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Conosci la cultura della tua organizzazione?

Quanto conosci la cultura della tua organizzazione del tuo studio professionale o laboratorio?

Il dettaglio che ti chiedo non è cosa da niente e soprattutto è un passaggio fondamentale del processo che dal cambiamento ti porterà al successo.
Quello che ti chiedo di fare oggi e di analizzare punto per punto gli elementi che prenderemo in esame perché ti aiuteranno a capire alcuni aspetti della tua organizzazione, se non direttamente tua quella comunque di cui fai parte, che potresti aver pericolosamente sottovalutato.

Partiamo dall’inizio: che cosa si intende per cultura aziendale o organizzativa?
La cultura aziendale comprende 3 elementi imprescindibili:

  1. Le modalità d’azione, ovvero il modo in cui si fanno le cose
  2. Ciò che può essere ritenuto accettabile e ciò che non lo è
  3. Le norme che regolano il comportamento. Queste possono essere esplicite o sottintese.

Conoscere questi 3 aspetti è fondamentale per predisporsi al cambiamento e capire come attuarlo nel modo più costruttivo e proficuo possibile.

Sono certo che leggendo ciò che segue resterai basita/o per non aver mai pensato ad alcuni dettagli che hai tutti i giorni, e spesso tutto il giorno, sotto al naso, ma a cui non hai mai dato il giusto peso.

Ecco alcuni indicatori della cultura di un’organizzazione:

  • La tipologia di attività: all’interno dell’organizzazione si svolge un lavoro prevalentemente tecnico? Siamo in uno spazio creativo? Si svolgono attività intellettuali? Manuali?
  • La modalità in cui le attività si svolgono: cosa si fa nel concreto? Che tipo di turnazioni o orari si seguono? C’è una parte di dipendenti soggetta a frequenti trasferte? Ci sono sedi all’estero per cui può essere previsto il trasferimento dei dipendenti?
  • Qual è il dress code aziendale? Come si veste chi lavora in quell’ambiente? Vige un mood serioso e molto classico? Risultano fuori contesto colori molto accesi? È un ambiente informale e creativo? È richiesta la divisa?
  • Qual è l’atteggiamento prevalente? In altre parole si potrebbe tradurre: che aria tira? Si respira competitività, lassismo, tendenza alla delega? È un ambiente in generale collaborativo in cui vige la condivisione di obiettivi e di procedure?
  • Come sono distribuiti e disposti gli spazi interni: le postazioni sono in un open space? Le stanze sono piccole con 2 – 3 scrivanie al massimo?
  • Com’è l’edificio che ospita l’azienda? Parliamo di un palazzo d’epoca? Di un seminterrato adibito a spazio creativo? Di un appartamento in un condominio al centro città?

Ecco qualche spunto su cui lavorare, soffermati su ognuno e condividi in questo spazio blog o sul canale social le tue considerazioni.

Dopo aver riflettuto su questi aspetti rispondi a questa domanda: sono in grado di comunicare gli aspetti incisivi della mia cultura aziendale efficacemente e in breve tempo?

Sai bene di cosa parlo, chiarisciti le idee qui!

Il cambiamento: le condizioni per il successo

Dopo aver analizzato le possibili reazioni al cambiamento (corri subito a leggere se hai perso il post) andiamo oggi nella direzione del successo, o meglio, analizziamo le condizioni affinché un cambiamento si avvicini il più possibile agli obiettivi desiderati.

Tutti i grandi esperti che si sono avventurati nello studio del cambiamento come fenomeno organizzativo hanno sottolineato una serie di elementi che accompagnano questo processo, vediamoli subito insieme:

  • Partiamo da un presupposto forse poco incoraggiante ma veritiero: il cambiamento è molto difficile;
  • Le difficoltà correlate al processo di cambiamento aumentano progressivamente a mano a mano che si va avanti;
  • Se il cambiamento in atto, o desiderato, ha poche cose in comune con la cultura dell’azienda, il suo successo è meno probabile.
  • Per sopperire alla scarsa possibilità di successo bisognerà lavorare molto sodo;
  • È necessario che all’interno dell’organizzazione emerga, o venga individuata, una figura di supporto con una leadership significativa;
  • Fondamentale formare un team dedicato alla realizzazione, nonché alla gestione, del cambiamento;
  • All’interno di un processo così importante e complesso è necessario curare ogni minimo aspetto della Comunicazione.

