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Quali ostacoli può incontrare la comunicazione? Cominciamo dal più ostinato!

Hai presente quella soddisfazione infinita che si prova quando tieni molto a quello che hai da dire e i tuoi interlocutori sono all’ascolto con entusiasmo e partecipazione?
Ecco, questo scenario idilliaco nel mondo reale non va immaginato come un punto di partenza, ma di arrivo.
Non importa se il pubblico da conquistare è composto da centinaia di persone o poche: se quel messaggio arriva nel modo giusto a chi desideri il tuo obiettivo è centrato!

Gli ostacoli di una Comunicazione efficace

Come ogni processo che coinvolge più attori, anche la Comunicazione può essere concepita come un percorso di un certo contenuto da un punto di partenza a uno o più punti di destinazione.
Ogni viaggio però, per sua natura, presenta degli ostacoli: il nostro compito è individuali e sviluppare le competenze per evitarli, o, al più tardi, per superarli.
Torniamo al momento immaginativo: hai qualcosa di veramente forte da raccontare, un messaggio importante da veicolare, un progetto da presentare ma le espressioni dei tuoi interlocutori raccontano un mood meno vivace di quello che ti aspettavi?
Qualcuno sbadiglia, qualcun altro guarda il telefono, il meteo dalla finestra … e tutti sembrano concentrati in qualcosa di profondamente distante da quello che stai cercando di comunicare tu.
Cosa provi?
Già sei in grado di prevederlo: imbarazzo, frustrazione, senso di incompetenza, dispiacere.
Eppure hai lavorato tanto alla tua presentazione.
Cosa non ha funzionato?
Cosa si è impiantato tra te e quello che volevi dire?
Un qualcosa di profondamente pesante e difficile da rimuovere: la noia!
Uno dei più ostinati nemici di una comunicazione efficace è proprio lei.
Ogni mittente, è così che tecnicamente si definisce chi dà il via a un processo comunicativo, deve affrontare l’eventualità di questo pericolo e predisporre il proprio messaggio in modo accattivante considerando:
  • il contesto
  • gli interlocutori
  • il messaggio stesso
Detta così sembra facile, eppure, anche nel pieno rispetto di tutte le caratteristiche di questi tre elementi, il pericolo noia persiste.
Perché?
Perché non è strettamente legato a nessuno di questi tre elementi, bensì a tutta una serie di azioni che puoi scegliere di mettere, o non mettere, in campo in un processo comunicativo.
Quali sono?
Lo scopriremo presto!
Intanto ben venuto nel mondo della Comunicazione efficace su cui ti consiglio di non smettere mai di voler imparare.
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Intanto scrivimi per avere informazioni sui prossimi corsi o per una consulenza specifica!
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La comunicazione informale in azienda: il discorso per le occasioni fugaci.

Nessuna azienda, o quasi, insegna ai propri manager o dipendenti a comunicare nelle situazioni informali.

Eppure queste rappresentano contesti chiave di relazioni, collaborazioni e negoziazioni.

Saper comunicare anche in ascensore o davanti alla macchinetta del caffè (senza slide o discorsi preparati) può fare la differenza e ti può regalare gran belle soddisfazioni.

La comunicazione informale in azienda

In azienda è molto probabile trovarsi in situazioni del tutto informali.
Può capitare infatti di dover condividere del tempo e dello spazio fisico con delle persone con le quali non si lavora direttamente, ma che si conoscono per reputazione o per ruoli aziendali.
Soprattutto nelle grandi aziende è possibile incrociare nei corridoi, negli ascensori, alla macchinetta del caffè, persone che si conoscono di vista, di cui si conosce il ruolo e il reparto, ma con le quali non si è mai parlato.
Cosa fare in questi casi?
Anche qui bisogna agire con criterio e metodo, perché, ricorda sempre, in azienda ogni relazione è importante e può avere un peso sul buon esito di un’attività e sulla coesione interna tra collaboratori, per questo è importante creare dei momenti di scambio anche con chi non si è mai parlato.

Cosa non fare nelle occasioni informali in azienda

Partiamo dalle azioni da non compiere.
Avere cura delle relazioni informali in azienda non deve sicuramente tradursi in una serie di procedure o atteggiamenti di circostanza, la cui scarsa credibilità, ed efficacia, non tarderebbe a manifestarsi.
Cosa non fare:
  • sorrisi finti e impostati: si riconoscono a distanza!
  • esordire con discorsi sul meteo, sull’ultima iniziativa politica, sul traffico … no!
Questi approcci denotano un interesse generico e non autentico.
Anche se una persona si conosce poco e si incontra per caso quel che sicuramente apprezza è un reale interesse, seppur momentaneo e fugace.

