompetenza.

La comunicazione ti offre l’opportunità di scegliere il modo in cui veicolare le informazioni.
Sta a chi scrive o parla scegliere in che modo canalizzare l’attenzione di chi ascolta.

Come se ne esce vivi?
La risposta in una parola: strumenti!

Iniziamo forza… da qui!