Immagina l’importanza strategica della Comunicazione ad Alto Impatto in un simile contesto: la capacità di essere autorevoli e affidabili è uno strumento potentissimo per gestire le relazioni in azienda nel corso di un fenomeno della portata di un cambiamento organizzativo.

Per essere certo che il tuo programma di cambiamento funzioni e porti al successo tieni bene a mente 7 principi chiave, che sono:

  1. Vision condivisa
  2. Conoscenza profonda e dettagliata dell’azienda
  3. Allineamento culturale
  4. Comunicazione
  5. Aiuto di un esperto esterno se necessario
  6. Una leadership significativa
  7. La partecipazione e il consenso di tutti i soggetti interessati dal fenomeno in atto.

Nel prossimo post entreremo nel dettaglio dei 7 principi,nel frattempo allena le tue capacità in tema di Comunicazione ad Alto Impatto perché se c’è un cosa che durante un cambiamento non puoi permetterti di perdere è proprio il tempo e l’interesse di chi ti ascolta.

Approfondisci qui l’argomento e scrivimi se vuoi info aggiuntive!

Il cambiamento: conoscerlo e saperlo comunicare agli altri

La gestione del cambiamento, come sai, è il tema che sto scandagliando negli ultimi post per arrivare a comprenderlo come processo, nei suoi passaggi e nelle sue inevitabili complessità.
Il mio punto di partenza, di analisi e di arrivo è sempre la Comunicazione, dunque è anche la prospettiva da cui osservo e valuto le cose.

L’analisi della Comunicazione d’Impatto mette in evidenza l’importanza di tutti gli elementi di contesto per rendere la comunicazione ad alto impatto un processo applicabile ed efficace.

Cosa significa tutto ciò?
Che la Comunicazione ad Alto Impatto richiede un alto livello di competenza, non che la Comunicazione in generale non lo richieda, ma mentre è possibile comunicare in modo spontaneo e non strutturato normalmente, nel caso della Comunicazione ad alto impatto intervengono 2 fattori chiave:

La capacità di catturare in poco tempo l’attenzione del tuo interlocutore
La capacità di convincere in poco tempo il tuo interlocutore e acquisire credibilità e fiducia.

2 fattori che a loro volta chiamano in causa 2 ulteriori competenze:

  • La capacità dialettica, intesa non solo come eloquio, ma anche come capacità critica e di confronto
  • La conoscenza degli elementi di contesto e abilità nel costruire argomentazioni

Questo è il motivo per cui se vuoi essere efficace e in poco tempo per acquisire credibilità e autorevolezza agli occhi del tuo interlocutore devi conoscere non solo ciò di cui stai parlando ma anche tutto quello che succede intorno all’oggetto della tua argomentazione.

Il cambiamento è un processo importante sia da un punto di vista sociale che organizzativo, e conoscerlo significa avere un’ampia visione di contesto.
Molti esperti, sociologi ma anche imprenditori, hanno analizzato il cambiamento per arrivare a comprendere i comportamenti delle persone, le loro scelte di pensiero, di acquisto, di modo di stare al mondo.

Rosabeth Moss Kanter quando si è dedicata alle ricerche sul cambiamento era una docente di Harvard.
Voglio condividere con te le sue riflessioni sulla capacità di apportare un cambiamento e gestirlo con successo.