Come comunicare nelle situazioni informali

Alle persone fa piacere quando qualcuno si interessa a loro, in modo adeguato alle circostanze ovviamente.
Non ha senso fare domande personali o esagerare con gli elogi. 
Se una persona lavora nella tua azienda sarai sicuramente aggiornato sulle attività o sulle novità della sua area, se non lo sei informati!
Cerca di avere un quadro completo del contesto in cui lavori, anche delle aree in cui non intervieni direttamente perché hanno comunque a che fare con te attraverso le persone con cui interagisci.
Chiedi come è andato un evento, una presentazione, come vanno le cose dalle loro parti.
Se ti capita di osservare un elemento che possa farti introdurre un discorso specifico allora lanciati, altrimenti non andare mai sul personale.
 
 
Le relazioni sono importanti anche nei momenti informali, ma non bisogna forzarle.
Cosa sto cercando di dirti?
Che se non riesci a immaginare una serie di discorsi da intraprendere nel tuo lavoro in situazioni informali è meglio adoperarsi per ampliare la sfera di argomenti di cui parlare.
 
Se proprio non sai cosa dire e ti accorgi che stai virando verso l’elenco del “cosa non fare” piuttosto TACI!
 
I discorsi sono fondamentali per costruire relazioni, le parole giuste ne sono l’anima e il motore.
 
Se hai bisogno del discorso giusto in ogni occasione e delle parole giuste per essere efficace e opportuno in ogni circostanza contattami! 👇🎖️
 
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chiedere - scusa - al - lavoro

Chiedere scusa in modo efficace.

Saper chiedere scusa dovrebbe essere considerata una competenza ancor prima che una  virtù. 
Questo aspetto è fondamentale perché essere in grado di comunicare le scuse richiede abilità comunicative non da poco.
 
 
Le scuse sono il frutto di una Comunicazione sana che si basa su 3 presupposti:
  • il riconoscimento di un errore commesso;
  • il dispiacere verso le persone su cui l’errore è ricaduto;
  • la volontà di porre riparo al danno, con il nobile obiettivo di costruire relazioni solide.

Chiedere scusa in modo professionale

Le scuse sono un atto di volontà sicuramente, ma sono anche il risultato di una importante competenza nell’ambito della Comunicazione, perché scusarsi non è affatto facile come potrebbe sembrare. 
Tanto per cominciare abbiamo stabilito che le scuse in questione debbano essere richieste in ambito professionale, presumibilmente a seguito di un errore.
 
 
Come in tutti i processi comunicativi, anche in questo caso il contesto fa la differenza, per questo motivo non parliamo semplicemente di scuse, ma di “scuse professionali“.
 
Nel 2016 due studi psicologici hanno fatto emergere ben 6 modi efficaci per chiedere scusa in ambito professionale.
Vediamoli.
  • Le scuse devono esprimere rammarico: deve essere comunicato sia in modo verbale, sia in modo non verbale, il dispiacere che si prova per l’errore commesso.

 

  • Bisogna spiegare come si è verificato l’errore. Questo aspetto è molto importante perché denota la volontà di valutare gli eventi in modo oggettivo, ripercorrendone le dinamiche.

 

  • Bisogna assumersi la responsabilità degli errori commessi. Quindi riconoscere le proprie colpe e fare il possibile per trovare una soluzione.

 

  • Nella comunicazione delle scuse è importante esprimersi in modo chiaro in modo che non possano in alcun modo verificarsi equivoci.
  • Proporre concretamente una nuova linea di azioni: dopo l’errore è importante proporre ai colleghi o al team leader delle azioni concrete per risolvere l’errore, è importante avere la loro approvazione. 
  • Chiedere perdono: la richiesta di scuse deve essere poi accompagnata da una richiesta esplicita di perdono. Solo questo gesto può concludere in modo costruttivo il ciclo di azioni della richiesta di scuse.