Elementi fondamentali:
Conoscenza e capacità di analisi della situazione in cui si svolge o è previsto che sia agito un cambiamento
Capacità di coinvolgere gli altri se si intende agirlo, per ottenere consenso e collaborazione
Capacità di programmazione del cambiamento
Strutturare gli step del cambiamento che si vuole apportare o individuare gli step di un cambiamento subìto
Capacità di far respirare agli altri il cambiamento per far in modo che lo vivano pienamente.

Questo è quanto autorevoli esperti ci indicano, mi interessa la tua esperienza però, vorrei sapere se nella tua organizzazione, o in situazioni anche meno strutturate, reputi di saper gestire il cambiamento e in che modo.
Condividi nei commenti al post su facebook la tua esperienza, è la storia di ognuno che ci permette di fare valutazioni e studi su larga scale.

Aspetto la tua esperienza, intanto dai un’occhiata qui !

Il cambiamento non è un passaggio, ma un processo.

Negli ultimi mesi, come era giusto che fosse, il covid è stato il protagonista indiscusso di diversi approfondimenti in questo blog.
Indubbiamente l’emergenza sanitaria mi ha dato l’opportunità di osservare in modo diretto e concreto molti aspetti comunicativi, dai media alle istituzioni, dagli sfoghi dei cittadini agli haters ingestibili, dai discorsi dei sovrani e capi di Stato agli appelli dei vip. Insomma, materiale non è mancato.

Una delle riflessioni più interessanti che tutta questa situazione ha generato riguarda sicuramente la gestione del cambiamento e chi si occupa di Comunicazione ad Alto Impatto non può sottovalutare nemmeno il più banale elemento di certi fenomeni sociali e culturali.

Nel post di 2 edizioni fa (leggi qui se lo hai perso) ho iniziato a scandagliare il cambiamento come concetto e come processo per capire le possibile evoluzioni della sua gestione.

Oggi voglio riprendere questo discorso perché reputo che l’epoca storica inaugurata dal Covid abbia generato cambiamenti in ambito professionale, sociale, familiare, istituzionale, mondiale senza precedenti degli ultimi decenni.
Le aziende si sono dematerializzate dando finalmente slancio allo smart working, le scuole ci stanno provando ma in molti casi la strada è lunga, le famiglie hanno conosciuto una nuova forma di organizzazione che ha sconvolto la vita di molti e fatto riscoprire ad altri il piacere di stare insieme.

I capi di stato si sono trovati a dover emanare appositi decreti, ad applicare controlli serrati sugli spostamenti dei cittadini e fronteggiare una crisi economica tanto seria quanto inevitabile.

Le persone hanno imparato l’amarezza della distanza, della solitudine e del divieto, hanno imparato a organizzarsi in funzione dello stretto necessario e chissà che non sia l’occasione per imparare a evitare gli sprechi e il superfluo.

Molti professionisti si sono dovuti velocemente reinventare scoprendo nuovi modi di offrire i propri servizi e nuovi strumenti per implementarli.
Questo un quadro generale senza entrare nello specifico delle situazioni più estreme, come alcuni ceppi di popolazione dell’Amazzonia che rischiano l’estinzione a causa della mancanza di acqua e di medici.
Insomma, senza ombra di dubbio se dovessimo individuare un must di questo periodo storico, il cambiamento avrebbe un ruolo di rilievo.
C’è sempre cambiamento, potrebbe contestare qualcuno, ed è vero.
Vero anche però che le generazioni viventi, almeno nel nostro paese, raramente si sono trovate di fronte a una mole così consistente di cambiamenti.

Quindi vale sicuramente la pena indagare e capire il cambiamento come processo, nella sua natura e struttura.

Per comprendere appieno il cambiamento occorre soffermarsi sulle 3 domande che inaugureranno il post successivo:

Dove stiamo andando: è sempre possibile avere una vision chiara senza pericolo di ambiguità? Non sempre, no.

Cosa saremo quando alcuni elementi saranno cambiati?