 

Questo schema può rappresentare una traccia molto valida per il tuo discorso di scuse, è chiaro però che la capacità di usare le parole giuste, nel modo e nel momento giusto rientra in un bagaglio di competenze più ampio.
Cosa, cosa?
Vuoi sapere cosa mettere nel tuo bagaglio?
Ecco cosa fare 👇
4-5-6 novembre 2022
presentazione - efficace

Vuoi conquistare il tuo interlocutore? Hai un’unica chance: una presentazione efficace!

Ogni volta che si è alle prese con una presentazione non si pensa ad altro se non alla conquista dell’interlocutore.
 
Sarà sicuramente capitato anche a te di dovere parlare della tua esperienza e delle tue competenze mentre proponi un progetto o mentre sei a un colloquio di lavoro!
La tendenza generale è quella di iniziare a parlare di sé, ma sei sicuro che questo significhi fare una presentazione efficace?
Quando ci si propone per una posizione, o per essere coinvolto in un’attività, si tende a pensare che l’elenco delle competenze e delle esperienze significative sia un’arma vincente, e dunque indispensabile.
Hai mai pensato che chi ti ascolta forse l’elenco delle tue competenze lo ha già letto?

Centrare l’obiettivo con l’interlocutore

 
Sai perfettamente che per  raggiungere i tuoi obiettivi nel corso di una presentazione, devi centrare l’obiettivo con il tuo interlocutore.
 
Non solo devi sapere chi è, cosa fa e cosa gli interessa, ma devi proporre qualcosa che possa davvero servirgli.
 
Non sprecare i primi 20 minuti della tua presentazione a raccontare chi sei e i titoli che hai conseguito. 
Investi piuttosto quel tempo per convincere il tuo interlocutore che quello che stai per dire lo aiuterà in un progetto, gli risolverà un problema spinoso, gli aprirà opportunità di business con nuovi clienti.
 
Vai al dunque: due parole per dire che sei e almeno il doppio per dettagliare il modo in cui puoi fare la differenza.
In questo modo potrai attirare l’attenzione del tuo interlocutore e sollecitare la sua curiosità verso di te, perché solo allora avrà compreso che tu sei quello di cui ha bisogno per fare la differenza.

Esempi di presentazione efficace

Ok, finora può sembrare facile, ma come si traduce a parole?
Sai che le parole sono degli strumenti potentissimi, quindi saperle usarle in modo efficace è la chiave per conquistare nuove opportunità.
 
Andiamo dunque nel vivo dell’esempio offrendoti 2 opzioni di presentazione:
 
1) Sono Mario Rossi e mi occupo di Formazione. Ho questa laurea, questo titolo, queste esperienze.
 
Ok e allora? Che succede adesso? 
Sai che ce ne sono molti come te?
 
2) Sono Mario Rossi, da oltre 10 anni (anche meno) mi occupo di supportare le aziende nei momenti di cambiamento organizzativo progettando percorsi di apprendimento mirato.
 
Noti qualche differenza?
Ti ho dato titolo e competenze, contesto di intervento, un‘idea concreta di come risolvo il tuo problema.
 
 
Questo significa arrivare all’interlocutore, senza se e senza ma.
 
Questo come sai non arriva dal nulla, ma va studiato, praticato, preparato.
Come? Dove? Quando?
 4 -5 -6-NOVEMBRE 👇
team-building

Come nasce un gruppo di lavoro? I cinque stadi del Team Building

Un gruppo di lavoro non nasce dal nulla. 

 

O meglio, sarebbe bene che così non fosse se non ci vuole ritrovare nella difficile situazione di dover mettere insieme parti incompatibili di un insieme che non funzionerà mai. 

Perché, va detto, un gruppo non è un insieme e basta, ma è l’unione di componenti molto preziose e delicate: le persone. 
 
Tutte le dinamiche che hanno a che fare con l’essere umano vanno impostate con una competente gestione delle relazioni basata soprattutto sulla Comunicazione. 
 
Grazie a una Comunicazione adeguata ed efficace, infatti, è possibile gettare le fondamenta per la costruzione di un gruppo che funzioni.

Il Team Building

 
La procedura di Team Buildingè la sola applicabile quando l’obiettivo è quello di costruire un gruppo di lavoro produttivo e sereno. 
Ogni team, infatti, ha una sua crescita, un suo percorso evolutivo.
Questo percorso deve essere accompagnato da una figura con precisi requisiti: un team leader competente. 
Quando il team è affidato a una guida competente, ecco allora che può iniziare la sua crescita, attraversando e superando, ad uno ad uno, i cosiddetti stadi del Team Building, ancora recentissimi, seppur ispirati all’elaborazione di Tuckman negli anni ’70.
Naturalmente li vediamo anche noi adesso! 

Stadi del Team Building

 
Forming
Il primo stadio è quello della vera e propria costituzione del team. Il mood è entusiastico, si ha voglia di fare. Il compito del team leader è quello di far confluire questo ottimismo in azioni efficaci. In questo stadio avviene la definizione dei compiti e la costruzione della fiducia.
 
Storming
Altrimenti detto: assalto. 
Qui iniziano le turbolenze. Il team è in bilico tra il rispetto verso il gruppo e il desiderio di chance personali di successo. Il ruolo del team leader qui è più che mai cruciale, perché deve intervenire, se necessario, nelle discussioni tra i vari componenti e assumere una modalità di direzione molto vicina al coaching portando alla luce le differenze tra le persone e valorizzandole agli occhi di tutti.
 
 
Norming
Il sentimento prevalente del gruppo in questo stadio è quello di accettazione. Superate le turbolenze infatti si fa strada lo spirito comune, la condivisione di valori e di regole di comportamento. In questa fase è fondamentale che il team leader assuma un atteggiamento partecipativo che guidi i singoli all’autonomia seppur nella condivisione.
 
 
Performing
In questo stadio il gruppo è fortemente concentrato sul compito. Tra le persone c’è una forte consapevolezza dei processi sia individuali, sia di gruppo, e soprattutto dei punti di forza di entrambi. C’è una generale tensione verso il cambiamento. È qui che le relazioni personali diventano la leva principale per svolgere il lavoro in modo efficace.
 
Adjourning
Meglio definito come “sospensione delle attività”. Questo è lo stadio di completamento del lavoro del team e, nella maggior parte delle volte, è qui che il team si scioglie perché arrivato alla conclusione del progetto. Il sentimento predominante è il senso di perdita accompagnato anche da un calo della motivazione. Il team leader deve essere in grado di gestire con lucidità questo momento di distacco per non appesantire ulteriormente gli animi degli altri. 
 
In ognuno degli stadi evolutivi del Team Building la relazione è il cuore dell’efficacia sui progetti.
La relazione è il risultato di processi comunicativi continui che vanno ogni volta tarati e contestualizzati.
Cosa dire, come dirlo, in che momento.
Ogni elemento gioca un ruolo decisivo negli equilibri di gruppo.
Per questo non puoi sbagliare un colpo.
Cosa devi fare?
Questo 👇
soggettività - e- oggettività - comunicazione

Stakeholder di progetto: soggettività e oggettività nella comunicazione.

Quando si parla di stakeholder di progetto devi visualizzare davanti ai tuoi occhi tutte le persone che ruotano intorno a un’attività.
 
Trattandosi per l’appunto di persone, non devi mai perdere di vista il forte peso della soggettività nelle dinamiche tra queste persone.
 
Dinamiche professionali, sì, ma comunque condotte da individui con caratteristiche personali, con valori, timori, criteri di valutazioni soggettivi.
 
Tutti gli interlocutori di un progetto agiscono a livello comunicativo in 2 direzioni: con gli altri e tra di loro. 
Questa facile premessa porta a presagire un possibile  pericolo: quello che gli aspetti soggettivi delle relazioni tra questi protagonisti agiscano sull‘oggettività dei contenuti che si scambiano.
Questo sarebbe deleterio per il buon esito del progetto e dunque per il business dell’azienda.
La soggettività è un fattore complesso, è quanto di più personale possa esserci per un individuo, come la parola stessa suggerisce, ma a seconda di come interviene, ha un grosso potere di influenza su elementi oggettivi.
♦️ La soggettività costituisce una sorta di filtro.
 
Murakami Haruki sostiene che tre quarti di quello che vediamo è dietro ai nostri occhi, perché è solo con i nostri di occhi che leggiamo gli eventi e attribuiamo significati.
 
Il rischio della soggettività è che quel filtro può esasperare criticità o amplificare entusiasmi, il tutto a scapito dell’oggettività che per natura è neutrale.