Come faremo a capire che abbiamo realizzato il cambiamento?
Cosa deve accadere affinchè possiamo realizzare comunque i nostri obiettivi nel cambiamento?

Quali passi, interventi, conseguenze ci saranno per raggiungere lo scopo?

E soprattutto quali risorse e risultati entreranno in campo?

Questi gli elementi che andremo ad esplorare, appuntamento al prossimo post!
Stay tuned

La comunicazione dell’odio: la parola degli haters non è mai giusta

Il tema che più mi sta a cuore, come avrai sicuramente capito, è la comunicazione ad alto impatto, ma è bene sottolineare che se l’impatto risulta essere devastante allora non si è a un livello comunicativo evoluto ma basso, così basso che elevarlo a dignità di comunicazione è già troppo.

La comunicazione d’impatto è uno strumento efficace che consente la trasmissione di un messaggio nel minor tempo possibile.

Alla definizione “scientifica” di questa disciplina aggiungo una mia nota personale: comunicare significa aggiungere valore e mai come in questo periodo la comunicazione del valore crea la differenza, costituisce la vera evoluzione, la vera emancipazione dal periodo atipico che stiamo attraversando e che, non abbandono la speranza, deve trasformarci in persone migliori.

Non vale sempre purtroppo: alcune modalità comunicative sono la dimostrazione che non proprio tutti hanno colto l’opportunità di diventare persone migliori.

La manifestazione più grave di questa carenza è la comunicazione dell’odio, quella che imperversa su vari canali, non solo social, ma anche televisivi e che è la prova misera che neanche una situazione di tale gravità come il Covid19 abbia avuto il potere di mitigare gli animi.

Partiamo dal fatto, quale fatto? – ti stai subito chiedendo-
Il punto è questo: non c’è bisogno di un fatto particolare, eclatante, d’impatto, devastante, perché tutti i neo esperti, in qualunque settore poi, intervengano nelle conversazioni sui social… ed è subito bufera di haters.
Subito è un gran parlare e con che toni!
E soprattutto: con quale grado di affidabilità?
La Comunicazione ad alto impatto è strettamente legata all’affidabilità per questo non può contemplare modalità comunicative di tale portata.

Insulti, accuse, odio su odio, ma lo scopo di tutto questo qual è?
La comunicazione dell’odio che sto analizzando da tempo è il risultato delle congetture di tutti quei “pensatori” che fino a ieri si sono improvvisati virologi, capi di stato, giustizieri dei runner nei parchi. Ogni giorno non mancano manifestazioni di odio nei confronti di politici, personaggi che prendono decisioni in controtendenza o che semplicemente vivono diversamente da come qualcuno ritiene che si debba vivere.

La comunicazione non è questo, la comunicazione ad alto impatto meno che mai.

Dell’efficacia di chi coltiva odio non abbiamo bisogno, preferiamo piuttosto che si prenda tempo e rifletta su quello che sta per dire, quindi impariamo a distinguere.
La comunicazione è un processo che parte dal pensiero e se l’effetto è distruttivo vuol dire che il problema sta nel pensiero.
Il vero pericolo si verifica quando il pensiero è distorto, corrotto in termini di valore, e qui mi chiedo e ti chiedo: può davvero considerarsi un atto comunicativo efficace?
Se il pensiero è negativo e distruttivo quanto saranno valide le tue argomentazioni?
La storia ahimè ci insegna che il pensiero distruttivo ha mosso popoli, eretto dittature, condannato speranze di pace.
Il mio personale messaggio, che da anni studio i fenomeni comunicativi è questo: parti dall’analisi, vai in profondità, non fermarti alle cose più facili in cui credere.
Crea valore e con l’odio non puoi farlo.
Sfrutta gli strumenti della Comunicazione ad Alto impatto per fare la differenza, e falla in un’ottica evolutiva, migliorativa.
La comunicazione ad alto impatto è un processo elaborato e raffinato, non priviamola di questo aspetto nobile.