La comunicazione efficace di progetto 

All’interno di questo intreccio tra soggettività e oggettività non bisogna mai perdere di vista l’obiettivo: una comunicazione di progetto efficace
 
C’è una formula in grado di fissare i parametri di questa efficacia: una comunicazione efficace di progetto si ottiene quando la componente soggettiva delle relazioni tra le persone è orientata verso la valorizzazione dei contenuti del progetto
Al contrario, quando la soggettività delle persone distorce i contenuti del progetto, quest’ultimo verrà percepito negativamente, in termini di costi, obiettivi, risorse impiegate. 
Le aziende sono fatte di persone ed ogni persona porta con sé un universo di valori e di interpretazione della realtà.
Come mettere d’accordo tutti a vantaggio di una comunicazione di progetto efficace
Facendo in modo che le relazioni interpersonali siano efficaci, attraverso tre nobili e molto significative azioni:
  1. spostare il  punto di vista, decentrandosi quindi dal proprio sistema valoriale e andando incontro a quello degli stakeholder;
  2. creare contatto con gli stakeholder;
  3. comprendere l’altro attraverso l’applicazione dell’ascolto empatico.
Tutte queste cose no, non arrivano dal nulla e all’occorrenza.
Sono competenze da acquisire o affinare.
Come?
management - comunicazione

Management e relazioni: le comunicazioni di progetto.

Cosa lega il management a una buona qualità delle relazioni?
La comunicazione!

Comunicazione e Management

Quando parliamo di discorso pubblico e lavoriamo sulle abilità di Public Speaking la maggior parte delle persone non pensa subito al management, ma alla declamazione davanti a un grande pubblico o alle presentazioni da palcoscenico.
Parlare in pubblico è questo, ma anche molto altro.
Due persone sono già un pubblico e se queste due persone stanno lavorando a un progetto, la buona riuscita di quest’ultimo dipende sia da come il leader di progetto comunica con queste persone sia da come comunicano tra di loro.
Fino a qualche anno fa Comunicazione e Management sembravano due rette parallele, due discpipline separate, ognuna per la propria strada, senza un punto di intersezione.
Nel mondo delle aziende i processi di Comunicazione erano piuttosto flussi di informazione, dove il passaggio di dati, procedure, idee, era unidirezionale e non contemplava uno scambio attivo che prevedesse il contributo di tutti i soggetti coinvolti.
Poi ci si è accorti che la Comunicazione, quella efficace e strutturata, rappresenta non il valore aggiunto, ma il valore cardine all’interno di qualunque organizzazione. 
Oggi la situazione è molto diversa e già da anni le aziende hanno maturato la consapevolezza di dover investire una grossa fetta di tempo e risorse nella Comunicazione. 
Già nel 2013, che a guardarlo da qui sembra il passato remoto, il Project Management Institute ha rilevato come i progetti di aziende caratterizzate da una forte attenzione alla Comunicazione soddisfano tutti i requisiti di progetto e i vincoli di budget per oltre il 50% in più di quelle che non investono in Comunicazione.
Questo perché?
Perché la Comunicazione funziona. 
La conclusione ovvia di questa ricerca ha portato alla luce i rischi nefasti: oltre la metà dei casi di insuccesso nelle aziende sono in larga parte attribuibili, per oltre il 50%, a una comunicazione inefficace.

Le comunicazioni di progetto

 

Quando parliamo di comunicazioni di progetto ci riferiamo a un passaggio di informazioni tra persone o gruppi di persone che si trasmettono contenuti.
Per far sì che questi flussi di parole –  e di linguaggio non verbale –  siano efficaci, è necessario che si verifichi l’applicazione del Modello della Comunicazione, riferimento assoluto dal 1948 quando è stato elaborato da Shannon e Weaver.
 
Il modello prevede il transito di informazioni tra più soggetti che si arricchisce via via diventando un ciclo comunicativo la cui caratteristica principale sta nell’essere pluridirezionale.
Scopriremo così, al prossimo articolo, come una comunicazione di progetto evolve in una relazione di progetto. 
Sembra facile?
No, non lo è, ma è fondamentale imparare ad applicarlo!
Come imparare tutto questo?
linguaggio - del - corpo

Il linguaggio del corpo: protagonista assoluto della Comunicazione non Verbale.

Quando parliamo del potere del linguaggio del corpo siamo già nel vasto pianeta della Comunicazione non Verbale.
Molto spesso, quando parli ad altre persone, noterai come la tua attenzione sia rivolta a quello che stai per dire, soprattutto quando i contenuti sono destinati a raggiungere un pubblico numeroso.
Ti concentri sulle informazioni da trasferire, sul modo di comunicarle affinché il messaggio sia più chiaro e trascuri, o curi in misura inferiore, tutti quegli aspetti, quelle emozioni e piccoli segnali che trasmetti agli altri mentre parli.
Si tratta di gesti automatici, di segnali che il nostro corpo invia indipendentemente dalla nostra volontà e che talvolta non siamo in grado di gestire perché per primi non li riconosciamo e ne ignoriamo il significato.

Il ruolo del linguaggio del corpo nella Comunicazione non Verbale

La ragione per cui è importante dedicare questo spazio alla componente non verbale e paraverbale della  comunicazione in pubblico è proprio per far sì che il  modo di muoverci, di controllare lo spazio in cui ci muoviamo, di muovere il nostro corpo, esprima coerenza rispetto ai contenuti che stiamo trattando e sia funzionale a rendere più chiaro il nostro messaggio.
In questo modo saremo in grado di evitare gesti distraenti o segnali che possano rendere meno efficace la nostra comunicazione.
All’inizio degli anni ’50 gli studiosi hanno iniziato a occuparsi della comunicazione non verbale, anche se l’interesse nei confronti di questo argomento si fa più acceso negli anni ’70.
L’importanza del linguaggio del corpo come strumento di comunicazione efficace era già chiaro a molti registi del cinema muto, i quali, non potendosi avvalere dell’ausilio delle parole affidavano soprattutto ai gesti l’efficacia di un messaggio. Pensiamo ad esempio all’espressività del volto di Charlie Chaplin che riusciva a veicolare attraverso il linguaggio del corpo momenti di grande drammaticità con lo stesso talento con cui riusciva in altri a renderne la comicità.

Il Linguaggio del corpo nella Comunicazione in pubblico

Il linguaggio del corpo non può definirsi una scienza esatta, ma gli studi che dagli anni ’70 sono stati effettuati su questo aspetto hanno reso possibile l’analisi di dinamiche molto utili da conoscere non solo per chi si dedica allo studio della comunicazione a livello professionale, ma per tutti.
Quello che è emerso dall’osservazione e dallo studio del comportamento delle persone mentre comunicano è che è tipico della natura umana comunicare con il corpo molto più di quanto non faccia con la parola. La comunicazione, infatti, avviene per il 90% attraverso segnali non verbali, lasciando alla comunicazione verbale un’incidenza del 7% e una piccola componente al paraverbale.
L’elemento quindi da prendere in considerazione è che nella comunicazione interpersonale quello che trasmettiamo con il nostro corpo rappresenta la parte più influente del nostro scambio comunicativo.
Tutti i contenuti trasmessi, spesso inconsapevolmente attraverso i nostri movimenti, costituiscono la parte più importante, così incisiva da poter rafforzare o addirittura contraddire le parole che accompagnano.
Per rendere eccellenti le tue performance nella comunicazione in pubblico è dunque necessario imparare a riconoscere questi segnali, non solo per controllarli quando sei tu a parlare davanti a un pubblico, ma anche per capire come potrebbe reagire chi ti sta ascoltando.
Ma come imparare tutto questo?
Ovvio …
parlare- in - pubblico

Abilità comunicative: tutti possono imparare a parlare in pubblico?

Ognuno di noi possiede le potenzialità per parlare in pubblico. In molti pensano che per farlo ci voglia un grande talento e che si debba tirare fuori un immenso coraggio, in realtà capirai presto che si tratta solo di acquisire competenze e allenarle come si deve.
Alle volte siamo schiavi di convinzioni sbagliate, che ci limitano molto, allontanandoci dai nostri obiettivi. Questo è solo uno dei danni possibili, mettici anche il rischio di non conoscere capacità e abilità che non sapevi di possedere perché dovevano solo essere sviluppate nel modo giusto!
Parlare in pubblico, essenzialmente, significa esporre qualcosa a un uditorio più o meno esteso.
A rendere un po’ delicate le cose c’è che questo qualcosa solitamente è molto importante per chi è venuto ad ascoltarlo, e il modo in cui verrà detto sarà determinante.
Questi dettagli bastano per terrorizzare chi dovrà tenere un discorso pubblico.
Immaginati lì, a due minuti dal tuo discorso.
L’idea di non soddisfare le aspettative del pubblico o, ancor peggio, che questo possa costruirsi una cattiva impressione di te, ti porta a pensare che parlare efficacemente in pubblico sia un dono che pochi eletti custodiscono per sé.
NON è così!
Ricorda che parlare in pubblico è un’abilità che può essere acquisita seguendo un determinato percorso opportunamente strutturato –  e scandito da step ben precisi –  e dedicandosi a sviluppare specifiche abilità.
Ogni buon discorso, tanto un comizio quanto una presentazione, oltre la facciata, nasconde una serie di dettagli che all’apparenza sembrano insignificanti ma che in realtà fanno una grande differenza.
E proprio perché sono dettagli la maggior parte delle persone non li considera nella loro effettiva importanza e crede che il contenuto sia molto più importante della forma.
Occhio però: non sto dicendo che il contenuto non sia importante, ma non meno importante è anche il modo in cui si trasferisce il contenuto e tutti gli accessori, o come mi piace chiamarli, tutti gli strumenti della nostra cassetta degli attrezzi, fondamentali perché ti permettono di diventare un ottimo comunicatore.
Questi strumenti, a dire il vero, tu li possiedi già, ma non hai idea di che forma e direzione dargli per trasformarli in competenze.
E quindi che fare?
Ovvio:
stile - di - comunicazione

Il tuo interlocutore ha uno stile di comunicazione estremo? Adotta una formula efficace!

Quando si ha a che fare con un interlocutore dallo stile di comunicazione estremo, la sola e unica strategia efficace consiste nell’utilizzare una formula che ti consenta di gestirlo.
Facile detto così.
Ma soprattutto, cosa significa avere uno stile di comunicazione estremo?
In poche parole, sebbene gli stili di comunicazione non siano mai assoluti, significa avere una prevalenza di aggressività o remissività tale da essere recepita dall’interlocutore come eccessiva o estrema, al punto da creare una situazione di imbarazzo o di difficoltà.
Gli stili aggressivo e passivo sono per loro natura poco equilibrati e rispondono rispettivamente al bisogno di prevalere o di nascondersi, due azioni che nel mondo della Comunicazione non funzionano in modo efficace e costruttivo.🧐
Quando si interagisce con un interlocutore “sbilanciato” in uno dei due stili il rischio maggiore è quello di entrare con lui in empatia al punto da riprodurne gli schemi, i linguaggi, le modalità relazionali.
Questo genererebbe un contesto piuttosto teso con un aggressivo e una totale assenza di iniziativa e azione con un passivo.
L’efficacia spesso è nell’equilibrio tra le parti e poiché nella maggior parte dei casi questo equilibrio non ci viene donato dalla natura, bisogna fare un lavoro su di sé per arrivare ad ottenerlo.
L’obiettivo finale è quello di riuscire ad agire uno stile assertivo, caratterizzato principalmente da:
  • piena consapevolezza di sé
  • fiducia in se stessi
  • assunzione di responsabilità
Quali sono i comportamenti distintivi dello stile assertivo?
• Avere una piena consapevolezza dell’obiettivo e agire in quella direzione
• Affermazione dei propri diritti nel pieno rispetto di quelli degli altri
• La capacità di presentare le proprie argomentazioni in modo chiaro
• Esprimere le proprie emozioni motivandole
• Essere in grado di distinguere i fatti concreti dalle opinioni personali.
• Proporre nuove idee valutandone le possibili conseguenze.
• Dedicarsi all’interlocutore praticando l’ascolto attivo
• Manifestare atteggiamenti di apertura verso l’interlocutore per condividere idee e soluzioni
• Accogliere le argomentazioni degli altri valutandole come suggerimenti
• Riconoscere i propri limiti mettendosi in discussione e mostrandosi disponibile al miglioramento.
• Assumersi la piena responsabilità delle proprie azioni.
L’applicazione di questi comportamenti genera conseguenze positive, come:
  • un clima sereno che non sfocia nel conflitto
  • una dinamica relazionale favorevole al dialogo
  • una maggiore predisposizione a esprimere le proprie idee
Tutto questo non viene da sé, non basta l’impegno, la buona volontà, in questo caso no.
Qui si tratta di lavorare, di continuare a lavorare, di non finire mai di lavorare, sul proprio stile di comunicazione.
C’è un modo per imparare a farlo?
Certo che sì!
Come partire?
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!